Anno
2006-
Fara Editore
Prezzo €
8-
82pp.
ISBN
8887808864
Una recensione di
Alessandro Cancian
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Un libello, questo Specchio di Gabriele Oselini, da leggere in un meriggio di quiete a casa, magari in salotto, con un sottofondo placidamente musicale. Perché questi sono versi che aleggiano quieti, appena appena incisivi ma per tutta volontà dell’autore –è evidente-. Questi sono versi delicati e musicali che talvolta sanno accarezzare il lettore dando un po’ di senso all’insinuante celia che accomuna gli uomini odierni.
Rosso di fuoco / nel pallido tramonto / di stelle sognate // sorrisi / tra i rami / fioriti di nuovo // il fiume corre / denso di suoni / fra rive mai dome // come la mia battaglia / non trovo pace / se non nel dono.
Un libello diviso in cinque sezioni emblematicamente evocative e sintomatiche: Mediterraneo, Melodie, Pensieri, Specchio, Primavera. Vi sono infatti echi montaliani, echi omerici, forse anche echi danteschi celati nel nome di una persona cara, echi di canzoni con grande finezza inseriti nel pensiero. Vi sono immagini che sono di fatto l’oggetto e il soggetto di ogni testo, che appunto attorno ad una singola immagine gira e vortica per allietare il lettore rapito dall’intercalare delle parole, quasi altalene di bambini che sorridono sussurrando verità.
La pioggia / accompagna / le mie note / fuggenti / verso occidente. // Dai tetti / gelidi / macchie brune / segnano una linea / grigia. // Nascosti / aghi / verdi / di un pino. // Uccelli neri / come carboni / bagnati / in cerca di fuoco. // Astenia dello spirito.
Un tema che pare percorrere tutte le ottantasei pagine di questo pregevole libello è proprio il volo, la rondine che si getta in spazi timidi eppure vivi, e che molto probabilmente sono la poesia più vera dell’autore e in primis dell’uomo che scrive. Che sono probabilmente la sua esperienza di vita. Un anelito di pace, di serenità, che in fondo Gabriele Oselini ha già dentro.
Le rondini / non vivono / in gabbia / volano alto / veloci / o muoiono.
Poesie significative, leggere, da leggersi sussurrando e da sussurrare come piccoli echi preziosi che forse non incideranno nella critica poetica ma di certo accarezzeranno il lettore per loro cortese gentilezza, e finezza, che culla l’animo. E lascia una dolcezza.
Era la vittoria / o la gloria / che cantavano / o la pietà / ora il male di vivere. // Finirà su un ramo / la cetra dei poeti. // Un ramo di pesco.
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