Che cosa stai facendo?
Sto aspettando che abbocchi! – Disse il pescatore al bambino sui nove anni, con lo sguardo saputello e la felpa verde, che gli stava davanti. Sembrava curioso, ma non era tutto lì. Aveva un timbro di voce prossima al pianto. L’atmosfera del luogo sembrava immota, in quel meriggio, rischiarata dalla luce che filtrava tra i rami delle grandi querce secolari. Sprazzi di luce, che disegnavano strane ombre sui due soli personaggi umani che quel mattino si erano dati appuntamento senza veramente saperlo. Se ne rimanevano lì, come in attesa, nel ribollire frenetico del fiume e nel canto sfasato degli uccelli, ben nascosti tra le chiome folte degli alberi.
Il sole di mezzogiorno era una palla arancione sospesa su quell’angolo di mondo, ogni tanto, in lontananza giungeva l’abbaiare di un cane e qualche momento dopo il verso di un passero ciarliero.
Il fiume, ingrossato al punto quasi da mettere soggezione, gorgogliava allegramente mentre Maggio cedeva il passo ad un Giugno particolarmente mite. Tutto sembrava a posto, ogni tassello nella giusta fessura, niente lasciava precludere che ovunque si possono manifestare episodi straordinari, anche a due passi da casa nostra. Nessuno ci pensa mai in quel senso, cerchiamo gli avvenimenti eccezionali lontano, senza vedere quelli che stanno sotto il nostro naso. Ma quante cose meravigliose può nascondere il cortile sotto casa, se c'incontri le persone giuste! O il canneto sul greto del fiume, quando, senza aspettartelo, scorgi un nido nascosto con dei pulcini implumi dentro. Quanto mistero può esserci intorno e dentro di te! Ce n’è più di quanto un cuore possa sopportare.
Che cosa dovrebbe abboccare? – Chiese il ragazzo, avvicinandosi guardingo, tanto da sentirne il respiro affannato, come dopo una lunga corsa. E proprio questo aveva fatto, correre con le ali ai piedi per sfuggire a dei monelli che volevano picchiarlo. Ma aveva dalla sua che era magro e che correva come il vento, quando le cose si mettevano al peggio. E, quando si accosciò in riva al fiume, si sorprese a pensare che la scuola era quasi finita, gli impegni rinviati al nuovo anno, e non sembravano solo tre mesi prima della riapertura, perché un bambino basa il proprio calendario su parametri speciali, in realtà quelle vacanze sembravano lunghe più della somma dei loro giorni.
Il Pesce Desiderio! - Lasciò cadere lì il pescatore, come per caso, alla domanda di poco prima, come se fosse la risposta più naturale del mondo. Nonostante il suo viso burbero, la voce aveva una cadenza piacevole che il bambino sarebbe rimasto ad ascoltare per ore, una voce che ti metteva in pace con te stesso, facendoti dimenticare tutto l’inutile tramestio delle guerre in atto, piccole e grandi intorno a noi. Dello scontento dei popoli, delle acerrime lotte tra vicini di casa per un banale posto macchina.
E cos’è? – Curiosità nella vocina ma, come un annegato sul pelo dell’acqua, faceva capolino un po’ di paura. Circospezione di fronte a quello sconosciuto che sembrava leggergli nel pensiero. Una sensazione irreale, come di essere fuori del mondo, lo colpì, facendogli tintinnare perfino i denti. Qualcosa nella voce dell’uomo gli incuteva riverenza. Un’occhiata veloce al suo viso per convincersi che non aveva niente da temere, anche se in quell’angolo di mondo si avventuravano poche persone. Un luogo che il bambino aveva scoperto per caso, un giorno, dopo aver litigato col padre, era quasi scivolato su quel greto passando tra due alberi ricurvi sul pelo dell’acqua. Quel giorno era arrivato quasi ad annegare. Che cosa fosse a dargli una tale sicurezza non avrebbe saputo spiegarlo, ma era come una sensazione. Come quella di indovinare cosa ci sarà a pranzo, quando sei ancora a chilometri da casa.
Vuoi proprio saperlo? – Sembrava compiaciuto, dalla curiosità del fanciullo, quell’uomo alto con gli occhi azzurri. I suoi occhi sembravano quasi irradiare in un mattino che si era presentato non diverso dagli altri. Anche se il silenzio di quel luogo sembrava irreale, e ti riconduceva a favole sentite quando eri così piccolo, da tapparti le orecchie per non ascoltare le parti più cruente, della storia dell’uomo perdutosi nel bosco. Ma quanta voglia di sapere un attimo dopo! Come se il coraggio fosse arrivato in groppa ad un nobile destriero e ti avesse preso per mano conducendoti nel suo mondo. Dove l’orizzonte è cielo e l’alba imminente.
Il bambino annuì. I suoi occhi, del verde scuro delle piante del sottobosco, celavano tempeste profonde, dove si dibatteva la sua anima.
Devi sapere – cominciò il pescatore, con le mani nodose ben ferme sulla canna che vibrava debolmente – che il Pesce Desiderio vive da sempre in questo fiume. Ha cercato di pescarlo mio nonno, poi mio padre, e infine io.
Ci sono riusciti? – Chiese il bambino, ormai incuriosito oltre l’inverosimile. I suoi occhi brillavano d'eccitazione repressa, diventando a tratti quasi neri. Con la voglia di curiosare d'ogni bambino, si era dimenticato che nessuno sapeva di quel luogo e di dove si trovasse in quel momento. Poteva succedergli qualcosa di molto spiacevole, e nessuno sarebbe venuto a cercarlo. Se ne leggeva spesso sul giornale, di ragazzi allontanatisi dalla strada maestra per finire nella tana del lupo. Sospettava che anche suo padre ignorasse quel luogo segreto, lui che si vantava di conoscere la zona palmo a palmo.
Tutti, prima o poi, pescano il loro Pesce Desiderio.
E a cosa assomiglia? – Volle sapere ancora il bambino, intendendo a quale altro pesce sulla faccia della terra assomigliasse, con quella razza di nome che non aveva mai sentito prima.
Assomiglia ad un bel sogno. Quello che ogni uomo fa nel corso della sua vita, ciò che tiene seppellito nel profondo del cuore o che tiene giù in fondo a un cassetto. E’ il sogno, ragazzo mio, un portento che speri sempre si avveri. Tu non hai un tuo desiderio nascosto nelle pieghe della mente?
Ancorato così in profondità da celarlo anche a quelli che ti vogliono bene?
Il bambino alzò il visetto, con gli occhi di giaietto, a guardare meglio in quelli dell’uomo schivo che gli stava confessando qualcosa d'incomprensibile, quasi. L’uomo che parlava in modo strano. Si stava parlando di pesci, per la miseria!
Hai mai sognato di desiderare qualcosa d'irraggiungibile? – Continuò il pescatore, sostenendo il suo sguardo candido come un giglio, adesso, che ci si stava addentrando in un territorio per lui sconosciuto, aveva qualche tentennamento.
Io? – Fece, toccandosi il petto - Forse, ma non so se posso dirlo a te. Mio padre dice sempre di non parlare agli sconosciuti. Che a volte possono essere dei malintenzionati.
Tuo padre ha perfettamente ragione, e non sei obbligato a rispondere, se non vuoi – ma si vedeva dagli occhi del ragazzino che avrebbe voluto rispondere che si portava dietro un segreto. Che voleva scrollarsi di dosso qualcosa che cercava di soffocarlo, durante le lunghe notti insonni, nel suo lettino immenso come una landa desolata.
Potresti far tornare indietro una persona morta? – Finalmente disse, come se prima avesse avuto bisogno di andare a pescare il coraggio in qualche anfratto tortuoso, dove è difficile avventurarsi anche per un adulto. Dove se non stai attento c’è il rischio di spezzarsi il cuore.
Il pescatore non fiatò, mentre il bambino sembrava pendere dalle sue labbra, ormai completamente rapito. Le sue guance erano rosse per l’eccitazione, e le mani avevano smesso perfino di lanciare quei piccoli sassi, sul pelo dell’acqua, che stava lanciando un momento prima.
Ce ne sono intorno a noi, anche se non li riesci a vedere.
Dici davvero? – Era come se non riuscisse a crederci, come se una parte di sé non volesse farlo. Per paura forse, o per la strana sensazione che abbiamo di essere spiati da entità invisibili che un tempo abbiamo conosciuto e profondamente amato. Ti giri per casa e quella paura di essere osservato non ti abbandona, cresce anzi, integrandosi nelle tue giornate.
Allora è questo il tuo sogno! Visto? Anche tu nutri nel cuore una speranza.
Vorrei vederla ancora una volta, per dirle il bene che le voglio – disse d' un fiato. Senza per questo specificare a chi si stesse riferendo.
Il pescatore lasciò trascorrere qualche tempo, armeggiando con un’arrugginita scatoletta di latta, prelevò un’esca, qualcosa di rosa che posizionò sull’amo, quindi lanciò la lenza, talmente lontano da non riuscire più a vederla. Sottile filo simile a capelli d’oro o lucente come bava di lumaca, se ne stava in quell’acqua chiara come la cosa più naturale del mondo. Al bambino sembrò un tempo infinito, come l’inverno che a volte si protraeva più del consueto e lo lasciava a guardare il mondo attraverso lo spesso strato di vetro della finestra in cucina, dove il tepore era confortevole. Ma cosa avrebbe pagato perché fosse già primavera!
Con infinita pazienza, il pescatore aspettò che fosse il bambino a parlare.
Potresti far tornare la nonna? Non sono riuscito a dirle un’ultima cosa.
Non c’è bisogno che sia io a farla tornare perché è già dentro il tuo cuore, la senti nel battito o alzando gli occhi al cielo, quando credi di vedere una farfalla che si posa su un ramo in fiore. E’ lei che vedi. O mentre guardi i prati rossi di papaveri e primule a primavera. C’è lei dentro i fiocchi che cadono a Gennaio o quando piangi nel cuore della notte senza sapere perché.
Dici davvero? E posso parlarle come sto facendo adesso con te? E come faccio a sapere, che è proprio lei? - La raffica di domande si sarebbe protratta oltre se il pescatore non fosse intervenuto ad interrompere la sequela di quesiti.
Si mise il dito indice davanti alle labbra e continuò ad armeggiare con le sue esche, tanto che il bambino sospettava di averlo irritato. Dopo un poco alzò la testa e gli disse:
- A suo tempo lo capirai, parlale e ti ascolterà, raccontale i tuoi dubbi e ti scivoleranno dalla mente come olio su un’asse di legno. Giungeranno a lei dovunque si trovi.
Posso dirle perfino perché non sono andato al suo funerale? E perché mi sono nascosto, quando l’ho vista sul letto, mentre stava morendo? Avevo paura, lei era magra e l’odore della sua malattia era come un cappotto pesante e scuro, avevo paura che lei mi guardasse negli occhi e capisse dal mio sguardo che stava veramente morendo – confessò infine, abbassando gli occhi come per una forma di pudore che solo in un bambino fa tenerezza – paura di farmi vedere come un lattante che frigna. Se mi avesse chiesto di avvicinarmi, io……
Il pescatore aveva una vaga idea, quasi la certezza, che il bambino si portasse dietro quel fardello da parecchio tempo e che adesso fosse ora di scaricarne il contenuto.
Certo, potrai dirle ognuna di queste cose, ma credo che ti stia già ascoltando. Non senti anche tu che il vento si è fermato, come in ascolto? Parlale adesso. Dille il bene che le vuoi, anche se già lo sa.
Ti voglio bene! – Disse il bambino, rivolto al cielo. E le sue parole sembrarono viaggiare sulle ali del vento, su un treno speciale che unisce noi che restiamo con quelli che vanno. Un mezzo di locomozione speciale, adatto solo a chi ha il cuore pieno d’amore, senza per questo cadere nella solita retorica trita e ritrita.
Un sibilo giunse da lontano, come il ronzio di un’ape o le poche note di un’arpa. Oppure onde a bassa frequenza, di quelle che solo gli animali riescono a sentire, o le persone che hanno particolari percezioni.
Forse il messaggio era andato in porto, forse no. Ma in questi casi non resta che sperare.
Si riparò gli occhi con una mano, perché il riverbero era accecante, quasi gli impediva di vedere in volto l’uomo che prima gli era sembrato seduto in riva al fiume, nei suoi sformati pantaloni verdi e il giubbotto marrone. L’uomo dallo sguardo inafferrabile, quello dalla dolce cadenza mediterranea. Lo stesso che gli aveva offerto una strada nuova sulla quale arrancare, adesso che tutte le altre erano impraticabili. Il pescatore dalle forti mani, ma capace di posizionare un’esca con la grazia di un Angelo.
Adesso gli sembrava che avesse cambiato posizione, perché il sole gli impediva di vedere. C’era poi una fastidiosa gibigianna che gli trapassava lo sguardo, partendo da una scheggia di vetro in riva al fiume.
Da lontano, sembrava un enorme pezzo d’oro.
Cambiò posizione, non sentendo più neanche la voce del pescatore.
Lo cercò invano con lo sguardo, vide un pesce saltare sul pelo dell’acqua, ne restò affascinato, un enorme pesce argentato e poi scomparire.
Corse nell’altra direzione e guardò ancora verso il fiume, verde in quel periodo per la foresta lussureggiante di vegetazione, ma non vide che un arcobaleno dove prima c’era stato il pesce.
E pensò alla metafora del pescatore.
I sogni sono desideri, è vero, e a volte si possono realizzare.
Si sentiva rinato, come chi avesse portato a termine una missione in territorio sconosciuto, e ne fosse venuto fuori ripulito.