“Storie da un sogno” è il primo romanzo di Sandro Capodiferro, autore che, con coraggio, ha scelto di esordire nel mondo della cultura italiana con un argomento impegnativo in quanto caro a molti autori affermati e cioè quello del viaggio. Il viaggio fisico e psicologico in “Storie da un sogno” si snoda, come nelle vecchie favole che ci narravano i nonni, con colpi di scena e trovate originali in un tempo moderno, nell’era contemporanea. L’adeguarsi della storia di Ginetto ai tempi correnti, sia nelle ambientazioni che nelle situazioni affrontate, non gli fa perdere nulla dell’incanto vero e proprio del genere favoloso, anzi, se possibile, lo caratterizza ancora più nettamente, dandogli la peculiarità di essere non solo una fantasiosa favola per bambini, ma un intrigante racconto per adolescenti e una fonte interessante di spunti di discussione e di approfondimento psicologico per gli adulti. Il cammino che Sandro Capodiferro fa eseguire al suo protagonista è la strada che ogni essere umano compie per raggiungere la maturità. Le tappe fondamentali corrispondono esattamente a quelle della vita vera con l’iniziale abbandono del confortante grembo familiare, la ricerca faticosa di una propria dimensione spirituale e quella più prosaica delle proprie attitudini fisiche, un lavoro che gli garantisca stabilità e dignità, quindi l’amore che possa completarne l’esistenza. In più Ginetto attraverso l’aiuto di una “maga”, l’esperienza, maestra di vita, può osservare senza poter intervenire per modificarlo il suo passato, il presente ed il futuro. Il modo per farlo è semplice, basterà attraversare le tre porte del tempo. Il giovane osserverà il passato e riuscirà a trarre insegnamento dagli errori che per sbadataggine, per pigrizia, per ingenuità o per inesperienza non si è accorto di aver compiuto e getterà un occhio sul futuro per mettere a frutto tali insegnamenti che, forgiandone il carattere, lo porteranno, già dal presente, a diventare un uomo migliore. Anche la conoscenza ravvicinata con i cinque sensi, allegoricamente rappresentati da “un crocevia dove cinque carri, uno per ogni angolo della strada, attendevano all’ombra di altrettanti platani al riparo del sole torrido. I carri erano di modeste dimensioni, giusti per trasportare una persona con un piccolo bagaglio e alla guida vi erano giovani ragazzi dall’aria assonnata” che uno ad uno, risvegliandosi, lo stordiranno con le loro acute percezioni servirà a dargli la conoscenza necessaria per avere la piena padronanza del suo corpo e delle sue emozioni. All’inizio del percorso, Ginetto, appesantito dallo zaino in cui ha stipato, oltre alle provviste, anche un cofanetto carico dei suoi sogni di adolescente, incontra Malachia un ragazzo gentile, sveglio e coraggioso che lo aiuta a combattere il male psicologico della nostalgia e della lontananza da casa e quello fisico, curandogli le vesciche ai piedi riportate nel suo lungo scarpinare su strade impervie e solitarie e gli insegnerà ad apprezzare la libertà senza travalicare i diritti altrui, a far valere le proprie opinioni con fermezza ma in modo onesto ed educato. Quando, cinque anni dopo, il giovane protagonista, ormai ventitreenne, tornerà a Noverosi, il paese che gli ha dato i natali, si accorgerà di avere lo zaino molto più leggero di quando è partito nonostante, contenga tutti i suoi errori, le esperienze, le scoperte, i disagi, le delusioni e le piacevoli sorprese provate durante il viaggio e, soprattutto, intatto, il vecchio cofanetto ora custode di nuovi sogni. Alla fine del libro, che è poi anche la conclusione del viaggio Ginetto ritroverà se stesso e le sue radici e, finalmente, spossato dall’interminabile girovagare ma sereno per essere riuscito a portarlo a termine con dignità ed onore, chiude gli occhi e si addormenta. “Quando li riaprì era tutto sparito e… era sveglio nel suo letto a Noverosi… il cofanetto sulla scrivania vicino alle costruzioni di legno dello zio Alfredo e l’immagine di un assonnato Malachia riflessa nello specchio dell’armadio accanto al letto… l’immagine dell’uomo che era diventato…” Meraviglia! Come in tutte le favole degne di tale nome c’è il lieto fine, anche in “Storie da un sogno” Sandro Capodiferro non ci ha voluto deludere e, non senza sorpresa, scopriamo che Malachia altri non è che la proiezione di Ginetto in versione matura. Il ragazzo Ginetto, un po’ mammone, goffo ed impacciato, ha acquisito sul campo, pagando sulla propria pelle ed esponendosi di persona, nuove consapevolezze, sani principi e stimoli positivi, sbarazzandosi, dei vecchi pregiudizi, delle superstizioni e dei luoghi comuni, per osmosi si è trasformato in Malachia, un vero Uomo, posato ed intelligente, capace di gestire con razionalità la propria vita. Valide e singolari le brevi liriche inserite a complemento degli inserti fotografici che riproducono le opere pittoriche di Pietro Olivieri, un artista dalla mano particolarmente dotata che non si può non menzionare. La scrittura di Sandro Capodiferro segue, asseconda e precede, il cammino di Ginetto delineandone i paesaggi con tocchi intensi e precisi nei momenti di marcia vera e propria, con un linguaggio molto poetico nei paragrafi più intensi e ricchi di sentimento e quasi filosofeggiante nei passi in cui cerca di far trovare al suo protagonista i perché accadono gli eventi e le circostanze che muovono il mondo che lo circonda. Il linguaggio, mai eccessivo, sempre dosato, la perfetta padronanza della lingua, la scelta dei vocaboli calzanti ed appropriati, fanno di “Storie da un sogno” un romanzo da leggere e da far leggere a qualsiasi età, consigliatissimo per gli spunti di riflessione che offre al lettore e per l’arricchimento interiore che, vi garantisco, è assicurato.