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Mitote
di Patrizio Pinna
Pubblicato su SITO


Anno 2004- Chinaski Edizioni
Prezzo € 10- 144pp.

ISBN N/A

Una recensione di Laura Narcisi
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 Mitote

All’alba del terzo millennio lo status quo della situazione planetaria è cosa nota. La specie Homo ha bistrattato la natura e i suoi simili a tal punto che il pianeta soffre di piaghe difficilmente risanabili. La lista è lunghissima e va dalla fame nel mondo all’effetto serra.
Il romanzo Mitote di Patrizio Pinna nasce sul fronte di questa consapevolezza e si addentra in un’idea di futuro denso di catastrofi naturali e di autodistruzione umana. L’idea, che è stata sviscerata a fondo e non si presenta più come originale, ha messo alla prova autori di diverse generazioni e richiede soluzioni particolari per dare al lettore un punto di vista che susciti attenzione, prova non del tutto riuscita in questo caso.
La storia prende avvio in un punto distante da noi solo qualche decina d’anni: il mondo come lo conosciamo ormai è compromesso e i sopravvissuti sono costretti a una vita di ripiego sottoterra, un surrogato di scarsa qualità rispetto all’originale. Gli uomini hanno diviso lo spazio in Livelli, vivono in appartamenti e si spostano tra Tunnel respirando aria artificiale e senza aver mai visto la luce del sole, ma l’autore è avaro di dettagli: non sappiamo come sia avvenuta la riorganizzazione istituzionale, sociale ed economica. Esiste ancora una divisione per città, etnie, culture? Quali sono e come sono cambiati i valori, i comportamenti, i sentimenti, a parte un generale scontento? Protagonisti sono cinque amici venticinquenni legati da interessi comuni come il piacere di bere fumare e suonare insieme, che in questo contesto post-atomico innaturale ci sono nati, cinque amici che decidono di dare una svolta alle loro esistenze incolori.
L’accento intollerabile viene posto sul concetto di artificiale e di tecnologico, necessario ma alienante, unico orizzonte conosciuto ma ugualmente percepito come falso. La noia, l’insoddisfazione e il disagio giovanile spingono i ragazzi sulla via della fuga verso un mondo migliore e, naturalmente, proibito e maledetto. Partono con zaini e chitarre (e con qualche incongruenza di genere fantascientifico) verso il pianeta Mitote come per una vacanza esotica e lì trovano la Natura sconosciuta e tanto agognata. Il romanzo a questo punta mescola i generi, trasportando il lettore in pure atmosfere fantasy dove la compagnia di audaci inizia un viaggio in habitat cavalleresco-medioevali di foreste incantate e prove da superare per dimostrare un’elevatura morale degna della Ricompensa.
I nostri eroi si dimostrano all’altezza, degli eletti, in virtù di un poco approfondito “cuore puro”. Il pianeta luna park ha fama di maledizioni e di possessioni per scoraggiare un turismo indesiderato….da parte di chi? Ecco che si scopre che il pianeta non è disabitato come si vorrebbe far credere, ma popolato da una comunità di persone pacifiche che vivono secondo i dettami semplici e vivifici di Madre Natura. Il Vecchio che ne è a capo si propone nelle identiche vesti di Gandalf e accompagna i protagonisti come guida alla Conoscenza e al paradiso che si sono guadagnati. Il finale new age concilia in un abbraccio cosmico il senso e la storia della vita nell’Universo, inneggiando ai valori fondanti dell’amicizia, dell’amore e della pace.
L’intuizione è buona e genuina, ma pecca anche di ingenuità letteraria.
L’idea di fondo per l’intreccio è valida, ma andrebbe sviluppata e arricchita di particolari. La lettura risulta appesantita da una non felice impaginazione e da caratteri troppo piccoli, mentre le descrizioni di luoghi, situazioni, caratteri sono insufficienti, stringate, in certi tratti ci si trova di fronte a un riassunto più che a uno svolgimento.
Il registro linguistico scelto da Pinna è una scommessa: il linguaggio propriamente colloquiale intriso di frasi in codice e gergali, se è vero che è aderente ai personaggi, è anche vero che funziona e diverte solo quando si è all’interno del gruppo e si condivide il vissuto che lo ha costruito. Il lettore ne è per forza di cose escluso. Una battuta, un’espressione tipica, un’intonazione allusiva in un contesto parlato traspaiono difficilmente dalle parole scritte e risultano solitamente forzati.
Si intuisce che Pinna ha inteso concentrare nella sua opera i legami forti che uniscono gli amici, i piaceri che condividono e i desideri di realizzazione comuni a tutti gli esseri umani: lodevole, ma il risultato è una storia un po’ diluita, con poco spessore. Grande, eccessivo spazio è dato al bere wisky, al fumare erba, al ridere di battute con un contraltare di ansie e paure poste ma non giustificate, da una noia imperante, da una generica nostalgia di un passato imparato a scuola, da vecchie canzoni e da uno stile di vita vera agognato ma altrettanto finto: un mondo fatto solo di sole, prati, ozio, banchetti e simposi, meditazione, pace e armonia? Bello, ma un po’ troppo semplicistico.
Il romanzo da comunque voce al disagio delle nuove generazioni, un disagio di sempre anche se per questo non meno reale, e la storia rispecchia il desiderio legittimo di un forse utopico mondo migliore. Ben venga dunque questa risposta letteraria a un’esigenza intrinseca in forma di sogno fantascientifico e fantasy.


Una recensione di Laura Narcisi



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