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Berenice broadcasting
di Paolo Mazzocchini
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Caro Diario,

oggi sono veramente incazzato. Sai che da giorni mi stavo preparando una relazione per Baraldi, il nuovo prof di filosofia che è (permettimi la rima) il prof più figo che ci sia... non perché sia proprio una gran bellezza (dicono le femmine che è rapato e tarchiato - anche se, secondo me, a confronto con la megera che avevamo prima, più rugosa di una mela mizza, è un Adone), ma, accidenti, sa trasformare la filosofia in un babà, te la fa assaporare come fosse un bigné alla crema e tu ti sorbetti la metafisica di Aristotele con lo stesso godimento dell’ultimo disco dei Rem. Sì, insomma, lui sì che è una gran testa e poi lui non ti spiega soltanto la materia, ma ci ti ci fa fare letteralmente all’amore. Prima ci limona lui sensualmente e poi te la passa quando ormai è bella pronta e calda per farla tua... Perdonami queste metafore erotiche, caro diario, ma mi vengono spontanee, specie se penso per contrasto ai macigni che diventano i miei marroni quando spiegano gli altri prof ...

Dicevo che oggi sono incazzato nero e ne ho ben donde. Dovevo uscire volontario proprio col prof di filosofia, con una relazione sulla felicità nelle scuole ellenistiche. Me l’ero preparata proprio a puntino: avevo letto tutta la lettera sulla felicità di Epicuro a Meneceo. Sai, è la prima volta, proprio con questo prof, che una materia mi piace in sé e per sé, come una bella gnocca, senza secondi fini. Manco del voto mi importa, perché quello, quando una cosa ti piace davvero, ti arriva per forza, come un desiderio approda naturalmente al suo esito quando ti gira nella testa l’immagine di Manuela Arcuri...  Perdonami ancora, esagero sempre col sesso, per via della tempesta ormonale. Devo tornare a bomba, cioè alla mia incazzatura. Ti dicevo: dovevo uscire volontario, se non che ieri all’ultima ora ti entra in classe la bidella Paolina, sì quella bella stagionata ma ancora tutta truccata e ancheggiante e con lo sguardo un po’ perverso; ti piazza sulla cattedra il volumone delle circolari e legge pressappoco quanto segue: Domani sabato 10 marzo le due ultime ore di lezione saranno occupate per le classi terze da due conferenze di orientamento al lavoro. La prima ora il dottor Pinco Pallino illustrerà il quadro degli scambi commerciali nell’era della globalizzazione ecc ecc. Seguirà  nella seconda una conferenza dell’ingegnere Caio Sempronio sulle industrie regionali delle telecomunicazioni ecc ecc Tutti gli alunni sono tenuti a presenziare bla bla bla...  Firmato: il dirigente Cesare Giovinco.

Tutt’intorno si levano grida di esultanza. Pure io per un attimo esulto, perché le due ultime ore del sabato sono letali. Ma poi realizzo, un secondo dopo, che in quelle ore, porca vacca, c’è filosofia, c’è il prof Baraldi e c’è la mia relazione su Epicuro, che preparavo da tre settimane. Sai com’è quando ti prepari: c’è un momento in cui la preparazione arriva al punto giusto, come la barilla in pentola allo scadere dei dieci minuti scritti sulla confezione. Non è che puoi allungarla di tre, quattro o dieci giorni, se no scuoce. Già questo mi ha fatto imbufalire. Anche perché la settimana dopo iniziavano le vacanze di Pasqua e poi c’era la gita e tutto rischiava di andare a puttane fino a maggio. E poi a me delle conferenze di quel rompino del preside Giovinco me ne frega assai: sempre lì a indottrinarci con i suoi amici banchieri e ingegneri, sull’euro, sull’impresa, sulla concorrenza... Sai che me ne fotte a me della concorrenza internazionale: io voglio prendermi la vita con filosofia, proprio con la filosofia che mi insegna il grande prof Baraldi: una calma, placida e godereccia vacanza del pensiero che frulla libera senza meta, come un passero a primavera, intorno ai grandi problemi della vita, dell’essere, del divenire. Che vita è se uno invece la passa sempre ad angosciarsi che la concorrenza gli sta facendo le scarpe, che deve produrre di più, di più, di più, per battere i cinesi. Dannati cinesi! Mi viene l’ulcera solo a pensarci, pure adesso che ho diciassette anni. No, no, non mi piacciono proprio le menate del preside Giovinco. E poi a quelle conferenze uno si addormenta, mentre la mia relazione su Epicuro, quella – te lo confesso, caro diario – mi avrebbe fatto fare subito la mia figura con la Roberta. E sì, caro diario, Robertina, la mia nuova compagna di classe trasferita da poco da noi dallo psico-socio. Uno sballo, un fiore in boccio, caro diario. Un bocconcino delizioso, un viso d’angelo circondato da un’aureola di capelli neri, due seni colmi che affiorano come delicate mozzarelle sotto la maglietta ed esplodono sopra un vitino di vespa. E poi la pelle bianca e tenera del collo e quegli occhioni verdi che ti bevono lo sguardo come il mare d’estate beve la luce del sole. Caro diario, divento pure un poeta a parlare della Roberta. Se ci metti pure che è brava in filosofia, capirai perché ci tenevo tanto ad incantarla subito colla mia relazione su Epicuro.

Sì, insomma – tornando a bomba- già ieri avevo buoni motivi per essere preventivamente incazzato. Ma oggi ne ho avuti purtroppo ancora di più.

Alla quarta ora il prof Baraldi, con un disappunto che faceva pure lui fatica a nascondere, ci conduce, come da circolare, in aula magna. Io arranco fra gli ultimi, perché me la prendo sempre comoda a fine ricreazione, lento come sono a finire la pizza gommosa che ci passa il convento. E già qui ho sbagliato a prendermela comoda, perché mi sono perso l’occasione di infilarmi tra le prime linee dove si è messa la Roberta. Pazienza: da lontano, dal ‘loggione’ – come chiamiamo noi studenti l’ultima fila rialzata delle seggiole dell’aula magna – la guardo mentre dolcemente ascolta e amabilmente sorride a destra e a manca, ma specialmente a quel testa di minchia di Gulli, spaccone sedicente strapazzafemmine che si è seduto con lestezza vicino a lei. Già questo mi fa girare tremendamente gli epididimi.

Passano cinque minuti: intorno il chiasso monta. Improvvisamente si fa silenzio: il preside Giovinco sbuca dalla porta di servizio seguito da due signori distinti, uno di mezza età, brizzolato, vestito sportivo e griffato; l’altro anzianotto, sulla settantina avanzata, giacca e cravatta, capelli neri tinti, lisciati e imbrillantati come se una vacca glieli avesse leccati da poco. Il preside, con loro, è tutto salamelecchi sdilinquiti. Li fa accomodare al tavolo dei conferenzieri, si premura lui stesso di accendergli il microfono, ordina con gli occhi al tecnico Reginaldo di armeggiare attorno al computer dal quale si proiettano le immagini sullo schermo gigante. Prende per primo lui stesso la parola:

«Cari alunni e insegnanti qui presenti ho l’onore di presentarvi i due illustri ospiti di oggi bla bla  bla... ci intratterranno su due argomenti importantissimi per il vostro futuro professionale: i commerci internazionali dell’era globale e l’organizzazione del lavoro nell’industria attuale. Vi prego per la massima attenzione, perché questa è un’occasione formativa eccezionale bla bla bla...».

Giovinco parla sempre come se noi studenti dovessimo tutti quanti diventare dei manager o degli impresari. Non gli passa nemmeno per la testa che molti di noi, con tutto che avranno la laurea, finiranno disoccupati o al massimo a fare i precari in qualche call center o i commessi in qualche pizzeria, come succede già a diversi miei amici più grandi. E finge pure di ignorare che altri, come il sottoscritto, con l’industria e il commercio non vogliono proprio averci niente a che fare, perché io voglio dedicarmi al libero pensiero, imbucarmi magari in qualche biblioteca o fare, come il grande Baraldi, il professore di liceo...

«Il metano – blatera il signore distinto e griffato – arriva in Europa occidentale attraverso grandi metanodotti che attraversano le steppe della Russia centro-meridionale» ed accompagna sulla carta geografica quel tragitto così lungo e per me quasi favoloso con il rapido zig zag di un minuscolo indicatore luminoso.

«Basterebbe una crisi internazionale e i rubinetti del gas si potrebbero chiudere – continua il griffato-  con conseguenze immaginabili per la nostra economia e la nostra vita quotidiana ».

A quelle parole mi sento percorrere da un brivido non so se di sonno incipiente per l’ora un po’tarda che ho fatto la sera prima, oppure di freddo al pensiero della crisi metanifera...

«Ma niente paura – riprende il brizzolato griffato – che il boicottaggio del gas, come quella del petrolio è un’arma a doppio taglio ed i paesi fornitori ci penseranno due volte prima di utilizzarla»

Meno male, ho pensato, perché io al calduccio dei termosifoni d’inverno ci rinuncio mal volentieri. E così, pensando al tepore dei termosifoni a metano e alle fredde steppe della Russia centrale, mi distendo sulla poltroncina e fatalmente mi appisolo....

« Applaudiamo e ringraziamo il dottor Pinco Pallino per la chiarissima esposizione che ci ha offerto». La voce squillante del preside Giovinco mi scuote dal dormiveglia. Tutti applaudono, non capisco perché, forse perché credono che la conferenza sia finita. Lontano, nelle prime file, metto a fuoco la testa di minchia biondastra e zazzeruta di Gulli che continua a volgersi, mentre applaude anche lui calorosamente, verso la mia Robertina. Ricomincio a rodermi un po’.

«E adesso – riprende lesto e sorridente Giovinco -  l’ingegner Caio Sempronio ci illustrerà il funzionamento di un’industria moderna di telecomunicazioni e lo farà partendo dalla sua esperienza professionale presso la Berenice Broadcasting».

Berenice Broadcasting: quel nome non mi era nuovo. L’avevo letto da qualche parte. Era una ditta della zona, sicuramente.

Il vecchietto tutto azzimato tira fuori dalla borsa un voluminoso pacchetto di dépliant verde-pisello e fa cenno a Reginaldo di distribuirli tra di noi.

«L’azienda di cui vi parlerò, la Berenice Broadcasting, ha avuto l’onore di avermi tra i suoi dipendenti per vent’anni, prima che andassi in pensione. e tuttora siedo nel suo consiglio di amministrazione. Perciò potrò parlarvene con cognizione di causa ».

Dipendente, consiglio di amministrazione: hai capito il vecchietto? Era venuto a farci una bella marchetta della Berenice, altro che illustraci il funzionamento di un’azienda moderna!

Giro gli occhi verso Baraldi e lo vedo contrariato, che si passa nervosamente la mano destra sulla testa rapata, e poi lo osservo cercare significativamente con lo sguardo un po’intorbidito il suo collega della terza B che siede due file dietro di lui. Ha evidentemente mangiato anche lui subito la foglia. Dunque Giovinco ci aveva fatto perdere due ore di scuola – e di filosofia, per giunta - per farci assistere ad un megaspot pubblicitario della Berenice Broadcasting! E perché mai?

Apro il depliant che mi hanno passato: le immagini che ci sono dentro corrispondono, tutte, a quelle che il vecchietto fa scorrere una dopo l’altra, con letale puntiglio, sul megaschermo luminoso e commenta con una dizione lenta e scandita: ufficio del personale, ufficio rapporti con l’estero; laboratorio software bla bla bla. Tutta l’aula magna è avvolta nella tinta verdognola fantascientifica che promana dallo schermo e attraversa la penombra della sala.

Svolgo il dépliant che ho tra le mani e nell’ultima pagina leggo che la Berenice Broadcasting è sponsor e finanziatrice delle maggiori realtà scolastiche del territorio. E sotto c’è il nome anche del nostro liceo! Ecco dove avevo visto quel nome: sicuramente nei manifesti della nostra scuola che sono appiccicati ormai a tutti muri della città. Ma no, non solo lì: anche sulle magliette che tre anni fa ci hanno regalato quando, da sprovveduti sbarbatelli di terza media, siamo venuti a visitare il liceo per l’orientamento! Ecco svelato il mistero, caro preside Giovinco! Tu ci tieni qui per due ore di lezione ad assistere alle marchette dei tuoi fottutissimi sponsor. Bene, bene. A questo punto, non so perché, caro diario, ma mi prende irrefrenabile il desiderio di accartocciare il dépliant che ho in mano; ma poi guardo la Roberta giù, in prima fila, e la nuvola dei suoi capelli. E il Gulli che intanto ha allungato il braccetto insinuante fino a metà della spalliera della sedia ove ella siede. Allora tiro fuori il cellulare. Apro sul numero della Roby e digito un messaggino in anglo-latino: cave Gullim; I’m your real love, memento. Lo invio e attendo qualche secondo. Nessuna risposta e nessun segnale dalla mia bella musa. Lei è sempre là che parlotta con aria non proprio dispiaciuta con quel bellimbusto di Gulli e quello ha ormai pericolosamente avvinto con tutto il braccio la spalliera della sua sedia. Accidenti, che fare? Mi viene in mente allora una capacità che da piccolo ero bravissimo a sfruttare: gli aerei di carta. Prendo il dépliant della Berenice, comincio a piegarlo a dovere da un lato, poi dall’altro e in men che non si dica ecco un bel  missile appuntito, con tanto di alettoni posteriori regolabili. Poi arrotondo gli angoli esterni del bolide in modo da dare più o meno al tutto la sagoma di un cuore e sopra le ali scrivo a caratteri cubitali LOVE YOU FOR EVER BY RAFFY P. Afferro l’aereo per la chiglia di carta patinata, alzo la mano destra dietro l’orecchio per dare la spinta necessaria e lancio con tutta la forza che ho l’aereo mirando verso quella nuvola di capelli neri...

Ahimé: la traiettoria, prima ben indirizzata al bersaglio, subisce una deviazione, come per un fatale colpo d’aria. Il missile comincia a roteare pericolosamente verso destra, proprio verso il tavolo dei conferenzieri e plana dritto dritto davanti al naso del preside Giovinco. Tutti vedono e ridono. Quello raccoglie l’aeroplano e legge il messaggio, mentre le guance gli si fanno paonazze. Non capisce un gran che d’inglese, ma abbastanza per realizzare che il lanciatore ero io, Raffaele Paladini della terza A. Apriti cielo. Dopo la conferenza mi fa subito convocare in presidenza: due giorni di sospensione per il “disdoro arrecato all’immagine dell’istituto durante una lezione a classi aperte di alta valenza formativa”! A me, il ragazzo più tranquillo, studioso e disciplinato del liceo! E proprio durante una spudorata marchetta del suo amico, altro che lezione di alta valenza formativa! E dire che proprio ieri, a quell’ora, avrei dovuto fare la mia figura con Baraldi e affascinare la mia Robertina dissertando su Epicuro! E poi, mentre uscivo nero dalla rabbia dalla presidenza, mi sono pure visto passare davanti al naso quella faccia di bronzo di Gulli che mi guardava con maligna strafottenza.

Proprio una giornataccia, caro diario!

© Paolo Mazzocchini





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