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La casa dell'ospite
di Barbara Giambartolomei
Pubblicato su PB17


Anno 2005- Montedit
Prezzo € 19- 420pp.
Collana I salici
ISBN n/a

Una recensione di Salvo Ferlazzo
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La casa dell'ospite

Una città, Firenze; un quadro " Panorama con ritratto di giovane", sono gli ingredienti base del romanzo della Giambartolomei.
Una narrazione abbondante, che a volte torna su se stessa, non impedisce a chi legge di cogliere momenti di piacevole abbandono, anche per via dei rimandi storici che con un intreccio formidabile, sostengono la trama un po' debole, da feuilleton d'altri tempi.
La ricerca delle proprie radici, l'appuntamento con la propria identità, diventano il viaggio che Terry affronta per trovare le parole giuste nel momento in cui avesse ri-trovato suo padre.
Un doppio viaggio che il protagonista compie con l'inevitabile consapevolezza che tale ricerca, ed in special modo quella di un padre come il suo, non sarà sempre agevole.
Suo padre: figura controversa che affianca alla virilità tutta di stampo fascista, una invereconda depravazione che lo spinge ad innamorarsi del suo migliore amico.
E' un amore che Fabrizio cerca di piegare al ricatto più demoralizzante, nel momento in cui Leonardo gli chiede aiuto perché è in corso un rastrellamento da parte dei nazisti.
La rabbia per il rifiuto ottenuto, mischiata all'odio ideologico e razziale, fa entrare in scena una terza persona, Gaia, che darà asilo al povero Leonardo, nascondendolo.
Forse è in questo frangente che muore per la prima volta il padre di Terry, Fabrizio Dell'Acqua.
Ma Terry questo, lo ignora. Verrà a conoscere solo dopo molto tempo i lati più inquietanti della personalità di suo padre, mentre un cumulo di ricordi invade la sua mente: sono i ricordi di una vita che forse non gli apparteneva.

Il viaggio della memoria è il disvelamento di una illusione che aveva avuto fino a quel momento, un andamento frenetico e fatale.
E il ricordo della "Casa dell'Ospite", feticizza quella strada, quel cancello, le erbacce, gli oggetti che abili mani impietose hanno trafugato, forse pensando di lucrare un po' di denaro.
Stagliato a distanza, il giovane del ritratto sembra regnare (impassibile?) sugli avvenimenti, in una singolare perpetuazione di un nuovo inganno, di un dubbio che è anche speranza di ricominciare, di un ritorno.
I ricordi familiari narrati da Gaia, con realismo fugace, propongono la considerazione dello smascheramento di ogni singolo personaggio, nello stesso fondo primario della esistenza.
Il buio, non solo fisico, della Casa dell'Ospite, evoca oltre al vuoto e alla desolazione, anche l'appiattimento di alcune coscienze coinvolte in un processo indifferenziato e amorfo di ricucitura, in una aritmica danza di personaggi, e nella indecifrabilità visiva del padre.
La mitologia fascinosa che sostiene con i suoi toni sfolgoranti la figura del padre, si appresta a celebrare nell'agguato di morte, la punta estrema del delirio.
Terry ricorda attraverso le parole di Gaia; attraverso i suoi racconti
raccoglie lo stupore di certi istanti che credeva essere stati cancellati per sempre e, quindi, non vissuti.
Israil Metter, il grande narratore russo, ha affermato nella sua
autobiografia:" i ricordi sono come uovo d'uccello nel nido, l'anima li scalda per lunghi anni, e d'un tratto essi rompono il guscio disordinatamente, inesorabilmente".
Terry percorre la sua esistenza circondandosi di rappresentazioni e
simbolizzazioni. E' il mito: il mito, fosse anche in negativo, di suo padre.
Ma l'orizzonte di sta facendo scuro, e già odora di fango.
Dove il tempo era rappresentazione rievocativa di date, episodi, eventi, e Terry si collocava al centro del movimento delle lancette, ora questo tempo lo anticipa, gli corre avanti, in quello che Nietzsche chiamò" le vere epoche della vita".
Il tempo, adesso, costringe il protagonista a dare alla cose, alle persone, ai sentimenti i loro nomi perché possano appartenere ai suoi ricordi.
Le contingenze della sua vita si aprono un varco narrativo che, nonostante la lunghezza del romanzo, riescono a far percorrere al lettore la cronaca degli annuari dei personaggi, coinvolti in misura diversa.
Sono tasselli che sfuggono ala forza di gravità del tempo cronologico, per venire restituiti alla complessità di un "se", qui e adesso.
Diventano eventi sincronici, non più in fila ma in cerchio, come a puntellare, sostenere i punti di riferimento della vita di Terry, della nostra vita. Grazie a questi, la nostra vita è raccontabile, perché si può raccontare solo ciò che è drammatizzazione del linguaggio, o per dirla con Borges quando "si rivelano gli snodi della nostra impalcatura".
Verso la fine del romanzo, un palese quanto ovvio simbolismo - l'alluvione di Firenze, la ricomparsa del padre in abiti dimessi - ridanno fiato alla narrazione.
Fango, detriti, carcasse d'auto, di persone, di animali, si affollano
insozzando le antiche strade di Firenze.
L'occhio dell'osservatore si sposta dalla Casa dell'Ospite, colpita anch'essa dall'alluvione probabilmente molto tempo prima, e si spinge con dinamica linearità a significare l'incertezza dell'apparente, caricandosi di valenze psichiche che, sintetizzandosi, cercano di condurre all'essenza delle cose.


Una recensione di Salvo Ferlazzo



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