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Il Brasile in guerra
di Andrea Giannasi
Pubblicato su SITO


Anno 2004- Prospettiva Editrice
Prezzo € 10- 186pp.
(collana I territori)
ISBN 9788874182848

Una recensione di Peter Patti
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Il Brasile in guerra

Questo trattato affronta uno degli aspetti meno noti dell'invasione d'Europa da parte delle Forze Alleate. Numerose erano le nazionalità che sottostavano agli ordini del comando alleato in Italia. Nel XV Gruppo d'Armate si trovavano a combattere inglesi, francesi, senegalesi, marocchini, algerini, tunisini, canadesi, indiani, polacchi, cecoslovacchi, sudafricani, greci, ebrei, americani, italiani... e brasiliani.

Il libro di Giannasi è una fitta e ben strutturata documentazione sulla partecipazione della Força Expedicionaria Brasileira alla Campagna d'Italia (1944-45). 25.334 uomini male in arnese, disorganizzati e troppo dipendenti dai rifornimenti statunitensi. Di loro, 15.069  presero parte attiva ai combattimenti e di questi 457 perirono in azioni di guerra.

La spedizione avrebbe dovuto consacrare il Brasile a potenza militare, ma gli inizi furono tutt'altro che gloriosi. Quando nel 1944 a Napoli sbarcò l'esercito carioca, i napoletani scambiarono gli esotici guerrieri per prigionieri di guerra. I brasiliani non avevano armi (gli americani le avrebbero consegnate loro solo in un secondo tempo) e le divise che portavano erano forse adeguate per un clima tropicale ma non certo per l'inverno italiano. Un altro problema era costituito dalle scarpe: troppo leggere. L'alleato stelle-e-strisce sarebbe più tardi venuto in soccorso con una fornitura di stivali militari, ma per i minuti brasiliani quegli stivali, originariamente destinati a giovanotti nordamericani, erano di due o tre misure troppo grandi.

I militi che si accingevano a combattere i tedeschi a fianco degli Alleati erano di debole costituzione, afflitti da tubercolosi, sifilide, ernia, epilessia, problemi ai denti (frequentissimi), epatite e, incredibilmente, furono riscontrati anche due casi di lebbra. 433 furono i ricoveri per disturbi nervosi... E questa era la creme de la creme dell'esercito d'occupazione verde-oro! In patria, infatti, erano state compiute visite mediche a 107.609 richiamati, e ben 23.236 furono scartati. Ma evidentemente sarebbe occorsa una selezione ancora più rigorosa...

L'addestramento si era svolto in maniera superficiale e pochi erano in grado di sparare. Soltanto nel gennaio 1944 Washington mandò in Brasile alcuni ufficiali che avrebbero dovuto spiegare il funzionamento delle armi, ma il tempo stringeva e la traduzione dei manuali dall'americano al portoghese si rivelò difficoltosa.

Quando il presidente Vargas decise di collaborare con gli Stati Uniti e di riorganizzare le truppe per mandarle in Europa, l'interesse dei brasiliani fu alquanto contenuto. C'era più entusiasmo per il Carnevale e per il campionato di calcio che per la neocostituita Força Expedicionaria.

Questa era formata dalla casta degli ufficiali (molti dei quali di nobile famiglia) e da quella dei soldati (quasi tutti poveri e ignoranti). Tra le due caste non c'era dialogo: i soldati dovevano obbedire senza discutere.

Per la traversata oceanica non si trovarono piroscafi sufficientemente grandi e anche qui dovettero intervenire gli Stati Uniti, che misero a disposizione alcune loro navi. Non pochi soldati disertarono proprio al momento dell'imbarco. Paura? Anche, ma non solo. C'era in gioco un conflitto di coscienza. L'esercito, come del resto la popolazione, era diviso tra filogermanici e filoamericani, e ai primi sembrava assurdo dover guerreggiare contro coloro con i quali simpatizzavano.

Giunsero dunque in Italia, sotto il comando del generale Nascarenhas (l'ufficiale più anziano di tutto lo scacchiere del Mediterraneo), e presero a risalire la penisola: soldati dai coloriti diversi, su jeep (americane, ma anche di provenienza imprecisata) contraddistinte con i nomi della Vergine e dei Santi e adorne di immagini sacre. Gli ufficiali erano vanitosi, i soldati simpatici ma imbranati.

Mancavano di senso d'orientamento: nonostante la popolazione locale spiegasse loro i punti cardinali, capitò più di una volta che puntassero i cannoni verso le retrovie.

Il primo morto sotto il fuoco di un'arma fu un soldato soprannominato "Mussolini" per la sua somiglianza con il Duce. Morì ucciso dalla sventagliata di una mitragliatrice manovrata da un commilitone. La seconda perdita avvenne il giorno successivo per una caduta accidentale in un canalone. Numerosissimi i feriti a causa di conducenti sprovvisti di patente. Un tale B.L. disertò e più tardi si sarebbe suicidato nel campo di prigionia "Lucky Strike", nei pressi di Parigi. Due altri vennero condannati alla fucilazione dal tribunale militare per aver commesso atti criminosi in località Granaglione.

Moltissimi finirono in infermeria per via del "pe' de trencheira", ovvero "piede di trincea", che sta a significare un congelamento (dovuto agli stivali troppo larghi). (Nei duri mesi invernali la F.E.B. ebbe 3.230 tra malati e congelati.) Gravi lacune furono riscontrate nella preparazione dei comandanti, nonché riguardo alle norme igienico-sanitarie, che i militi bellamente ignoravano. Inoltre, come scrive un generale americano in un suo specifico rapporto, "i brasiliani circolavano tranquillamente nelle aree dichiarate proibite per la presenza di mine, trappole esplosive e proiettili inesplosi".

Insomma, erano ciò che oggi defineremmo un'"armata Brancaleone". Tuttavia, con il tempo i giornali del Brasile parlarono di loro come di eroi, anche per via delle false notizie divulgate dal governo di Vargas. La verità è che senza l'aiuto dei nostri partigiani, e ovviamente senza l'appoggio materiale degli Stati Uniti, la F.E.B. non sarebbe avanzata di un solo metro.

"Purtroppo" scrive Giannasi "l'operato dei patrioti italiani (...) non solo non fu riconosciuto dai comandi brasiliani ma non fu neppure menzionato nella loro memorialistica".

La propaganda tedesca creò forti malumori tra di loro, con il lancio di volantini in portoghese in cui si diceva che, mentre aiutavano gli statunitensi a liberare l'Europa,  gli stessi alleati si preparavano a invadere il Brasile. In Italia la F.E.B. avrebbe dovuto ricoprire ruoli di unità di riserva e si ritrovò invece a diventare la prima forza d'urto della Quinta Armata. Da ciò prese corpo il sospetto, sempre alimentato dalla propaganda nazista, che gli americani utilizzassero gli "herois brasileiros" come carne da cannone. 

Comunque sia, i combattenti sudamericani diedero un piccolo contributo a scardinare la Linea Gotica.

Erano partiti per sconfiggere la dittatura nazifascista e, quando ritornarono, trovarono in patria un simile sistema politico. Tutti quanti, compreso il comandante Nascarenhas, invece di ricevere onorificenze vennero relegati in posti insignificanti o caddero nel baratro della disoccupazione.

 Letture sullo stesso tema:
- Walter Bellisi: Arrivano i nostri, Golinelli Editore, 1995
- Eugene Graham: Bufalo, Longanesi, 1963 (La storia di una divisione di negri che invase l'Italia)
- M. Gabriele: La Forza di Spedizione Brasiliana (F.E.B.) nella Campagna d'Italia (settembre 1944-aprile 1945), in "Studi storico-militari", Stato Maggiore dell'Esercito, Roma, 1963


Una recensione di Peter Patti



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