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LETTERATURA CINESE
curatrice della sezione
Francesca Bavecchi


Breve introduzione alla Letteratura Cinese
A cura di Francesca Bavecchi

Le origini della letteratura cinese
Risalgono alla dinastia Shang (1776-1122 a.C.) i più antichi documenti scritti cinesi: si tratta di incisioni di carattere divinatorio effettuate su ossa di animali e scaglie di tartaruga per volere del sovrano. Questi primi documenti presentano un vocabolario ridotto, uno stile conciso ed una grafia diversa da quella attuale, che ha creato non poche difficoltà di interpretazione.
Di maggiore interesse letterario sono le incisioni su oggetti rituali in bronzo risalenti alla dinastia Zhou (1122- 206 a.C.), sempre riferiti a momenti della vita di corte come sacrifici, battaglie e cerimonie. Il documento più celebre dell’epoca è il tripode del duca Mao, 800 a.C. , l’iscrizione più lunga rinvenuta su un vaso di bronzo, di 32 righe, commissionata per celebrare l’investitura del duca da parte del re. Si tratta di reperti di immenso valore letterario, storico ed artistico, che hanno permesso di ricostruire alcuni aspetti della vita di corte e di fare luce sui rituali funebri del periodo.
Alla dinastia Zhou (1122-206 a.C.) risalgono anche le prime opere letterarie cinesi, fonte di ispirazione e punto di partenza per lo sviluppo della letteratura successiva : Lo Shijing “Il libro delle poesie”, lo Shujing “Il libro dei documenti”, L’Yijing, “Il libro dei mutamenti”. A questi tre testi si aggiungono altre due opere di fondamentale importanza, il Chun Qiu, “Annali delle primavere ed autunni” e i Li “Riti”. Questi cinque testi sono denominati i “Cinque Classici” confuciani, ovvero il corpus di riferimento per qualsiasi letterato cinese, preso ad esempio per stile e valore educativo. Da questo momento in poi la letteratura cinese nasce e si sviluppa sotto tre filoni principali: quello poetico, della trattazione storico-politica, e della filosofia. Affianco a questi primi tre gruppi tematici, si svilupperanno successivamente altri generi letterari come la novella, il romanzo ed il testo teatrale.

La lingua scritta e la lingua orale
Il cinese è una lingua tonale e monosillabica, che appartiene al ceppo linguistico sino-thai e che nei secoli si è sviluppata differentemente nella forma parlata ed in quella scritta : la prima ha subito numerosi cambiamenti, e si presenta come un insieme di dialetti estremamente diversi fra loro.
Al contrario la lingua scritta, pressoché immutata da 2000 anni, costituisce ad oggi uno strumento di coesione linguistica e culturale fra persone residenti in ogni angolo del paese.
Per secoli la lingua scritta “wenyan” è stato uno strumento dei più colti, inaccessibile alla gran parte della popolazione, mentre solo a partire dai primi decenni del novecento ha avuto inizio una riforma letteraria che ha permesso la sua sostituzione con il “baihua” una lingua scritta più vicina alle strutture e al lessico della comunicazione orale, ma definita in passato “volgare” e destinata ai generi letterari meno colti. L’utilizzo del baihua, ed in seguito la semplificazione dei caratteri tradizionali, hanno permesso l’aumento del tasso di scolarizzazione ed agevolato la comunicazione in ogni area del paese.

Istruzione ed imitazione dei classici
L’assenza di un alfabeto e la necessità di memorizzare migliaia di caratteri hanno da sempre reso l’iter scolastico degli studenti cinesi particolarmente impegnativo: per leggere e comprendere un qualsiasi carattere cinese è necessario averne studiato in precedenza forma, pronuncia e significato.
Inoltre per secoli il processo educativo è stato improntato sullo studio dei testi classici, la cui conoscenza era considerata fondamentale per qualsiasi uomo di alta cultura.
L’ideologia confuciana, dominante per secoli nel paese, considerava la conoscenza della storia come un mezzo fondamentale per conseguire uno stato di equilibrio ed ordine sociale. Il giovane non doveva tralasciare lo studio dei classici perché, sia nel corso della vita personale che lavorativa, ne avrebbe tratto ispirazione per adottare sempre un comportamento corretto.
Per queste ragioni i giovani studenti non potevano contribuire all’economia familiare, ma si impegnavano per conseguire, al termine dell’iter formativo, una posizione di grande prestigio.

Letteratura e potere: il funzionario
Nella società cinese tradizionale esisteva una distinzione in quattro mestieri: funzionari, agricoltori, artigiani e mercanti. Primo per importanza, il funzionario dell’impero era un letterato, un uomo di cultura che aveva superato degli esami pubblici e che aveva ottenuto una carica a corte o presso gli uffici amministrativi distrettuali. Non solo gli eruditi erano chiamati a lavorare per l’imperatore come consiglieri, funzionari o come educatori, ma furono proprio loro a scrivere, su commissione o nel tempo libero, la gran parte delle opere letterarie cinesi che ci sono pervenute. Non si può parlare di una divisione rigida in classi, poiché generalmente si diventava funzionari attraverso lo studio ed il successivo superamento di esami statali, e cioè in base al merito personale. In linea teorica chiunque disponesse di sufficienti risorse economiche poteva istruirsi e candidarsi per lavorare a corte, ma il modo più semplice per avere accesso agli ambienti più altolocati era essere introdotti da amici che facessero da “garanti”. Per secoli questo meccanismo impedì l’accesso alle cariche pubbliche agli appartenenti alle classi più umili, favorendo il nascere di legami ed amicizie basate sul reciproco scambio di favori.
Le donne erano completamente escluse da questo sistema di formazione: poiché nella mentalità comune l’istruzione femminile costituiva una spesa inutile e talvolta controproducente, le donne ricevevano un’istruzione finalizzata esclusivamente all’intrattenimento degli uomini o alla vita monastica, e purtroppo ci sono pervenute pochissime opere di poetesse e scrittrici.

Letteratura e confucianesimo
La produzione letteraria cinese varia sensibilmente nel corso dei secoli, per stile e temi, in base a fattori di carattere storico, politico e filosofico.
Alcune dinastie assumono il confucianesimo come filosofia di governo, con il risultato di imprimere una spinta allo sviluppo di storiografia, filosofia, e di una produzione poetica e letteraria ispirata per forma e contenuti ai classici. Si tratta, in linea generale, di fasi storiche in cui il paese è controllato in modo capillare attraverso una serie di uffici, estesi dalla capitale ai distretti più remoti, in cui l’imperatore protegge i propri confini dalle incursioni devastatrici dei barbari, edifica immense opere pubbliche, potenzia l’esercito, ed esige da ogni cittadino il rispetto del ruolo sociale, familiare e politico di appartenenza. L’imitazione dell’esempio glorioso del passato, con il rispetto di gusto e tradizioni antiche, ispira la condotta confuciana e la sua produzione artistica, talvolta penalizzata dall’assenza di originalità.
Al contrario durante alcuni periodi di incertezza politica, come per esempio in occasione della presa di potere da parte dei barbari del nord o dell’ apertura a scambi commerciali e culturali con l’esterno, si riscontra talvolta l’adozione di altre filosofie di governo. Quando il confucianesimo lascia il posto ad altri sistemi di pensiero, le arti risentono dell’influenza dei popoli dell’Asia centrale e si rinnovano, nascono nuovi generi letterari meno colti e più popolari, quelli più raffinati si svecchiano. E’ nei momenti di incertezza politica, con l’oblio dei valori tradizionali, che la produzione artistica e letteraria cinese diviene più spontanea e creativa, libera dai dettami artistici del passato.

A cura di Francesca Bavecchi

 

Da leggere sul sito:

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