Con passi veloci e l'aria fresca del mattino che mi riempie i polmoni ad ogni respiro profondo che faccio nella corsa contro il tempo, mi dirigo verso la fermata. Sempre con un occhio attento sulla strada, cercando in mezzo al traffico la sagoma inconfondibile del mezzo che mi porterà, come tutti i giorni, in viaggio. Il respiro rallenta appena sento la panchina sotto il corpo ancora teso e mi rilasso nella piacevole attesa, i piedi immersi nel tappeto di foglie secche e la sciarpa stretta intorno al collo.
Rallentato dal peso e dalle strade piene di curve, passaggi a livello e incroci, si avvicina con un rumore familiare e rassicurante e si ferma obbediente davanti ai miei piedi. Il saluto caloroso dell'autista e delle persone presenti aiuta molto a scaldare l'aria e l'anima in una giornata già fredda di Ottobre e dopo aver passato brevemente in rassegna i viaggiatori del mattino, abituali o nuovi, giovani o anziani, poco svegli o attenti, svogliati o pronti ad affrontare il nuovo giorno. Scelgo un posto accanto ad una signora attempata, con lo sguardo perso e le mani giunte in grembo. Chi sa se si tratta solo di malinconia oppure sta pensando al tragitto da fare, si è persa nella miriade dei ricordi o è solo stanca? Sono inevitabili questi pensieri, perché in autobus si viaggia insieme, s'incontrano persone diverse da tanti punti di vista, si scambiano esperienza di vita e si legano amicizie. Tutti i viaggiatori sono estranei ma sono obbligati a stare insieme per un percorso breve o lungo e senza neanche rendersene conto, almeno non sempre, cominciano a conoscersi meglio un po' alla volta, giorno per giorno, tirando fuori con leggerezza, imbarazzo o passione storie, pensieri e impressioni personali.
Viaggiare in autobus è un gesto naturale, quotidiano. Ci sono studenti, allegri e rumorosi, che parlano dei problemi della loro età, di ripetizioni, interrogazioni e compiti; muratori e carpentieri diretti al cantiere, impiegati e negozianti riflettono con tono a volte pacato a volte tumultuoso sui cambiamenti frenetici dell'economia; casalinghe accomodate sui sedili come in un salotto, intente a scoprire le migliori offerte del momento o il segreto del bucato perfetto; pensionati silenziosi che si svegliano dalla contemplazione del loro piccolo mondo interiore o quello esterno, troppo grande ormai per loro, per offrirti un sereno e sincero sorriso accompagnato da un tono ed un linguaggio semplice ed antico e, magari, da con un consiglio prezioso: "Copriti prima di scendere, che fa freddo".
Ogni giorno gli autobus tessono una capillare rete di linee che penetrano nel profondo della città o delle periferie, solcando a velocità moderata le vie e viuzze intrecciate a marciapiedi, abitazioni, negozi e pedoni. Scoprire il mondo dalle vetrate di un autobus significa, innanzitutto, rallentare, entrare in contatto con altri viaggiatori e con la gente del posto; riscoprire il gusto di guardare fuori dal finestrino, liberi dalla tensione per la guida e di assaporare ogni scorcio che si apre lungo il percorso, vialetti nascosti dagli alberi, angoletti deliziosi mai visti prima per fretta o per distrazione, misteriosi panorami su case d'epoca dalle facciate trasandate che raccontano, ciascuna, un pezzo di storia perduto.
Il via vai di persone che scendono e salgono a ogni fermata mi ricorda dell'avvicinarsi della mia destinazione e, a malincuore, torno alla realtà. Eppure percepisco ancora l'effetto che fa stare immobili sul sedile, pazientare, riflettere ed imparare a concentrarsi sui dettagli. Dettagli che cambiano a seconda del punto di vista, osservando le cose, le persone, le azioni, le reazioni, gli intenti e le conseguenze. Dettagli resi possibili dal conducente, che ci porta tutti a destinazione guidando per noi senza fretta, senza ansia d'arrivo e di partenza - un misto di lentezza, comodità, sicurezza ed equilibrio.
Un altro saluto, ugualmente pieno di calore familiare, alla separazione dal mondo viaggiatore e un "alla prossima" e "ci vediamo domani", inconfondibile ed irripetibile. Impossibile su qualsiasi altro mezzo di locomozione. Mentre rimango ancora ferma per un po' sul marciapiede, per riprendermi dal sogno e riconnettermi ai ritmi caotici delle innumerevoli richieste della vita quotidiana, la "silhouette" bianca del veicolo e quel rumore che so riconoscere così bene anche da grandi distanze, si disperdono e mi lasciano sola.