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Transatlantici di carta
di Daniele Bottura
Pubblicato su PBSR2006
Anno
2003-
Fara Editore
Prezzo €
7-
77pp.
Collana Terremerse ISBN
Una recensione di
Alberto Ghiraldo
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840
Media
80.18%
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“Le ho detto che la semplicità non è scambiare l’abitudine per la vita.”
“C’è un momento in cui si sente il bisogno di fermarsi un altro momento in cui non si può fare altro che partire. In mezzo c’è la sosta. Ci sono i pensieri in mezzo, maresciallo.”
“Il fratello che non ho passa tutti i giorni in bicicletta sotto le finestre di casa mia.”
“Io credo che per una cameriera sia necessario sapersi esprimere bene, farsi capire, avere una bella voce. E le tette grosse.”
Una manciata di racconti buttati in disordine e una domanda che ti ronza in testa arrivato a pagina 73: “Be’? Non ho ancora capito cosa c’era da capire…”.
Ma giri pagina e sotto un disegno stilizzato ci trovi due citazioni disarmanti che ti sbattono in faccia la verità (che la possiamo anche definire come senso) che sta racchiusa in questo libretto. E allora te lo devi rileggere Transatlantici di carta, che adesso, se ci fai caso, hai l’occhio più pulito.
Le citazioni dicevo, questa la prima:
“Insomma, io non ho capito, di cosa siamo fatti noi: di anima, di scheletro o di fantasma?”
questa la seconda:
“– Però potevi metterli in ordine tutti quei giochi, Giovanni.
– Li ho messi in ordine sparso.”
Due frasi dette da un bambino di quattro anni che senza volerlo offrono la chiave di lettura della raccolta antologica di Bottura. Attraverso i suoi racconti, poco più lunghi di un pensiero appena abbozzato, l’autore ci prende e ci porta per mano in un viaggio alla scoperta di noi stessi, un viaggio che inevitabilmente ti porta fuori strada, ti fa smarrire e ti confonde ancor di più le idee.
E allora ci si ritrova a chiederci di cosa siamo fatti, cosa c’è dentro di noi e fuori di noi. Domande che non trovano risposta se non un laconico “non è tutto qui” scritto su una mattonella di una casa inesistente. Ma il viaggio continua e con esso la ricerca.
Le soddisfazioni? Poche, ma arrivare a dire “io e me stesso l’altro giorno, per un attimo, ci siamo amati” è un’enorme conquista.
La scrittura di Daniele Bottura è pulita, essenziale, priva di inutili espedienti narrativi. Ti parla direttamente, con una franchezza a volte disarmante e nonostante questo, o forse proprio per questo, si mantiene perennemente in bilico tra narrativa e poesia senza però scadere in un astratto lirismo. Alcuni racconti, Marcello e Trieste in particolar modo, ricordano il primo Giulio Mozzi, quello di Questo è il giardino.
C’è da augurarsi che Daniele esca di nuovo allo scoperto e ci sorprenda con un nuovo lavoro.
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Daniele Bottura è socio fondatore dell’Associazione culturale Grilliperlatesta. Ha promosso, insieme al suo gruppo, tre edizioni di VERBA MARKET – vetrina ad uso dei giovani scrittori mantovani. È editore della rivista letteraria «LACIO DROM, buona strada», uno spazio di accoglienza di momenti di vita (www.laciodrom.it). Ha ideato «MOLTI SOLI, frammenti, fotografie e letteratura da strada», ogni tanto in spedizione elettronica agli iscritti (ci si iscrive gratuitamente mandando una e-mail a grilliperlatesta@libero.it).
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