Quando ho letto Le storie sdrucciole di Raffaella Passiatore, mi è sembrato di trovarmi catapultata in un sogno. È una sensazione che non so spiegare, lieve e inafferrabile quasi quanto la prosa di quest’autrice, che scivola tra le pagine recando sé mistero e passione, voglia di vita e desiderio.
Si tratta di una raccolta di racconti divisi in tre gruppi, ciascuno dei quali facente capo a una figura geometrica; ogni racconto segue lo schema formale della figura di riferimento.
Le figure sono il cerchio, il triangolo e il cono, l’unica tridimensionale, posta al centro tra le altre due; ciascuna di esse rimanda simbolicamente ai temi trattati: il cerchio è l’“io”, il triangolo è “la morte”, il cono è l’”amore”.
Ogni racconto è in grado di compiere un piccolo miracolo: ti scava dentro fino a trovare un’emozione sconosciuta, che non sapevi di possedere, e la riporta a galla.
Ed è così, senza nemmeno accorgertene, che ti ritrovi con gli occhi lucidi o con un sorriso stampato in faccia, cercando invano di capire cosa t’abbia tanto colpito nel racconto gradevole e ben scritto che hai appena letto. Questo perché Le storie sdrucciole non sono solo questo, racconti ben costruiti e dalla prosa scorrevole, c’è molto di più.
Se in uno scrittore l’eccellenza è costituita dal saper catturare il lettore e immergerlo nel suo mondo fino quasi a fargli scordare la realtà, allora Raffaella Passiatore è una delle migliori scrittrici che abbia mai letto. Questa raccolta di racconti bandisce ogni banalità, rifugge dal consueto per creare mondi a parte, sconosciuti eppure familiari, fatti di sensazioni e odori e colori che catturano il lettore come se pulsassero davvero lì accanto a lui, e non fossero semplice inchiostro stampato su carta.
È un mondo onirico quello che vive tra le pagine di questo libro, la trasfigurazione di esperienze banali e comuni, rivissute e riviste da una penna dall’eccezionale sensibilità.