a cura di Marco
R. Capelli
( Tratto da PB6 pg. 9)
Molti
critici, oggi, lo riconoscono come massimo
esponente del weird tale, genere rappresentato
da scrittori quali William Hope Hodgson,
Arthur Machen o Algernoon Blackwood e
caratterizzato da un originale miscuglio
di horror, fantasy e science fiction.
Passaggio obbligato dalla ghost story
edoardiana alla moderna fantascienza,
il weird tale è caratterizzato
da un graduale spostamento dell'orrore
dalla dimensione ultraterrena a quella
terrena. In Lovecraft il "mostro"
non è una forma aleggiante che
ci osserva dalla porta tra due dimensioni,
è un abominio grottesco ed informe
ma reale, vive nella città abissale
di basalto di R'lyeh ed attende di risorgere
un giorno per calpestare il genere umano
oppure dorme sotto i ghiacci del Polo
inesplorato. Ed il suo potere non è
la sottile persuasione psicologica dello
spettro, ma una brutale ed inarrestabile
potenza fisica che non fa leva sulle debolezze
della nostra coscienza ma sulla nostra
mortalità e sulla pochezza delle
nostre forze; reale, anche se indescrivibile,
è L'orrore di Dunwich come reali
e terribili sono gli esseri venuti dallo
spazio di Colui che sussurrava nel buio.
Abominevoli ed incomprensibili, ma sempre
fisicamente tangibili, sono le divinità
di cui brulica il pantheon Lovecraftiano,
da Dagon, il dio-pesce, a Chtulhu, da
Nyarlathotep a Yog-Sothoth il dio cieco
e demente che biascica oscenità
al centro del cosmo. Reale, al di là
dei nomi fittizi di una pseudogeografia
inventata, è il New England rurale
ed inquietante di Arkham, del fiume Miskatonic
e della misteriosa Innmouth, città
degli ibridi uomini-pesce.
Ma, forse, più delle creature orripilanti
che ci propone, inquieta, in Lovecraft,
il corpus teoretico che tutte le riunisce
in una vera e propria cosmogonia del terrore
siderale che ci circonda e di cui, a tratti,
ci è dato di scorgere qualche frammento,
soltanto, per poi immaginare, terrorizzati,
il resto. L'opera di Lovecraft rappresenta
un tassello fondamentale nell'evoluzione
della storia del terrore. Dopo di lui
verranno Hannibal Lecter e gli Zombie
di Romero ma, ammettiamolo, con tutt'altra
classe.
Howard Phillips Lovecraft nacque il venti
Agosto 1890, alle nove del mattino, al
numero 454 (all'epoca 194) di Angel Street
in Providence, Rhode Island.
Nessuno poteva immaginarlo, ma quel bambino
era destinato a segnare l'immaginario
di milioni di lettori e, cosa ancora più
notevole, di centinaia di scrittori, lasciando
una traccia indelebile nella storia della
narrativa fantastica.
La madre, Sarah Susan Phillips Lovecraft
poteva far risalire la propria ascendenza
fino all'arrivo di George Phillips nel
Massachussets nel 1630 (almeno secondo
H.P.Lovecraft che, per tutta la propria
esistenza, portò fieramente il
cognome Phillips), il padre Winfield Scott
Lovecraft era un viaggiatore di commercio,
destinato ad una triste fine. Vittima
di un collasso nervoso, probabilmente
conseguenza di una forma di sifilide,
in un hotel di Chicago, dove si trovava
per lavoro, fu ricoverato in una clinica
per malati di mente quando H.P. aveva
soltanto tre anni. Ne sarebbe uscito soltanto
da morto, nel 1898.
Il piccolo Howard fu cresciuto dalla
madre, dalle due zie materne e dal nonno
Whipple Van Buren Phillips, uomo d'affari
di successo di Providence, per il quale
lo scrittore nutrì sempre una grande
ammirazione ed un grande affetto e che
supplì, in un certo senso, all'assenza
di una figura paterna.
Nonno Phillips fu probabilmente anche
la persona che risvegliò in Lovecraft
la passione per il racconto soprannaturale,
intrattenendolo spesso con la lettura
dei classici della narrativa gotica. Non
sappiamo se questa fu anche la causa scatenante
degli incubi che, per il resto della sua
vita, ne avrebbero popolato i sogni. Del
resto, fin da piccolo, H.P dimostrò
una eccezionale precocità di ingegno
ed una grande passione per la lettura.
Il suo primo amore fu per le storie de
"Le mille e una notte" e per
l'Iliade e l'Odissea che ebbe modo di
leggere attraverso una edizione per bambini.
Di salute cagionevole non poté
frequentare regolarmente una scuola fino
all'età di dodici anni, tuttavia
studiava intensamente per proprio conto
e si appassionò all'età
di soli otto anni alla chimica ed all'astronomia,
iniziando anche a produrre in proprio
due pubblicazioni amatoriali: The scientific
Gazette (1899-1907) e The Providence Evening
News (1914-1918) che
diffondeva nella propria cerchia di amicizie.
Curiosamente, la sua prima pubblicazione
fu proprio un articolo scientifico inviato
nel 1906 al "The Providence Sunday
Journal".
La morte del nonno, nel 1904, creò
enormi problemi economici a tutta la famiglia,
costretta ad abbandonare la paterna casa
vittoriana per trasferirsi
in un quartiere minore della città.
H.P.Lovecraft cadde in una forte depressione
da cui lo salvò soltanto la passione
per gli studi.
Purtroppo, nel 1908, un collasso nervoso
gli impedì di conseguire il diploma
scolastico e, per questo, non fu ammesso
alla Brown University, nonostante egli
fosse, senza dubbio, uno dei più
formidabili autodidatti della sua epoca.
Lovecraft visse questa esperienza come
una forte umiliazione di cui si sarebbe
vergognato per tutta la vita. Gli sarebbero
occorsi cinque anni, durante i quali visse
praticamente come un eremita, senza più
coltivare le sua passione per lo studio
e la letteratura, per riprendersi completamente.
Il ritorno alla scrittura avvenne in
modo casuale, dopo aver letto un racconto
di un certo Fred Jackson pubblicato su
di un "pulp" magazine, H.P.
fu talmente indignato dalla scarsa qualità
della trama da scrivere una lunga lettera
di protesta, in versi alla rivista. La
lettera fu ovviamente pubblicata, era
il 1913, e diede il via ad lunga polemica
tra sostenitori e detrattori di Jackson.
A seguito di questo fatto, H.P. Lovecraft
fu invitato a far parte della UAPA (United
Amateur Press Association). L'apprezzamento
che ricevette presentando agli altri membri
i racconti "La bestia nella cava"
e "L'alchimista", che aveva
scritto rispettivamente nel 1905 e nel
1908, fu tale a da spingerlo, nuovamente,
a scrivere.
Nel giro di pochi anni scrisse racconti
come "Dagon" e "The Tomb",
nonché una quantità impressionante
di lettere destinate ad amici e colleghi
della UAPA. L'intero epistolario di H.P.Lovecraft
è un'opera di tale mole ed interesse
da far sì che non siano pochi quelli
che la ritengono l'opera maggiore dello
scrittore e, certamente, uno degli epistolari
più interessanti del secolo.
La madre di Lovecraft fu ricoverata nel
1919 nel Butler Hospital a seguito di
un collasso nervoso, due anni dopo sarebbe
morta a seguito di un'operazione malriuscita.
L'impatto sullo scrittore fu tremendo,
e lo spinse, in cerca di conforto, ad
abbandonare la tradizionale vocazione
all'eremitaggio. Nel 1921, durante un
convegno per giornalisti dilettanti a
Boston incontrò Sonia Haft Greene,
un'ebrea russa di sette anni più
vecchia di lui, che ne aveva 31 e se ne
innamorò. Con lei visse a Brooklyn
per qualche tempo ed, infine, i due si
sposarono nel 1924.
Tutto, all'inizio, sembrò funzionare
perfettamente. Sonia aveva un negozio
di cappelli alla moda sulla Quinta Strada,
Lovecraft cominciava a farsi un nome nel
mondo degli scrittori professionisti ed
alcune delle sue storie apparvero sulla
neonata Weird Tales.
Purtroppo, ben presto, le cose cambiarono,
Lovecraft rinunciò alla pubblicazione
di una antologia per non trasferirsi a
Boston, il negozio di Sarah fallì
ed ella stessa dovette restare in ospedale
per diversi mesi. Ormai ridotti sul lastrico,
i due dovettero separarsi quando Sarah
accettò un lavoro a Cleveland e
Howard rimase a New York. Nonostante le
molte amicizie newyorkesi, Lovecraft ricadde
nella depressione e ricominciò
ad isolarsi sviluppando anche una crescente
avversione misantropica ed a tratti xenofobica
per le masse di immigrati stranieri che
affluivano in città. I racconti
scritti in questo periodo (He e The horror
at Red Hook) riflettono chiaramente i
sentimenti dell'autore.
Nel 1924 decise di rientrare a Providence,
città che gli mancava moltissimo
e di stabilirsi con le vecchie zie che
si rifiutarono sempre di incontrare Sarah.
Del resto la coppia era andata sempre
più allontanandosi ed il divorzio
del 1929 fu soltanto la pacifica conclusione
di un rapporto ormai estinto.
Gli ultimi dieci anni della sua vita
furono certamente i più prolifici.
Continuò a gestire l'impressionante
mole di corrispondenza con gli amici e
colleghi sparsi per tutti gli stati uniti,
visitò numerosi siti archeologici
delle vicinanze (Quebec, New England,
Philadelphia) e trovò anche il
tempo di scrivere alcuni dei suoi indiscussi
capolavori, da The Call of Chtulhu (1926)
a At the mountains of Madness (1931) nonché
numerosi saggi di economia, scienze e
politica (dove sosteneva Roosvelt e la
politica economica del dopo-depressione).
Tra i molti che furono in corrispondenza
con lui possiamo ricordare i nomi di molti
giovani scrittori destinati ad un brillante
avvenire, come August Derleth, Donald
Wandrei, Robert Bloch(1) e Fritz Leiber(2).
Purtroppo, l'ultima parte della sua vita
doveva rivelarsi meno serena del previsto.
Nel 1932 l'adorata zia, Mrs. Clark, morì
e H.P.Lovecraft dovette trasferirsi nuovamente.
Anche i soldi scarseggiavano, dato che
le ultime storie, più lunghe e
complesse, erano molto più difficili
da vendere e per sopravvivere doveva dedicarsi
a revisioni ed all'attività di
ghost writer. Nel 1936, quando rimase
sconvolto dalla notizia del suicidio dell'amico
fraterno Robert H. Howard (il creatore
di Conan il Barbaro), il cancro all'intestino
che doveva ucciderlo era già ad
uno stadio avanzato, tuttavia lo scrittore
rifiutò di farsi ricoverare sino
al 10 Marzo 1937. Sarebbe morto cinque
giorni più tardi, entrando nella
storia della letteratura Americana senza
avere mai pubblicato un solo libro.
(c) Marco R. Capelli 2003