[Questa è una storia spesso evocata, ma ancora poco conosciuta: quella della voce acuta naturale maschile nel canto. La ripercorre tutta, contrappuntandone il percorso con una parallela guida all'ascolto: dalla nascita delle voci bianche e dei pueri cantores alla splendente e malinconica parabola degli evirati, vere superstar del Settecento come Farinelli o l'angelo di Roma poi caduti nell'oblio, dalla rinascita del Novecento a opera dei sopranisti e dei controtenori fino al disinvolto uso del falsetto che ha caratterizzato intere generazioni di cantanti. La strana energia che i castrati iniettarono nella storia della musica occidentale ha prodotto e produce tuttora effetti straordinari: nella musica pop internazionale (dai Bee Gees a Prince, da Michael Jackson a Mika), nella canzone leggera italiana (dai leggendari Cugini di Campagna ad Alan Sorrenti, passando per i New Trolls e i Pooh) e nel rock, anche e soprattutto quello duro di Led Zeppelin e Deep Purple o durissimo degli Helloween dei Judas Priest. Tutto ciò e molto altro nell'indagine di Massimo Di Vincenzo.] (Quarta di Copertina)
Esiste, tra noi recensori del gruppo di Progetto Babele, una sorta di gran baule virtuale di libri da selezionare per la lettura. Un baule dove il tempo trascorso per la ricerca del libro da "esaminare" è direttamente proporzionale alle aspettative che si investono nel momento in cui si scarta il plico, dopo la consegna del postino. Roba d'altri tempi.
Non sopporto l'opera, lo confesso senza ipocrisie, e quando ho scelto "Sesso, droga e Rococò" l'ho fatto con l'ingenuità tipica di chi vuole mettere tutto in discussione, rischiando di dover sollevare pagine noiose, pesanti come macigni.
L'unica garanzia di non vedere deluse le mie aspettative, me le offriva l'autore, Massimo Di Vincenzo , voce storica di Radio 3. Uno di quelli che riesce ad appassionarti a tutte quelle cose, per gli altri già belle, che diventano ostiche (ed in qualche caso ostili) per chi "non ha orecchio", come me.
Sesso, droga e Rococò è una raccolta di storie, evocate, ma ancora poco conosciute: quelle della voci acute naturali maschili nel canto , quelle che comunemente noi, maschi profani, chiamiamo, le voci dei "castrati" (anche se non solo di questi si occupa Di Vincenzo).
La vicenda delle voci acute ripercorsa in questo libro è seguita da una parallela guida all’ascolto che, nell'era della musica on demand e sempre disponibile su internet, vuol dire contemporaneo "sentire", percepire il vissuto di ogni vita raccontata. Anzi il consiglio è di leggere ogni bozzetto biografico, con la musica suggerita dall'autore. Perché in qualche caso se ne riesce a percepire la drammatica violenza del vissuto.
E, così, si spazia dalla nascita delle voci bianche e dei pueri cantores alla splendente e malinconica parabola degli evirati, vere superstar del Settecento come Farinelli o l’angelo di Roma poi caduti nell’oblio, dalla rinascita del Novecento a opera dei sopranisti e dei controtenori fino al disinvolto uso del falsetto che ha caratterizzato intere generazioni di cantanti.
Perché quella dei castrati è anche la storia delle grandi voci che hanno fatto la storia del pop, dell'heavy metal e del rock internazionale. La strana energia che i castrati iniettarono nella storia della musica occidentale riverbera i propri effetti sul pop dei Bee Gees a Prince, da Michael Jackson a Mika, e, sulla canzone leggera italiana , dai leggendari Cugini di Campagna fino ad Alan Sorrenti, passando per i New Trolls e i Pooh, e nel rock, fino ai Led Zeppelin, ai Deep Purple, e al metallo pesante degli Helloween dei Judas Priest.
La scansione narrativa di Di Vincenzo scorre via piacevolmente, senza quei manierismi letterari per pochi intimi. Un racconto aperto a tutti, soprattutto a chi si avvicina a certe tematiche con qualche riserva, finendo per scoprire, alla fine, episodi poco noti ed aneddoti storici che mettono pepe anche alla corte dei Papi. Concedendo alla trama, senza compiacimento, di distendere i fili di un racconto che dalla musica al sesso finivano per condizionare la politica e ed i destini della "storia minima".