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C'era una volta, tanto tempo fa nel lontano 2010, una città non molto grande, ma nemmeno troppo piccola, che aveva un nome normale come tante altre città di quei tempi. In quella città però c'era della gente un po' strana che si vestiva in modo strano, con magliette e pantaloni colorati, capelli corti, faccia senza trucco. Andavano in giro così, come l'arcobaleno, ascoltavano musica strana in luoghi strani pieni di luci. Sembravano sempre tutti felici e contenti anche se non era vero. Di giorno prendevano il sole per abbronzarsi e di notte nessuno pensava mai di uscire a prendere la luna per rilassarsi. Infatti in quella città la luna era triste e a volte si nascondeva dietro alle nuvole e piangeva. Dovete sapere infatti che gli abitanti colorati di quella città avevano tutti le stesse abitudini e non appena la luna si affacciava nel cielo, loro andavano a dormire. Non se ne capiva il motivo.
Un bel giorno, che poi a dir la verità pioveva quindi non era un bel giorno perché alla gente colorata la pioggia di solito non piace, dicevo un bel giorno due abitanti di quella città si stufarono di tutte quelle stranezze e se ne andarono via. Fu così che arrivarono a Paperottolandia. Se chiedete in giro, di Paperottolandia non riuscirete a sapere niente perché quasi nessuno ci è mai stato. Non si sa dove sia, forse non esiste, e comunque nessuno di quelli che l'hanno cercata è mai tornato nella città strana col nome normale e la gente colorata per raccontarlo. Così ve lo racconto io.
Per arrivare a Paperottolandia si può fare qualsiasi strada, tanto non fa nessuna differenza. Un po' come il detto: "Tutte le strade portano a Roma". Il problema è che quasi tutti quando arrivano non se ne accorgono e vanno avanti, avanti, camminano, sbuffano si perdono e poi si stufano e sbraitano e alla fine tornano indietro. Tornando indietro attraversano di nuovo Paperottolandia, ma se non l'hanno vista all'andata che la stavano cercando, figuriamoci al ritorno che sono stanchi e arrabbiati.
Paperottolandia non la vedi perché non c'è, bisogna crearla. Più precisamente, c'è in ogni luogo e in ogni momento, ma solo per chi vuole veramente che ci sia. E per andarci non c'è bisogno di camminare in lungo e in largo, basta camminare col pensiero che però a volte è più difficile e ci si stanca prima di capire quanto lontano potrebbe portarci.
I nostri due amici ci arrivarono un giorno come tanti altri e non se ne andarono più. Avevano sempre desiderato un luogo tutto fatto di paperottolosità, come si chiamavano lì. In quel luogo ogni cosa ha un senso; anche le cose insensate hanno il senso del non-senso che le rende meravigliose più delle altre. A Paperottolandia i pensieri valgono come le parole, le parole vengono sostituite dagli sguardi e i sogni sono considerati come un'anticipazione della realtà. Lì le cose e gli oggetti hanno tutta una serie di significati appiccicati addosso, di quel tipo di significati che di solito i genitori ti staccano e buttano via perché sono infantili "mentre tu sei grande quindi pensa a studiare invece di perdere tempo a inventare sciocchezze".
A Paperottolandia nessuno butta via niente perché non ci sono i cestini e perché non c'è nemmeno la strada per buttar la roba in strada alla faccia del "tieni pulita la tua città". Se vivi a Paperottolandia, le cose non le butti via perché se non sono adatte se ne vanno da sole, non nel senso che spariscono, ma nel senso che non sei obbligato tu a farle esistere dentro di te. Paperottolandia è una città pulita e ordinata anche se c'è un sacco di roba in giro, senza una logica e senza regole. E' bellissimo.
A Paperottolandia ci puoi andare quando vuoi per tutto il tempo che vuoi e con chi vuoi - anche se non è vero del tutto, per via di quel problema che molti non si accorgono di esserci dentro e quindi è come se non ci fossero stati per niente. Ma i nostri due amici, che poi non erano amici ma molto di più e nemmeno fidanzati ma molto di più, insomma erano loro due in una parola sola che per fare un esempio è come dire CAPPUCCINO invece di stare a specificare CAFFE' + LATTE, beh stavo cercando di dire, prima che perdiate il filo, che loro erano paperottolosi di natura e a Paperottolandia ci si trovarono così bene che ci passarono moltissimo tempo. Gli altri non sempre se ne rendevano conto, ma per loro non aveva importanza così come a due delfini che giocano in una vasca non importa proprio nulla di esser presi per pesci dai bambini che li guardano sporgendosi sul bordo.
Se vi capita di incontrare quei due seduti in un bar, appallottolati uno con l'altro e vi sembra che siano in un altro mondo, state certi che è proprio così. Probabilmente stanno giocando a mamma orsa e l'orsetto, oppure ai cuccioli che si leccano la faccia l'un l'altro perché da soli non riescono, o ancora stanno progettando un nuovo modo per comunicare senza usare parole di senso compiuto.
Se vi capita di vederli per strada mano nella mano, che si fermano davanti ad ogni vetrina per specchiarsi nel vetro e non per guardare i vestiti sui manichini, state certi che stanno camminando su quella strada solo in un certo senso. Perché in un certo altro senso sono lontanissimi da tutto ciò che può essere descritto a parole e vicinissimi a ciò che invece di descrivere è meglio sperimentare.
Fate un giro a Paperottolandia e capirete di che parlo.
Fateci solo un giro e non potrete più farne a meno.
©
Debora Gatelli
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