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Guanciali di terra
di Caterina Accardo
Pubblicato su PBSR2006
Anno
2004-
Ibiskos Editrice
Prezzo €
10-
60pp.
ISBN
Una recensione di
Salvo Ferlazzo
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Votanti:
946
Media
80.01%
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La vitalità del libro di Caterina Accardo, si ammanta di mistero quando i pensieri si “…accavallano/ e si schiacciano/ senza trovare spazio/ né posizione piana./
La presenza di un linguaggio poetico integro e sfaldato, infinito e finito allo stesso tempo, rivela il desiderio di una profonda inquieta realizzazione che induce il lettore a liberarsi di ogni scoria di passività.
Questo sforzo viene ricompensato con il privilegio di respirare un’atmosfera rarefatta, di essere partecipe della stessa ascensionale emozione, di viverne l’inseparabile componente esistenziale.
“ …Cependant l’Azur rit sur la haie…”, così Mallarmé.
« …liriche schermaglie/ riflusso di vibranti promesse », così Accardo.
Persino nei momenti di misurato sconforto, ”… E notti arrivano/ a pungolare il soffio di vento/ che continua a spirare…/, Caterina Accardo rivela una sensoriale armonia con quanto la circonda.
La sua terra d’origine, che è anche la mia, diventa pretesto per sentirsi un novello Colapesce, che cerca nel buio la salvezza, un barlume di vera luce, un battito di vera vita.
Ecco apparire la sagoma bruna di una sciabica piena di quei frutti che solo il mare può dare: una semicurva fatta di maglie intrecciate, che solo la forza delle braccia riesce a portare a riva.
Dove il lettore può facilmente indulgere in immagini decorative, su “ quell’amore ”, o su quel “ pezzo di mare”, non è mai come ultimo approdo. Subito dopo, il verso ritorna a riprendere lucentezza, a risplendere.
Come in ogni vicenda umana, Caterina Accardo ci riporta velocemente nella terrestrità del suo mondo, e questo triangolo di terra percorso da apparenti regressioni e frenetiche accelerazioni, ci da la chiave di lettura di concetti come Ordine e Disordine, Necessità e Caso, quasi una sorta di tuffo nello studio del comportamento delle molecole all’origine dell’universo.
La centralità magmatica della poesia della Accardo, fuoriesce in mille rivoli per divenire mare, radici, stelle, terra padre, sole.
Non si può chiudere, limitare un poeta entro la secrezione della propria linfa, deprivandolo della capacità di interagire con il materiale principe dell’umanità: il linguaggio.
Lo spirito inquieto, la mente pronta di Caterina Accardo poco concedono all’improvvisazione: lei si distende su questa terra toccando i punti cardinali con un linguaggio concreto, spoglio, leggero dove “Gravitano simpatie/ improvvise/ e solari incantesimi/ e nella bocca/ aspri sapori/ indimenticabili./
Goethe scriveva nell’aprile del 1787, appena giunto a Palermo “ Senza la Sicilia, l’Italia non forma un’immagine nell’anima; qui è la chiave del tutto”.
La sintassi a volte enigmatica , non serve alla Accardo per nascondere incontri, mascherare caratteri, addolcire conflitti, quanto a fare intendere la durevole essenza della poesia stessa.
Una recensione di Salvo Ferlazzo
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