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Lolita
di Vladimir Nabokov
Pubblicato su SITO


Anno 1996- Adelphi
Prezzo € 8- 395pp.
ISBN 884591254

Una recensione di Alessia Marelli
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 Lolita

Se esiste un libro più erroneamente citato e più incompreso di tutti è proprio il grande romanzo dello scrittore russo Vladimir Nabokov, "Lolita". Si racconta la tragica vicenda del professor Humbert, francese ma trasferitosi negli Stati Uniti nel secondo dopoguerra e del sua distruttiva (per se stesso e per gli altri) passione per la dodicenne Lolita, figlia maliziosa di una vedova del New England che durante l'estate del 1947 accoglie come ospite pagante il colto ma ambiguo professor Humbert. Lolita, con la sua acerba carica seducente da adolescente e il comportamento ora sfrontato ora innocente, riporta alla memoria dello sprovveduto professore europeo un suo antico e infelice amore, facendogli inconsapevolmente perdergli la testa. Purtroppo le difficoltà che il nostro protagonista ha di fronte a sè per coronare il suo sogno e unirsi alla sua giovanissima anima gemella sono ovviamente enormi: la sua singolare personalità, il suo animo dilaniato dai sensi di colpa per il suo amore scandaloso verso la “ninfetta” a lui proibita, ma sempre più divorato dalla sua insana passione che non conosce requie, la sua incredibile gelosia e, ovviamente, la società che lo circonda che lo vorrebbe morto piuttosto che vederlo soddisfare le sue insane pulsioni. Humbert, controllato ma disturbato, solo apparentemente furbo, spinto solamente da un forte desiderio, prepara nel suo breve soggiorno in casa di Lolita, una serie di comici e rocamboleschi espedienti per conquistare il suo lontano oggetto dei desideri, per raggiungerlo, vederlo o toccarlo seppur di sfuggita, mantenendo intatta la sua apparenza da uomo perbene, senza mai osare spingersi oltre, perfino un furbesco e ben poco azzeccato matrimonio con la signora Haze, madre di Lolita. Ma il fato ha in serbo per lui un inaspettato regalo di cui gioire: la tragica fine della madre di Lolita in un incidente automobilistico fa cadere improvvisamente le barriere per la realizzazione della felicità del nostro fortunato professore che, diventato a tutti gli effetti unico parente in vita di Lolita, può finalmente godere, più o meno legalmente, della sua tanto desiderata presenza. Decide così, fingendosi il padre naturale della ragazzina, di portarla via con sè lungo le assolate e desertiche autostrade degli Stati Uniti, sballontandola da uno stato all'altro, tenendola lontana dagli sguardi curiosi del resto del mondo, fino a condurla nella cittadina universitaria di Beardsley, allo scopo di “normalizzare” il più possibile il loro sempre più bizzarro rapporto. Purtroppo non sempre ottenere ciò che si vuole è il migliore dei destini possibili e il povero Humbert deve vedersela con innumerevoli problemi di ogni sorta che renderanno la sua relazione un inferno completo: il carattere difficile di Lolita, accanto a lui in ogni istante, ma lontana più che mai dal suo cuore, la sua irrefrenabile gelosia che lo porta sempre più vicino a esaurimenti nervosi e paranoie di ogni specie, i tremendi sensi di colpa che lo assaltano durante i suoi rari momenti di lucidità, il terrore di essere scoperto, ma soprattutto la paura sempre viva di essere lasciato dalla sua "creola" e di perderla senza averla mai avuta veramente. Da un lato vediamo quindi il maturo, timido, spaventato ma egoista Humbert, cosciente più che mai della sua ignobile passione, quasi impossibile da controllare, e della "immonda lussuria" a cui sottopone Lolita, disposto a tutto per avere per sè la sua giovane amante, pronto a esaudirne i più semplici desideri, ma incapace di amarla in maniera sana e naturale, ignorandone i veri bisogni, costringendola a rispettare assurdi divieti e imponendole una libertà vigilata. Dall'altra c'è la piccola Lolita, orfana e sola, con una personalità ancora giustamente acerba, senza una giuda, privata di una vera famiglia e di un'infanzia normale, costretta all'infelicità. Ma se apparentemente i ruoli di vittima e carnefice possono definirsi chiari e ben delineati, bisogna ricredersi. Lolita ben conscia del suo potere seduttivo sul sempre più smarrito e ridicolo Humbert, riesce a conquistare sempre più spazio fino a governare e gestire lei stessa la loro relazione, affilando doti femminili da donna adulta pur continuando a fingere candore e innocenza. Così per circa tre anni tra i nostri singolari e disperati protagonisti continua questa snervante e dolorosa "parodia di incesto", “L’unica cosa che potessi offrire alla piccola orfana”, come la descrive lo stesso Humbert, che si spezzerà solo con l’entrata in scena di una terza persona. Sarà infatti un altro uomo a conquistare realmente il cuore di Lolita e a portala via per sempre dal suo “malvagio” patrigno. Purtroppo Nabokov non sembra molto amare i finali positivi, e se per Humbert non resterà altro che cercarla inutilmente in giro per l’America, cercando di esorcizzarne in qualche modo la perdita, a Lolita le cose non andranno sicuramente meglio: una volta lasciatasi alle spalle la sua vita passata dovrà vedersela da sola con l’indifferenza del mondo esterno che non le offrirà sicuramente molte possibilità di essere felice. Le vite ormai distrutte dei due amanti clandestini si incontreranno solo alla fine, quando tutti i nodi verranno al pettine, le maschere cadranno e i pezzi del puzzle torneranno a loro posto: se per Lolita potrebbe esserci un miraggio di normalità e felicità, ad Humbert, ormai rassegnato ad averla persa, occorrerà ancora tornare sui suoi passi e completare a modo suo la sua vita, sopprimendo una volta per tutte il suo “lato oscuro”, riappacificarsi con se stesso e con i propri errori ed essere libero di espiare tranquillamente le sue colpe. Questo finale certo non lo aiuta a rendercelo accettabile, o a farcelo perdonare, ma la visione conclusiva del nostro protagonista sconfitto e condannato da se stesso colpisce al cuore, come pure risulta commovente e straziante il suo ultimo saluto a Lolita, il suo eterno e disperato grido di sincero amore nelle ultime pagine, dove il “sogno americano” si frantuma per sempre facendo emergere il vuoto e il dolore muto. Ma il merito più grande di questo romanzo sta nell’impeccabile e ammirevole stile di Nabokov (che si dimostra grande destrezza nell’uso della lingua inglese, nonostante le sue origini straniere) che ci aiuta fortunatamente a destreggiarci in mezzo a queste dolorose e particolari vicende: da una parte la giusta dose di ironia nel descrivere il protagonista, la sua capacità di rendercelo ridicolo nella sua mediocrità più che pericoloso e antipatico, le colte e raffinate metafore con cui ci fa entrare nell’immaginario erotico di Humbert e nei suoi sogni senza speranza, dall’altra una grande maestria nel raccontarci la sua disperata ricerca della felicità e dell’amore, i suoi disagi esistenziali, i suoi tentativi di combattere contro se stesso e di convivere con un lato scomodo del suo essere in un mondo dove c’è spazio né speranza per persone come lui. Descritto in questo modo “Lolita” può sembrare tranquillamente un semplice romanzo tragico che racconta gli effetti devastanti di un amore sbagliato sulle vite di chi lo ha vissuto. Ma credo che una storia così drammatica possa essere letta sotto altri punti di vista e possa offrirci molti spunti su cui pensare. I due protagonisti potrebbero essere i simboli della loro generazione: Humbert, cioè il freddo e insoddisfatto mondo adulto, che da secoli vede gli adolescenti in maniera superficiale, idealizzata o stereotipata, mai realistica, come comodi e semplici oggetti da sfruttare, anche se non necessariamente da punto di vista sessuale (basti pensare ai mass media che vedono negli adolescenti solo ottimi consumatori da usare a scopo commerciale, senza pensare a come educarli, dando tutto il resto per scontato), un mondo che non riesce a dare a questa fascia di età dei giusti spazi, quella giusta misura di comprensione e di regole, viziandoli da una parte e abbandonandoli dall’altra, offrendo ogni sorta di cose materiali, ma nulla di emotivamente rilevante, senza sforzarsi di capirli a fondo, per poi etichettarli come “difficili”, “viziati”, “immaturi”, “banali”, come fa appunto il nostro Humbert con Lolita. D’ altra parte Nabokov rende attualissima la figura di Lolita, giovane e smarrita, che gli adulti del libro guardano e desiderano senza vederla o amarla veramente, senza interessarsi a lei in maniera vera e partecipe. Una ragazzina all’apparenza interessata solo alle frivolezze, che maschera le sue debolezze e la sua tragedia privata con comportamenti provocatori e sfrontati, esasperando la sua carica seduttiva, in quanto unici mezzi per affrontare la difficile realtà della sua vicenda e conquistare uno spazio personale in mezzo alle pulsioni malate di adulti ciechi, preoccupati solo di se stessi. Un atteggiamento più che giustificabile e tutt’altro che immaturo. Una ragazzina privata dei diritti più semplici e normali, che viene presa sul serio solo quando gioca a fare la donna, ignorata quando ha dei seri bisogni da essere umano. La sua conseguente reazione di fronte al mondo adulto è di odio e disprezzo, “Lolita” è sicuramente un libro scandaloso o per meglio dire scomodo perché affronta questo tabù, l’amore tra un adulto e un’adolescente, facendo emergere l’abisso culturale che esiste da sempre tra questi due mondi che convivono senza mai capirsi a fondo, che hanno interessi e bisogni inconciliabili. Ovviamente considerare il viscido e ridicolo Humbert come simbolo non è propriamente corretto, sarebbe meglio definirlo come esponente di un “certo” tipo mondo, sbagliato e da eliminare, ma la mia impressione è che alcuni dei suoi più comuni errori, delle sue colpe e della sua visione erronea delle cose appartenga a molti adulti di oggi. Questa è ovviamente una personale riflessione sul libro, che nulla deve togliere a una storia affascinante e coinvolgente, che sicuramente va letta senza pregiudizi, con il desiderio di essere trascinati e trasportati lungo quelle anonime cittadine della provincia americana del dopoguerra, che Nabokov descrive con minuziosa precisione, tra gli squallidi motel e le interminabili autostrade, i drugstore e le stazioni di servizio, i campi da tennis e le piscine, tutti teatri di questa insolita storia d’amore senza futuro, dove si consumano le vite di questi personaggi così soli e disperati, tanto tragici quanto incantevoli, tanto originali quanto commoventi, ma soprattutto difficili da dimenticare.


Una recensione di Alessia Marelli



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