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Ma petite Antoinette
di Claudia Pezzutti
Pubblicato su SITO
Anno
2007-
Editore L'Autore Libri Firenze
Prezzo €
10-
120pp.
(collana Biblioteca 80. Narratori) ISBN
9788851712693
Una recensione di
Gina Sfera
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Votanti:
891
Media
79.28%
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Un romanzo che si fa leggere con piacere, scorrevole quasi sempre, con un ritmo naturale quasi mai statico.
La protagonista ripercorre la storia d’amore dei suoi genitori con grande compassione, un amore “infinito” che non conosce simili e neppure alternative, che non può comparire in nessuna classifica perché è unico. In realtà sembra capire che si tratta della storia di sua madre più che della coppia, di sua madre “nella” coppia. Una madre che è soprattutto donna, quindi moglie, e poi madre, al punto che alla morte del marito sembra dimenticare di avere due figli e si consuma nel dolore immenso, senza aver più nulla da dare…a nessuno, neppure ai suoi figli.
Ma il romanzo è anche la storia della grande sofferenza della protagonista, che si sente dimenticata, quasi inesistente per sua madre soprattutto dopo la morte del padre. È il racconto della sua trasformazione, della sua esperienza di trasformazione da bambina a donna, da figlia a madre di sua madre. Il passaggio viene descritto magnificamente attraverso il ricordo del dolore proprio e della sua adorata mamma, un ricordo che però non concede nulla alla retorica della sofferenza e della perdita, è lucido, la trasformazione è avvenuta per la necessità della sopravvivenza, per l’urgenza di comprendere e dare nuovo senso a tutto quell’amore, è nata dalla compassione. Si avverte quasi un travasamento di amore dalla madre alla figlia, come una eredità trasmessa ma guarita.
Il libro è simpaticamente divertente in alcuni punti, soprattutto laddove la protagonista ha bisogno di trattare la storia con disinvoltura, umorismo e autoironia; è commovente nell’insieme, è uno di quei libri che ti fanno sentire una stretta al cuore quando arrivi all’ultima pagina….
Il romanzo è anche un parlare della vita e della morte, della morte nella vita e della vita attraverso la morte.
I personaggi non sono descritti in maniera brillante, forse volutamente; il loro aspetto è qua e là tratteggiato, mai pienamente ritratto, si ha talvolta difficoltà a “vederli” mentre si legge. La figura della madre è sicuramente la più compiuta, quell’essere “un po’ démodè”, come le dice il marito, è in realtà un’immagine che sovrasta le altre nella lettura.
Si diceva all’inizio che la lettura è quasi sempre scorrevole, il ritmo quasi mai statico: alcune parti del romanzo risultano poco lineari, elaborate in un modo discorsivo un tantino difficoltoso e pesante, il che risulta evidente tanto più che per il resto la nostra lettura può scorrere piacevolmente.
Una recensione di Gina Sfera
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