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Finalmente libero! Stentava a credere che fosse vero! Da quanto era lì? Quanto tempo era passato da quel giorno qualsiasi di chissà quanti anni fa trascorso come tutti gli altri a combattere il nemico di turno? Perché è proprio questo che lui era: un soldato, il migliore di tutti, una macchina da guerra perfetta! Non sapeva chi o che cosa avesse aperto la sua prigione di vetro ma adesso aveva altro a cui pensare. Nonostante i lunghi anni passati in prigione non aveva mai smesso di combattere con il pensiero inventando sempre nuovi colpi, raggiungendo la perfezione totale nell’arte del combattimento. Un lieve sorriso infranse il rigido sguardo dei suoi occhi allorché si sorprese esitante sulla direzione da prendere, perso com’era in quel mare infinito che sono i primi pensieri di un uomo quando riacquista la sua libertà. L’ambiente in cui si trovava lo lasciò disorientato. Malgrado un che di familiare i colori e le luci erano indubbiamente cambiati ed anche gli elementi del panorama apparivano trasformati. Il momento di rompere ogni indugio era, però, arrivato. Camminò per tutto il giorno e trascorse la notte senza riuscire a chiudere occhio, senza mai sdraiarsi quasi temesse di addormentarsi e svegliarsi capendo di avere solo sognato. Per sua fortuna non era affatto così e se ancora ce ne fosse stato bisogno fu il volto di lei a convincerlo che era tutto vero. Guardandolo pensò che la luna in persona avesse partorito la più sublime delle creature. Il candore della sua pelle era un albore che si stagliava irresistibile tra le pieghe più profonde della notte. Il guerriero si accorse subito dell’angoscia che le turbava il volto. La fanciulla avanzava barcollando voltandosi ripetutamente indietro quasi tentasse di allontanare con il solo sguardo un pericolo che appariva inevitabile. Chi era quella meravigliosa visione e da che cosa stava fuggendo? Le risposte non tardarono ad arrivare. Un gruppo di uomini armati fino ai denti le stava alle calcagna con intenzioni tutt’altro che amichevoli. Il soldato cercò di capire a quali eserciti appartenessero ma fu tutto inutile: non aveva mai visto simili uniformi e lo stesso valeva per le armi: strani marchingegni assomiglianti a tubi di ferro con un’apertura all’estremità. Eppure non c’era al mondo uomo d’armi che non avesse sfidato. Qualunque diavoleria fosse era sicuro che l’avrebbe scoperto assai presto. Estrasse la potente scimitarra e si diresse come il fulmine verso gli inseguitori. Non aveva fatto che poche falcate quando uno di loro gli puntò contro una di quelle strane armi e fece fuoco. Una fiamma rossa come zampillo di vulcano eruppe dalla canna di ferro accompagnata da un rumore assordante. Il soldato ebbe un sussulto di meraviglia rimanendo per un attimo pietrificato di fronte a quella sorta di stregoneria. Buon per lui che il colpo non andò a segno. Ma un vero soldato, pensò, non smarrisce mai la concentrazione durante una battaglia. Con tale ferma convinzione il soldato ripresa la sua carica spianando la scimitarra verso il nemico che impugnava quella astrusa arma sputafuoco e prima che quest’ultimo potesse rendersene conto l’affilatissima lama gli aveva già mozzato la testa di netto. Alla vista di quella tremenda visione i suoi compagni rimasero per una frazione di secondo disorientati. Fu un tempo più che sufficiente per approfittare della situazione entrando nella loro schiera come una falce dentro un campo di grano. In pochi attimi era già tutto finito. La giovane donna rimase immobile lì accanto pietrificata dalla paura. Si era portata d’istinto le sottilissime mani al volto per non guardare quell’orrenda carneficina Il soldato, avvicinatosi lentamente, prese le sue mani nelle proprie facendole scendere dolcemente e rimanendo abbagliato da quel volto quasi diafano. Ancora tremante per la paura la fanciulla ebbe come un sussulto e cercò di allontanarsi dallo sconosciuto ritraendo le mani a sé. “Non avere timore” le disse il soldato con tono rassicurante “Non ho intenzione di farti del male. Ucciderli era l’unico modo per salvarti da loro” La giovane donna accennò un gesto di assenso con il capo. “C’è qualcosa che posso fare per te? “ continuò il soldato “ci troviamo in un luogo isolato e pericoloso per una fanciulla sola ed indifesa” La giovane donna non rispose. “Ho capito: sei ancora spaventata. Vuoi almeno dirmi come ti chiami?” le chiese dopo aver riposto la scimitarra nel suo fodero. Non avendo più lo sguardo del soldato posato su di lei la fanciulla acquistò un briciolo di coraggio e con voce quasi impalpabile rispose: “ “<Cyrè. E ti devo la vita. Grazie..” “Yvor.” le rispose il soldato “E’ così che mi chiamo” “Grazie Yvor” “Dovere. Posso sapere dove sei diretta? Non è prudente proseguire il cammino da sola” “Me ne rendo conto” disse la fanciulla “Purtroppo non posso fare altrimenti e sarebbe troppo lungo e doloroso spiegartene le ragioni” “Capisco” sussurrò Yvor “Non mi hai però ancora detto qual è la tua meta” “Sono diretta ovunque ed in nessun luogo. Solo quando raggiungerò la soglia del grande bagliore potrò dire di essere arrivata a destinazione” “Il grande bagliore?” sussultò Yvor “Che cosa significa?” La fanciulla non aveva nessuna intenzione di rispondergli. Senza aggiungere altro riprese a camminare nella stessa direzione verso la quale era diretta allorché il gruppo di inseguitori l’aveva raggiunta. Il soldato la seguì istintivamente senza una ragione plausibile. Per circa due miglia camminarono nel più assoluto silenzio. Fu lui a rompere quella quiete irreale: “Almeno potresti dirmi perché ce l’avevano con te. Dopo tutto ti ho salvato la vita e credo di meritarmi un minimo di gratitudine invece che silenzio e misteri” “Non ti ho chiesto io di salvarmi la vita” ribatté seccamente la fanciulla “E poi ti ho già ringraziato. Oltre a ciò non vedo perché dovrei confidarti i miei segreti” “Potrebbe succedere ancora” disse Yvor “Dirmelo mi aiuterebbe a proteggerti” “Dico sul serio” replicò Cyrè “Non c’è davvero niente che tu possa fare. Meglio lasciarmi andare se non vuoi mettere in pericolo anche la tua di vita” “Questa è davvero comica!” esclamò il soldato a cui scappò una sonora e rimbombante risata “Non sono mai stato in pericolo in tutta la mia vita e se anche mi fosse capitato di sfiorarlo ne ho avvertito a stento il leggero sussurro. Deve ancora nascere il guerriero in grado di sconfiggere il grande Yvor” “Sono stanca di parlare” lo interruppe la fanciulla rimettendosi in cammino “Devo trovare un rifugio per questa notte prima che facci buio”. Il giovane soldato rimase indeciso se seguirla o meno. Sebbene la scimitarra fosse una buona ragione per affrontare la notte senza affanni l’idea di dormire al riparo non gli fece orrore. E poi voleva ancora sapere del grande bagliore. Poco distante dal sentiero intravidero un lungo tunnel ai cui estremi si innalzavano due alte colonne di marmo levigato. Decisero che era senz’altro il posto migliore dove trascorrere la notte. Il buio piombò all’improvviso annerendo ogni cosa come se qualcuno avesse improvvisamente premuto l’interruttore del tramonto. Se ne stavano entrambi in silenzio sdraiati sul freddo pavimento. Il sonno tardava ad arrivare mentre la loro mente faticava a mettere in ordine le tante sensazioni appena vissute. “Ti va ancora di sapere del grande bagliore?” domandò Cyrè frantumando il buio come fosse di vetro. Yvor si girò verso di lei sorpreso per quella improvvisa domanda. Non disse nulla ma si limitò ad annuire con il capo. La fanciulla raccontò che la luna era già sorta tre volte da quando tutto era accaduto. In quel momento non era a casa ma stava danzando a teatro. Quando rincasò era già tutto finito. Lì per lì non fu chiaro cosa fosse accaduto. L’unica certezza è che nell’incendio aveva perso tutti i suoi cari. Più tardi venne a sapere che i colpevoli appartenevano alla tribù dei Belligeranti, l’etnia più sanguinosa di tutto il regno. Gente pronta a tutto pur di soddisfare il proprio istinto omicida. Suo padre era un esponente della casta dei Pacificatori che si oppone da sempre alla loro crudele condotta. Evidentemente i belligeranti avevano deciso di sferrare l’attacco finale se è vero che avevano osato ucciderne un alto membro, e spiegava anche il perché alcuni di loro la stessero inseguendo: volevano fare piazza pulita una volta per tutte. Nei ultimi due giorni le violenze si erano fatte sempre più frequenti ed erano giunti armigeri dalle divise più disparate a seminare morte e terrore. Allora era fuggita sebbene il primo impulso fu quello di trovare la morte per raggiungere i suoi cari. Il resto Yvor già lo conosceva. “E’ terribile!” mormorò il giovane soldato “non avrei mai pensato di provare tanta rabbia nei confronti dei miei simili. Non è questo il modo in cui mi è stata insegnata l’arte della guerra. La loro sete di atrocità non ha nulla a che vedere con le nobili regole del combattimento. Sono un disonore per tutti i veri soldati. La loro è una cattiva guerra!” “Tutte le guerre sono cattive” disse Cyrè categoricamente “Non parleresti così se avessi conosciuto i grandi condottieri. E comunque non riesco a capire cosa c’entri il grande bagliore in tutto questo” “Nulla. O forse tutto” rispose enigmaticamente “L’ho visto per la prima volta la scorsa notte. Avevo ancora negli occhi le fiamme che divoravano la mia casa. Di colpo le lacrime che appannavano il mio sguardo si tinsero di un colore caldo, intenso. Era come se un rovente crepuscolo si mescolasse al fuoco dell’incendio che continuava a divampare nella mia immaginazione. Non so dirti perchè ma era come se una forza irresistibile mi ordinasse di raggiungere quell’ immenso bagliore. Da quel momento non c’è altra casa che mi chiami a se. Sento che è lì che devo andare ed è forse lì che troverò una risposta a tutte le mie domande” “Credi che possa vederlo anche io?” le domandò Yvor “Possiamo andarci insieme” rispose Cyrè ”Sempre che tu lo voglia ancora” “Non me lo perderei per nulla al mondo” rispose con un sorriso che illuminò i suoi occhi di perla. “Allora è deciso” concluse la fanciulla “sarà per domani notte ” Trascorsero il giorno che li separava dalla misteriosa missione raccontandosi a vicenda l’uno dell’altro. A furia di parlare il giorno se ne andò in quattro e quattro otto ed i due giovani si ritrovarono senza accorgersene alle porte della notte. Ad un tratto Cyrè indicò una parete a strapiombo che si innalzava, tenebrosa, non distante da loro: erano arrivati. Yvor intravide dapprima un tenue chiarore che si faceva sempre più acceso mano a mano che si avvicinavano al fosco versante. La fanciulla lo precedeva di qualche passo e sembrava impaziente di arrivare. Una strana smania le brillava negli occhi. D’improvviso le ombre sui loro volti si rischiararono di una luce quasi irreale: un gigantesco fulgore spargeva ovunque schegge d’oro e ruggine. “Il grande bagliore!” esclamo il guerriero con espressione di stupore “Allora dicevi la verità: esiste davvero!” “Non è magnifico?” domandò Cyrè “Non ho mai visto niente di così meraviglioso!” “Ti devo confidare un segreto” disse Cyrè continuando a fissare quella sconfinata luminosità “Ancora segreti? Se non la smetti finirai per diventare la fanciulla più misteriosa di tutto il regno!” “Ho preso la mia decisione: questa notte stessa raggiungerò il grande bagliore” “Mi sembra un’ottima…che cosa??”_ stralunò Yvor “Sei impazzita? Potrebbe essere pericoloso!” ”Ma non eri tu quello che non aveva paura di niente?” “Non è questo il momento per discutere” “Hai ragione” disse Cyrè “niente discussioni” La fanciulla sembrava essersi davvero persuasa e così il giovane soldato tornò a contemplare il grande bagliore lasciandole per un attimo la mano. E quell’attimo fu fatale. Preso in contropiede osservò la fragile figura scivolargli accanto velocissima come un’ombra di fantasma. “Aspetta, fermati!” le urlò tentando di afferrarla prima che fosse troppo tardi “Torna qui, non fare pazzie!” Si scoprì paralizzato, impossibilitato a muoversi. Cyrè fece finta di non sentirlo o forse non udì davvero la supplica del guerriero persa com’era tra le onde di quel richiamo. Quando la vide muoversi quasi incorporea pensò fosse un angelo. Ma gli angeli devono sempre tornare da dove sono venuti. Non è concesso loro trattenersi oltre il tempo stabilito. Yvor la fissò impotente mentre si avvicinava sempre di più al grande bagliore. Più lei si approssimava e più la sua figura si mescolava ai riflessi d’oro che la misteriosa fonte di luce spandeva attorno. Infine accadde ciò che non sarebbe mai dovuto accadere o che era già scritto che accadesse. Il corpo di Cyrè iniziò a contorcersi, a trasformarsi a poco a poco in altre mille forme sempre più cedevoli, disciolte, decomposte. Yvor non credeva ai propri occhi ma era tutto spaventosamente vero: la fanciulla si stava lentamente sciogliendo. In pochi interminabili attimi Cyrè si era completamente dissolta in una bianco cremoso cumulo di lucente poltiglia.
“Accidenti a te. Peter! Guarda cos’hai combinato” gridò la sorella al fratellino più piccolo “Ti avevo avvertito che non dovevi avvicinare la statuina di cera alla fiamma del focolare. Era la preferita di mamma. Lo sai quanto ci teneva.” “Non l’ho fatto apposta! Promettimi che non dirai niente alla mamma!” la supplicò lo spaventato fanciullo “Tanto lo verrà comunque a sapere. Piuttosto, finché sei in tempo rimetti subito al suo posto quello stupido soldatino, prima di combinarne un’altra!” “Va bene, però ricordati che hai promesso” “D’accordo, ma adesso vai e riponilo dove lo hai preso. Con la mamma ci penso io” “Grazie Betty. D’ora in poi giocherò solo con i miei soldatini. Anche la mia è una promessa” Dopodiché raggiunta la vetrina del salotto l’aprì delicatamente e rimise il piccolo soldato d’avorio là dove era sempre stato negli ultimi trent’anni. Il guerriero non rivide più il grande bagliore. Dietro ai vetri della sua prigione guardava immobile i giorni passare, inesorabili, senza più speranza di tornare libero. Oramai, però, tutto ciò non aveva più importanza. La sua mente abbandonò per sempre l’arte della guerra. Al contrario iniziò a dipingere in mille modi diversi l’immensa luce dove Cyrè era svanita per sempre. La vedeva ballare felice tra le fiamme del grande bagliore circondata dagli sguardi d’amore dei suoi cari. “Danza ancora, Cyrè” ripeteva a se stesso mentre un lieve sorriso illuminava il suo sguardo di perla “Danza la tua gioia: ora sei a casa!”
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Alessandro Cancian
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