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Varenne, ormai in pensione, si alzava in tarda mattinata.
La sua signora gli portava gli zoccoli da casa, a letto, col giornale delle corse.
Appena smesso di gareggiare, il fenomeno equino aveva cominciato a trascorrere lunghe giornate in stalla a ricordare questo o quel guizzo che aveva infiammato gli ubriaconi di mezza europa.
La fatica non era che iniziata.
Il duro lavoro della monta ripetuta e insistita per generare nuovi scattanti varennini lo spossava oltremodo di più che vincere il Grand Prix d’Amerique.
Era diventato brontolone e esigente: “iiiiiiihhh-nvece di comprare la biada compra il fieno che costa meno!” diceva a sua moglie, che oltre a sopportare il viavai di puledre, doveva anche fare la spesa.
Dopo aver vinto quasi nove miliardi, si ritrovava in una situazione di difficoltà.
Aveva investimenti al Monte dei Paschi di Siena, notoriamente non adatti a un cavallo.
Era stufo del sesso, ma anche di sua moglie.
Avrebbe voluto una storia romantica, ma tutte quelle che si avvicinavano a lui lo facevano per interesse.
Ci si innamorava solo tra famosi, di questo ne era certo.
Ma lui era un animale schivo.
Non era andato nemmeno alla festa per i sessant’anni di Lessie.
Si trovava poco a proprio agio con la criniera brizzolata.
Trottava distrattamente, quando vide un cartello: “ I° Premio amatoriale Vecchio Nitrito”.
Capì.
Capì che non poteva vivere senza gare.
Si segnò come Aurelienne.
Generalità: cavallo da carrozza. Segni particolari: veloce in discesa.
Al via sentì di nuovo la scossa.
Poco importava se gli avversari erano ronzini.
Superarsi, superare gli altri, tagliare il traguardo solitario.
Sollevare al cielo il cesto di carrubi in palio al primo classificato.
Partì col freno a mano tirato e stava già in testa di tre lunghezze; alla prima curva seminò tutti gli avversari.
La brezza fresca che ti scorre sulla groppa.
Pensò a se stesso, al senso di vincere quella corsa.
Non sarebbe stato mai più un porno-pensionato.
Ne fu perfettamente cosciente.
La vittoria non si conquista al traguardo.
Vide con la coda dell’occhio un viottolo di campagna.
Lo imboccò a tutta birra e scomparve all’orizzonte.
©
Flavio Carbone
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