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"SA-10, ricordati bene che dal momento in cui sarai partito, non potremo darti nessun aiuto". Il dirigente s'interruppe; il suo viso era più pallido del solito, i lineamenti contratti rivelavano la tensione che cercava di nascondere nel tono di voce. "Per molti millenni, proseguì, "dopo che i nostri antenati si furono ribellati al Dominatore, come sai, come ti è stato insegnato fin da bambino, abbiamo cercato di batterlo in campo aperto ma siamo.sempre.stati ricacciati. Dobbiamo tentare la via dell'agguato, dell'attacco fulmineo ed imprevedibile. Tu, SA-10, sei stato selezionato in base alla tua conformazione genetica ed alle attitudini rivelate nel corso dell'addestramento, ed il "Portatore di luce" è il miglior aiuto che possiamo darti". SA-10 guardò la navicella quasi con un senso d'affetto, dopo i mesi passati in addestramento dentro quel guscio di metallo dalla linea ingannevolmente semplice che ne nascondeva la sofisticata struttura. "Ricorda, SA-10", proseguì il dirigente, riuscire a sorprendere il Dominatore è un'impresa quasi impossibile, ma "Il portatore di luce" è la più perfetta crononave che esista. Tu continuerai a spostarti avanti e indietro lungo la distorsione spazio - temporale in modo da non essere individuato, e da poter colpire al momento opportuno": Il "Portatore di luce" stava sfrecciando ad un milione di "T" (un milione di volte la velocità normale di scorrimento del tempo). SA-10 trovava che percorrere l'universo in una crononave fosse un'esperienza splendida: Supernove esplodevano abbaglianti nel cielo nero, galassie si formavano sbocciando come fiori, giganti rosse viravano attraverso il giallo, il verde, l'azzurro, fino a liberarsi della loro energia diventando novae, ed a ridursi a freddi puntini bianchi. Stelle, nubi di pulviscolo luminoso, torrenti di radiazioni, danzavano attorno alla navicella. SA-10 si rilassò. L'universo visto da una crononave rivelava il suo vero volto: non era uno spazio buio e vuoto, ma un organismo vivo e splendido. Lo spettacolo gli aveva quasi fatto dimenticare l'estrema pericolosità della sua missione: si stava addentrando nel terreno del Dominatore, il nemico atavico, implacabile, della sua razza. Gli strumenti segnalarono un leggero calo di potenza: non era un inconveniente grave, ma doveva fermarsi per permettere agli accumulatori di ricaricarsi. Fermò il "Portatore di luce" ed entrò nel tempo normale. Se fosse riuscito ad atterrare su di un pianeta, sarebbe stato meno facile per il Dominatore individuarlo. Per fortuna, il "Portatore di luce" poteva essere manovrato come una comune astronave. Raggiunse il sistema stellare più vicino e diresse la crononave verso un pianeta che sembrava essere collocato al giusto punto di equilibrio fra il calore solare ed il gelo esterno, la cosiddetta "fascia della vita". Il pianeta ospitava la vita, eccome! SA-10 l'osservò ammirato: sembrava che la terra emersa fosse interamente coperta da boschi verdeggianti; gli oceani erano di un blu intenso e le calotte polari scintillavano candide. Era imprudente atterrare in una prateria: il "Portatore di luce" sarebbe stato troppo visibile, e la portata dei sensi del Dominatore sembrava virtualmente senza limiti. Scelse una larga radura in un bosco posto nell'emisfero settentrionale. Atterrò e come ulteriore precauzione, dopo essere sbarcato rese invisibile il "Portatore di luce" facendolo scivolare in una sequenza spazio - temporale secondaria. Fece qualche passo. Il pianeta era bellissimo, l'aria era fresca e frizzante, carica di sentori esotici; la vegetazione non recava le tracce - purtroppo devastanti per l'equilibrio ambientale - delle civiltà superiori che avessero sviluppato una tecnologia. Creature alate cantavano tra i rami degli alberi. Staccò un frutto di un bel colore rosso da un albero ed affondò i denti nella polpa, era gustoso. Scorse qualcosa fra i rami del sottobosco, un umanoide: era una femmina ed anche piuttosto carina. Si avvicinò. Lei accennò a ritrarsi timorosa, ma non fuggì. "Ciao!", disse SA-10. "Ciao!", rispose lei. Capiva la sua lingua od aveva solo imitato pappagallescamente il suono della sua voce? "Non avere paura", disse lui, "Non voglio farti del male. Come ti chiami? Io sono SA-10, SA-TEN". "SA-TAN", fece eco lei con una strana pronuncia cantilenante. SA-10 le tese il frutto che teneva in mano. Lei sembrò capire e prese il frutto, poi se lo portò alla bocca staccandone via allegramente un bel pezzo con un morso. Un urlaccio fece voltare SA-10. Un umanoide maschio, un tipo rossiccio dai lineamenti grossolani e dall'aria truce, era uscito dal bosco. Afferò la femmina per il braccio e cominciò a trascinarla via, dopo aver lanciato una salva di borbottii e grugniti che SA-10 non capiva, ma che aveva ragione di ritenere fossero imprecazioni od insulti. Rimasto solo, SA-10 si ritrovò piuttosto depresso: aveva dimenticato l'accesa gelosia caratteristica dei maschi umanoidi primitivi. Sapeva di aver commesso un errore: non bisognava mai interferire con le culture primitive: anche un gesto innocuo come l'offerta di un frutto poteva essere fonte di chissà quali incredibili complessi. Ritornò al "Portatore di luce" e si spostò in avanti di qualche migliaio di anni, mantenendo più o meno invariate le coordinate spaziali. In un primo momento, SA-10 quasi stentò a credere ai propri occhi: quella parte del pianeta si era rapidamente trasformata in un deserto arido e per nulla invitante. Uscì un'altra volta dal "Portatore di luce" e fece qualche passo sulla distesa sabbiosa. Dietro ad una duna che lo riparava malamente dai raggi del sole, SA-10 scorse il corpo di un uomo: era ancora vivo ma proprio per scommessa: era magrissimo e la sua pelle era screpolata come cuoio vecchio, sembrava all'ultimo stadio della denutrizione e della disidratazione. Tornò alla crononave e prese un contenitore d'acqua. Nonostante l'aspetto sfigurato dagli stenti, si vedeva che quel moribondo doveva essere stato un bell'uomo: aveva un viso affilato, ascetico, i capelli lunghi sulle spalle e una corta barbetta regolare, che però ora erano incrostati da uno strato di sabbia. SA-10 dovette aprirgli la bocca di forza e versare l'acqua in quelle labbra ed in quella gola inaridita. L'uomo cominciò subito a riaversi, ed aprì gli occhi emettendo un gemito. Aveva dei begli occhi chiari, intelligenti, ma sembravano sconvolti da una luce di follia. "Lasciami in pace!", gridò. SA-10 era piuttosto sorpreso di constatare che quella gola disidratata conservasse ancora tanto fiato. "Ehi, un momento!", disse, "Cosa ti è successo, amico? Facevi parte di qualche carovaniera? Ti sei perso?" "Niente affatto!", rispose quello, "Sono venuto nel deserto di mia spontanea volontà quaranta giorni fa per mortificare la Carne". Nel suo sguardo ardeva una luce preoccupante di fanatismo. "Ma tu non hai solo bisogno di un po' d'acqua", protestò SA-10, "Sei denutrito da far paura". L'uomo si rizzò in piedi gridando: "Vattene, immondo tentatore! Non di solo pane vive l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca dello Spirito!" SA-10 arretrò sgomento. Quella follia, quel fanatismo suicida erano certamente il segno che il Dominatore aveva lasciato su quegli esseri. Capì che non poteva fare niente di meglio per quell'uomo che lasciarlo al suo destino. Una volta o l'altra...ma certo quel tipo lì non sarebbe morto vecchio. Ora il "Portatore di luce" era pronto per il balzo finale, ma SA-10 era curioso, gli sarebbe piaciuto sapere qualcosa di più di cosa sarebbe accaduto a quella cultura. Modificò leggermente le coordinate della crononave: più o meno millecinquecento anni avanti nel tempo e un po' verso nord - ovest nello spazio. Si accorse di essere finito all'interno di un edificio. C'era un vecchio con la barba bianca vestito di una buffa palandrana che stava davanti ad un segno tracciato sul pavimento: una grande stella dentro un cerchio, e leggeva un grosso libro borbottando le parole ad alta voce. Sembravano frasi incomprensibili e prive di senso, ma il vecchio aveva l'aria di aspettarsi che succedesse qualcosa. SA-10 decise di accontentarlo e di fargli un piccolo scherzo. Lasciò il "Portatore di luce" invisibile e si materializzò all'interno della stella. Guardò il vecchio negli occhi. "Cosa vuoi?", domandò. Il vecchio rispose con aria solenne: "Io, Johann Faust, ho passato trent'anni della mia vita a penetrare i segreti reconditi dell'universo. Adesso voglio quello che mi spetta: la ricchezza ed il potere. SA-10 lo guardò con compatimento. "Faresti meglio ad andare a donne", disse, "finché l'apparato ti funziona. Guarda che è un consiglio disinteressato". E scomparve. Ora non aveva più tempo per quelle ragazzate, sapeva che alla fine del flusso temporale di quell'universo avrebbe incontrato il Dominatore. S'inserì nel flusso temporale regolando la crononave alla massima potenza, e tolse la sicura all'annichilatore. Aveva una sia pur esigua possibilità di riuscita: per quanto il Dominatore fosse dotato di poteri quasi inconcepibili, i suoi riflessi erano di una frazione infinitesimale più lenti di quelli del popolo di SA-10. Gli scienziati della sua gente avevano discusso a lungo sulla natura del Dominatore senza essere in grado di giungere a conclusioni definitive; certo, proveniva da un flusso d'universo sconosciuto, ed altrettanto certamente non si trattava di un essere organico, almeno nel senso abituale del termine: era un essere vivente, ma simile ad un'enorme macchina che assorbiva e generava materia ed energia in ogni punto di un'intera sequenza spazio - temporale. Le labili immagini dello spazio - tempo che scorreva vorticoso intorno al "Portatore di luce" si stavano trasformando in un torrente di energia pura. Quella sequenza - universo era quasi alla fine. SA-10 lo scorse improvvisamente, proprio là dove lo spazio - tempo stava per svanire nel Nulla assoluto. Era una cosa enorme, una superficie planare che generava e distruggeva energia e materia ad ogni istante. Proprio nel mezzo, c'era una vasta zona di cellule foto - energo sensibili. SA-10 diresse il raggio dell'annichilatore proprio là, su quella specie di occhio al centro dell'immensa struttura triangolare.
©
Fabio Calabrese
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