Virginia
Stephe (vero nome di Virginia Woolf)
nasce a Londra il 26 gennaio del 1882 da
Leslie Stephen, un intellettuale del periodo
tardo vittoriano che in ambito culturale
vanta una posizione di rilievo. La madre,
Julia Jacksson, aveva sposato Leslie ormai
vedovo e al momento del matrimonio lui aveva
già tre figli: Virginia è
la terza avuta dalla seconda moglie.
Durante la giovinezza la ragazza subisce
due duri traumi che segnano in modo inesorabile
la sua psiche: la morte prematura della
madre, con cui ha uno stretto legame affettivo,
e il tentativo di violenza sessuale da parte
di un fratellastro. Per il resto della vita
Virginia risente a tal punto di questo periodo
negativo, da ammalarsi di una grave forma
di nevrosi che, mancando al tempo gli psicofarmaci,
la costringe spesso a ridurre la sua attività
intellettuale.
La formazione culturale della giovane letterata
è vasta e comprende gran parte dei
libri custoditi nella biblioteca paterna;
le sue conoscenze le consentono così
di divenire a poco più di venti anni
una stimata collaboratrice del Times Literary
Supplement e di partecipare alla fondazione
di un nuovo gruppo di intellettuali, il
Bloomsbury. Le esperienze di Virginia iniziano,
però, a crescere in numero e qualità
dal 1904, data della morte di Stephen, che
lascia i figli liberi da un punto di vista
culturale. Seguono anni importanti per la
formazione della futura scrittrice, purtroppo
caratterizzati da crisi psichiche difficili
da superare, che culminano in un primo mancato
tentativo di suicidio.
Nel gruppo del Bloomsbury Virginia conosce
Leonard Woolf, intellettuale impegnato molto
più di lei sul fronte politico, ma
palesemente inferiore in doti artistiche
e livello culturale, con cui decide di sposarsi
prendendone il cognome. Per il consorte
si dedica assiduamente alla collaborazione
con la casa editrice da lui fondata, la
Hogart Press; secondo Attilio Bertolucci,
che ha realizzato un interessante sunto
della vita della scrittrice nella prefazione
dell'edizione Garzanti de "L'Otello",
l'impegno della Woolf è ammirevole,
considerando che in questi anni la nevrosi
continua costantemente a farla soffrire,
ma non gli impedisce di divenire una delle
intellettuali più attive della Londra
post vittoriana. Il suo impegno viene ripagato
dal New Statasman, che inizia a pubblicare
i suoi servizi.
Il primo romanzo della Woolf è datato
1915; dal titolo "La crociera",
è la storia di Rachel, una ragazza
desiderosa di conoscere il mondo, che finisce
per avventurarsi alla scoperta del Sud America.
Si tratta di un'opera ancora legata alla
tradizione della letteratura ottocentesca,
influenzata persino dalle letture degli
autori illuministici che l'autrice aveva
divorato da giovanissima nella biblioteca
paterna, e lo stesso si può sostenere
di "Notte e giorno" del 1919,
che riscosse note di favore da parte della
critica. Meno felici, invece, risultano
le prime prove nel racconto, che resterà
un genere in cui la scrittrice inglese non
riuscirà mai ad eguagliare i livelli
espressivi raggiunti nel romanzo. In quest'ultimo
prevale il fluire del tempo e non l'evento
come in una storia breve, e le opere mature
si concentreranno proprio sul lento svolgersi
della vita delle classi medio borghesi.
Sarà attraverso la spinta offerta
dalla letteratura di Joyce e Proust che
la Woolf riuscirà a superare definitivamente
i limiti stilistici e tematici dal Naturalismo
ottocentesco.
I suoi due capolavori sono considerati "Mrs
Dolloway" del 1925 e "Gita al
faro" del 1927: il primo romanzo è
palesemente ispirato a "L'Ulisse"
di Joyce e racconta la giornata di una ricca
signora londinese intenta a preparare una
serata perfetta per ospitare a cena il primo
ministro, mentre la seconda opera è
quella in cui si avverte maggiormente l'autobiografismo
della Woolf. Alcuni personaggi, dietro cui
si nascondono i sette figli di Leslie Stephen,
partecipano ad una gita al faro, caratterizzata
da spunti di vita quotidiana interessanti
per comprendere la mentalità della
classe media inglese del tempo.
Erich Auerbach nell'ultimo capitolo dell'opera
"Mimesis" intitolato "Il
calzerotto marrone" e in realtà
dedicato ad un noto passo di "Gita
al faro", sostiene che la scrittrice
inglese è un punto di riferimento
fondamentale per ricostruire l'evoluzione
del realismo nella letteratura contemporanea.
La Woolf non è più interessata
ad una realtà oggettiva e scientificamente
dimostrabile, come accade nella letteratura
naturalista ottocentesca; nelle sue opere
mature il mondo della borghesia media londinese
viene descritto attraverso il punto di vista
dei personaggi, che vivono le situazioni
narrate e possono valutare l'universo sociale
in relazione alla loro esperienza personale.
Si tratta di un realismo ormai prettamente
psicologico.
Del 1929 (data storica) è la prima
esperienza biografica dell'Orlando, genere
di scrittura in cui la Woolf cerca di misurarsi
con l'amico Lytton Stracley, il maggiore
biografo inglese del XX secolo, a cui è
dovuta la ricostruzione più attendibile
della vita della regina Vittoria. La scrittrice,
invece, sceglie di ripercorre le gesta di
un singolare nobile del periodo elisabettiano,
che si trova catapultato nell'Inghilterra
del XIX secolo; l'Orlando, infatti, non
è solo una semplice biografia, ma
anche una sorta di testimonianza di tre
secoli di storia inglese. Dietro questo
nobile si nasconde Vita Sackwille West,
il vero ed unico amore dell'autrice, oltre
alla debole ma sincera passione che provò
per il marito.
Il 1931 è l'anno del ritorno al romanzo
con "Onde", senza dubbio l'opera
più avanzata da un punto di vista
narrativo della scrittrice inglese. Si compone
di sei monologhi dove, raccontando, altrettanti
personaggi ricostruiscono la storia delle
loro esistenze e contribuiscono a realizzare
un romanzo totalmente sperimentale, che
rispecchia il bisogno di superare in modo
assoluto la tradizione.
Ad "Onde" segue la seconda ed
ultima biografia, originalmente dedicata
alla storia del cane di Elizabeth Barret
Browing di nome Flush, un ulteriore pausa
dal romanzo fino alla penultima opera che
segna un passo indietro a livello narrativo
della Woolf, che ne "Gli anni"
opera un ripensamento in merito al precedente
sperimentalismo, tornando allo stile degli
esordi.
La carriera letteraria della ormai nota
scrittrice si chiude con l'opera "Fra
un'azione e l'altra". Pubblicata postuma
da Leonard, si tratta di una sorta di testamento
artistico dell'autrice, che decide di impegnarsi
fino agli ultimi giorni di vita, malgrado
le crisi nervose che riprendono a manifestarsi
frequentemente con i disagi della guerra
e la paura di una possibile invasione tedesca,
che metterebbe in difficoltà il marito
di origine ebrea. In questo romanzo torna
la costante inquietudine che caratterizzava
le opere giovanili.
Il 28 marzo 1941, dopo aver lasciato un
biglietto di commiato per Leonard, Virginia
Woolf si reca presso l'Ause; con la freddezza
di chi è certo di voler porre fine
alla propria vita, lascia il cappello da
passeggio e il bastone sulla riva e si annega
tuffandosi nel fiume.
(a cura di Giampaolo
Giampaoli )
Bibliografia
- Auerbach E., Mimesis, Einaudi, Torino,
1956.
- Bell A., Virginia Woolf, Garzanti, Milano,
1974.
- Mancioli Billi Mirella, Virginia Woolf,
Il Castoro (mensile diretto da Franco Mollia)
numero 99.
- V. Woolf, la vita (a cura di Attilio Bertolucci),
in V. Woolf "Orlando", Garzanti,
Milano, 1978.
Infine è possibile trovare in varie
edizioni il diario della scrittrice.
Altri testi (possibile minore rilevanza):
(1) Buste di poesia di Emily Dickinson - RECENSIONE
(2) Gita al faro di Virginia Woolf a cura di Alessandra Scifoni - ARTICOLO
(1) Il "Risveglio" in Kate Chopin a cura di Lara Scifoni - ARTICOLO
(1) La lotta vana (L’amore omosessuale nella letteratura tra ‘800 e inizi 900) a cura di Roberta Berardi - ARTICOLO
(1) Semplicemente Donna di Cinzia Baldini - RECENSIONE