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Quando alle prime ore del mattino, che si posano leggere sui volti dei sognatori e ne accompagnano i risvegli, uno sguardo si mostra dietro i vetri appannati, le mani intrecciate l’un l’altra per scambiarsi calore, e osserva, cauto, le distese fattasi d’un tratto luce dorata, i grandi pennacchi cosparsi di acqua ghiacciata; le volpi si nascondono, i leprotti si riparano nell’incavo morbido del pelo materno, i fiori più non si vedono, le strade si confondono; ma ecco, un brillio, luccicante pervade le sue pupille, attente nel desiderio di tutto afferrare, nella speranza che quel paesaggio amichevole non sia un altro scherno dell’effetto dei sogni
Egli rimira, rimira e aggira, osserva, scappa, fugge rifugge, in un gioco di incastri, rincorse e vittorie, quella coltre bianca, quel paesaggio paradisiaco, incerto, pauroso di scoprirsi, ancora una volta, caduto in fallo. Ma ecco, potente lo assale la curiosità, il desiderio di scoprire, di scoprirsi trionfante o vittima Gradino, balzo, rincorsa, fremito fremente, percorre la distanza verso la meta anelata...un piccolo passo, uno sforzo, ancora un giaciglio il confine fra il pensiero del piacere, e il piacere stesso fra l’incertezza, la paura, l’esaltazione e il dolore, o l’amore e la passione
Sapessi quanti, mio dolce protagonista, hanno attraversato quel confine, cercatori di sorrisi, di occhi a cui affidare le proprie pene, di nuche, di cui sfiorare le forme, di mani, a cui baciare le unghie, di sagome, a cui porre la propria fiducia, di menti, da farcire dei propri ideali, anelanti di scambi fruttuosi, zelanti di momenti affettuosi, di coccole, di tintinnii, di indietreggiamenti e mutamenti, insaziabili di vita; sapessi quanti, timorosi, cauti, disillusi, seppur saggi, lo hanno lasciato alle proprie spalle, ignari che prima o poi li avrebbe raggiunti e divorati, distrutti e maltrattati più impetuosamente dei primi; soddisfatti per quel poco di piacere che l’attesa aveva loro provocato, piacere da non soffocare o uccidere con un anelito di avidità, vivono nelle meraviglie della prudenza. Sono costoro da elogiare o da disapprovare?
E tu, tu, caro ispiratore, personaggio delle mie immagini, la sfiorasti la dolce coltre, la assaggiasti, ti ci fiondasti a capofitto, seguito dalla madre e dal padre, ritrovandoti alla successiva alba, scoraggiato e inanimato per la riscoperta delle guglie, dei sentieri conosciuti, dei ruscelli familiari, una volta scomparsa l’idilliaca novità? O, conscio delle passate disfatte, preferisti il calore amato della stufa, che l’andare in rovina per una gioia bruta?
©
Elena Rebecca Cerri
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