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Attrazioni e distrazioni
di Cesarina Bo
Pubblicato su PB14
Anno
2004-
ExCogita Editore
Prezzo €
10-
130pp.
Collana Voluminaria rosso ISBN
Una recensione di
Maria Carmela Marinelli
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Nata in provincia di Torino nel 1956, Cesarina Bo si laurea in Matematica nel 1979 e si avvicina alla scrittura vent’anni dopo, per “evadere dall’ordinarietà quotidiana”. Da questo desiderio di evasione nasce “Attrazioni e distrazioni”, una raccolta di 28 racconti, suddivisi in quattro sezioni e pervasi da un fascino, una misura e un’eleganza davvero insolite. Racconto dopo racconto si delinea lentamente un mondo governato da due forze contrastanti: da un lato la razionalità che scandisce forme, situazioni e personaggi; dall’altro l’irrazionalità oscura e misteriosa che scardina le regole del reale e apre un varco nel mondo della fantasia e dell’inverosimile.
Luoghi e situazioni sono descritti a due velocità differenti: sullo sfondo scorrono rapide immagini di vita cittadina, lievemente abbozzate da brevi e nervose pennellate di colore. In primo piano, invece, l’occhio critico e attento dell’autrice si sofferma lentamente su ogni particolare della vita rurale. Ritmi frenetici e convulsi della città si contrappongono a movimenti ampi e dilatati della campagna. I personaggi che si muovono sullo sfondo si affannano, corrono, si incrociano per le strade, nelle metropolitane, alla stazione, senza scambiarsi uno sguardo o una parola; consumano un pasto veloce nei locali per poi scappare via in macchina, perché “il tempo è prezioso” e “solo gli stupidi lo sprecano in passeggiate”. I personaggi dei primi piani, invece, attendono l’arrivo della sera in compagnia di un mazzo di carte e un bicchiere di vino rosso, attendono l’arrivo di una lettera, di un treno, della persona amata, attendono che passi l’afa estiva, e nel frattempo ingannano il tempo immaginando i possibili movimenti degli inquilini al piano di sopra. C’è chi ha i minuti contati e chi, il tempo, lo vive diluito nell’infinita dimensione dell’attesa. Questa attesa che sa di speranza e di dolore, come l’anziana signora che ogni mercoledì si reca in stazione e attende l’arrivo dei treni, sperando di vedere tornare a casa il suo vecchio fidanzato, morto fucilato molti anni addietro in guerra. Questa attesa che sa anche di morte, come il racconto del folle omicida che immortala con la sua Polaroid gli incontri clandestini all’uscita di un triste hotel di seconda classe, per poi ricattare gli adulteri e ucciderli.
Diversi luoghi, vari personaggi, un unico destino: la solitudine. Regna sovrana nella vita frenetica e caotica della città, tra la nebbia e lo smog, nella realtà rurale, dove gli edifici sono “tristi”, i muri “scrostati o ricoperti solo da intonaco grezzo” e le facciate “sbiadite dal sole e dalla pioggia”. La solitudine domina sulla piazza di paese deserta e sulle case sperdute nel mezzo della campagna, si insinua lentamente nei condomini desolatamente vuoti, tra le strade, sui marciapiedi, all’entrata della metropolitana, sulle insegne rese grigie e illeggibili dallo smog. Stagna nel silenzio irreale che amplifica i suoni, negli ambienti asfissianti delle osterie dal soffitto basso e dalle finestre strette dalle quali non entra “neppure un refolo di vento”.
Storie tristi, di gente triste che trascorre il tempo, rincorre il tempo, lotta contro il tempo, o addirittura manipola il tempo. Anche Cesarina Bo, come Gino in “Il padrone del tempo”, cerca di manipolare il grande orologio del mondo contemporaneo, inserendovi al suo interno una ruota più grande e più lenta a cui è agganciata quella dei minuti. I protagonisti di questi racconti sono come queste grandi ruote che segnano le ore e diluiscono la giornata in modo innaturale, rallentando il ritmo sincopato delle ansie e degli affanni in cui viviamo, fino a renderle inconsistenti e lontane.
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