Una camicia bianca e una cravatta
e quella ruga sulla fronte che raccontava
di notti insonni e lavori di cesello e di scrittura,
tracciava i contorni di una vecchia scrivania,
nel riecheggiare di difese accorate e di retorica.
Una camicia a quadri di lana cotta, calda
ed un bastone ricavato dal legno di una quercia
che insieme costruivano l’immagine
di un cuore senza età, di un passo cadenzato
sui sentieri dell’anima fra i monti.
Un goffo pigiama di flanella e pantofole magiche
a danzare per la stanza, alla sola luce della luna
che fa capolino da una finestra chiusa:
una bimba fra le braccia e una canzone dolce
per cullare i suoi sogni finché serve.
Una maglietta bianca, in un letto di ospedale.
Lo sguardo di chi sa di essere giunto al capolinea,
ma ancora non si arrende e cerca di ingoiare in fretta
brandelli di esistenza che odorano di etere e di pianto.
Il tempo di un addio che non sarà mai tale
perché il tuo essere stato è già eterno.