una nota a cura di Rossella
Maria Luisa Bartolucci
Certamente
il crimine più mostruoso e inimmaginabile
che la storia della letteratura possa ricordare
fu perpetrato a Londra nel dicembre 1893.
La vittima altri non era che il famosissimo
Sherlock Holmes, il mitico poliziotto dalla
logica ferrea e dal fiuto
leggendario, che periodicamente sulle pagine
della rivista "Strand Magazine"
risolveva qualcuno dei più intricati
enigmi polizieschi. Egli era famoso per
essere un mostro di logica, che partendo
da un indizio apparentemente insignificante,
come un mozzicone di sigaretta o un bottone
strappato, riusciva in men che non si dica
a identificare il colpevole. Il suo metodo
d'indagine era questo: non si agitava mai
troppo, si limitava a osservare e a raccogliere
indizi ponendo domande dall'apparenza innocua
e mettendo poi insieme una serie di risposte
che davano una spiegazione esauriente di
ogni delitto, completa di tutti i particolari
del caso (nome e professione dell'assassino,
movente del crimine, modo in cui si erano
svolti i fatti, indizi che avevano messo
in moto la sua spiccatissima capacità
di deduzione). La sua morte, dunque, non
poteva che suscitare scalpore. L'efferato
assassino di questo personaggio era addirittura
lo stesso scrittore che lo aveva creato,
l'autore scozzese Arthur
Conan Doyle, il quale, dopo ben sei
anni di lavoro in cui aveva riportato instancabilmente
e consecutivamente le avventure dell'infallibile
Sherlock, ne era rimasto letteralmente ossessionato
a tal punto da pensare di sbarazzarsene
definitivamente facendolo precipitare giù,
al termine di un racconto, nientemeno che
da un burrone delle Alpi Svizzere.
Il lutto coinvolse tutta la nazione: metà
Inghilterra, quel giorno, si vestì
di nero, un po' dovunque furono celebrate
seriamente commemorazioni funebri in onore
dell'illustre scomparso e i più accaniti
e irriducibili lettori delle sue avventure
si arrampicarono addirittura sulla cima
delle Alpi Svizzere per localizzare il punto
esatto in cui Sherlock era precipitato.
A
Conan Doyle furono recapitate valanghe di
lettere piene di insulti e di accuse di
omicidio!
Lo scrittore si difendeva ricordando ai
lettori che in fondo Sherlock altri non
era che un personaggio immaginario frutto
della sua invenzione e che lui, come autore
che lo aveva creato, aveva anche il diritto
di farlo morire come e quando voleva. Ma
i lettori si erano tanto affezionati al
geniale investigatore che non volevano rassegnarsi
in alcun modo alla sua dipartita.
Infine Conan Doyle dovette arrendersi e
far risuscitare Sherlock Holmes in una nuova
serie di racconti.
In effetti il mito di questo allampanato
e inimitabile detective in mantella e berretto
a quadrettoni non è mai crollato
del tutto. I londinesi ne avevano ricostruito
finanche l' "autentica" casa al
numero 211/B di Baker Street e dentro vi
avevano installato un manichino di cera
con le sue fattezze: e non si stancavano
di far osservare ai visitatori con una certa
aria di soddisfazione e di compiacimento
che la riproduzione era molto somigliante.
Tanto successo di un personaggio immaginario,
però, ha comunque una spiegazione;
infatti l'investigatore privato Sherlock
Holmes è il primo autentico e grandissimo
eroe di un genere letterario che nella nostra
epoca ha costituito un vero e proprio boom
letterario: il romanzo "giallo".
© Rossella Maria Luisa Bartolucci
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