Alzo gli occhi dal libro che sto scorrendo, sono stanca ma la mente non vuole saperne di riposare.
È molto tardi, ma non ho sonno.
Sarebbe inutile tentare di dormire, perciò rassegnata mi alzo.
Mi affaccio alla finestra e, al di sopra delle chiome dei pini, osservo la notte inghirlandata di astri lucenti.
Una piccola scia fiammeggiante appare nel cielo, una stella cadente.
Trattengo il respiro mentre un soffio di brezza porta alle narici un delicato profumo di lavanda…
Mi vesto in tutta fretta e decido di assecondare i miei pensieri e la smania che all’improvviso si è impadronita di me.
Esco in silenzio e il buio mi avvolge tra le sue fruscianti spire.
Il mio corpo, ombra tra le ombre, si avvia.
Non è la volontà a guidarlo ma una strana eccitazione che portata dai neuroni scorre veloce in ogni nervo, in ogni muscolo…
Non ho una destinazione, ma continuo ad andare mentre lo stormire delle fronde solleticate dal vento, come un atavico canto, accompagna i miei passi.
Non riesco a pensare a nulla di preciso benché senta aggrovigliarsi nella mente un’inestricabile matassa di pensieri.
Essi galleggiando in quel limbo liquido restano lì, al limitare della soglia della coscienza.
I sensi invece sono rimasti tutto il tempo allertati.
Ho l’impressione di essere vicina alla meta quando alzando la testa, Orione cattura il mio sguardo con un intenso brillìo.
Ora l’impressione è divenuta certezza.
C’è il vecchio moncone di un tronco d’albero tagliato, mi siedo ed aspetto.
Non devo attendere molto.
«Nonna» sussurro «non ti aspettavo» mentre l’alito si condensa in bianche nuvole d’impalpabile vapore. «Non pensavo di incontrarti, ma ora che le tue mani si sono posate sulle mie spalle, ti sento con chiarezza scioglierti nel mio cuore. Ti ricordi, Nonna, quando passavo giornate intere a fare e disfare la tua lunga treccia candida? Quando, odorosa di lavanda, mi abbracciavi stretta al tuo corpo per farmi sentire il calore del tuo amore. O quando mi tenevi per mano e con i tuoi racconti fuggivamo lontano? Ora come allora, le tue labbra poggiate sulle mie guance cancellano ogni affanno… Sei la nostalgia di un tempo lontano, di una vita diversa, di un sogno vissuto e ormai sfiorito, di un nido troppo presto abbandonato…»
Gemiti silenziosi erompono dal mio petto mentre lacrime di acuta malinconia affondano lentamente tra le volute dell’anima.
«Parlami Nonna, fammi risentire il caro suono della tua voce. Riportami con essa, ciò che resta del passato. Sveglia tutti i ricordi che sono già qui, pronti nella mia testa e non attendono che un tuo segnale per tracimare e sommergermi con la loro dolcezza… No, non dirmi che è tardi!»
Mi abbraccia e mentre una serenità sconosciuta accende l’adorato volto rugoso, ecco i ricordi.
Li sento fluire come antica marea, invadere allettanti la mente e frastagliarsi in mille sensazioni pulsanti ed in infinite tonalità di colore. Piccole scintille di braci ardenti.
Le tinte sfumate dell’alba lentamente iniziano a gocciolare tra le mie pupille.
Orione con un impercettibile sorriso strizza l’occhio al mondo sottostante e richiama a sé le impallidite stelle sue eterne compagne.
La Nonna poggia l’esile mano sulla mia testa, poi obbedendo al tacito appello annuisce e in silenzio come era arrivata, con uno sguardo di pace infinita, raggiunge le altre stelle.
I raggi del sole appena risorto illuminano la mia mano ancora alzata nel saluto e raccolgono dalle mie labbra un sospiro di commossa felicità.