Non rovine –ma un nuovo aprile.
non ti appartiene il balbettio
ma l’apparizione che risana
(F. Soriano)
Leggere queste poesie di Giuseppe Soriano è come immergersi un altro luogo e un altro tempo. Essere qui e anche altrove. Già dal titolo “Poesie novissime”, l’autore fa una scelta. La scelta è quella di essere se stesso, con la sua voce, il suo sentire e la sua idea di poesia. Non poesie nuovissime, ma “novissime”, nuove dunque, come foglie e rami che si stagliano nel cielo del presente, con le radici salde nell’humus della tradizione poetica del passato. E come rami e foglie, le parole si nutrono della loro stessa essenza, dentro un'atmosfera luminosa di assorto stupore e di magica sospensione nel silenzio cosmico. La raccolta si compone di cinquantanove poesie che, come scrive nella prefazione Claudia Valsania “costituiscono nel loro insieme un solo lungo poema che non conosce progressioni o sviluppi, ma le cui parti ruotano intorno a un unico punto rappresentato da un vuoto spazio silenzioso ‘presto invaso da luce’.“ Un lungo poema caratterizzato da versi brevi, concisi e diretti, modulati sul respiro di visioni e sogni, in un crepuscolo di luci e ombra, dove l’amore, il pathos, la preghiera, le inquietudini, l’accoglimento sono forze, motivi ispiratori e valori che costellano di pause e di riprese i suoi versi. Il suo procedere a frammenti rivela e svela intuizioni, stupori, ricerca dell’eterno, segreti tentativi di una superiore armonia “sono accordi da scoprire/ quelle inquietudini/ devote soltanto/ alla sorpresa/ al mistero/ dell’arcano// ma di questo/ sei tu la deriva (p.26). Leggendo questa raccolta si coglie l’immensa intensità del suo lirismo che avvolge e cattura fin dalle prime pagine e non ha bisogno di chiarimenti o di interpretazioni, parchè il ‘mistero’ della vita vi scorre dentro come acqua sorgiva che disseta. Il messaggio poetico coinvolge totalmente il lettore occupandone i sensi, soprattutto l'udito, grazie alla suggestione del metro, del ritmo, della musica. Il poeta "trova" parole e melodia in tutto ciò che lo circonda, cose, persone, oggetti, natura, perché alla parola spetta il compito di evocare e rivelare. Ecco che i suoi versi assumono un carattere espressamente visivo e uditivo, fatto di immagini e di suoni, dove domina la componente soggettiva e autobiografica, che privilegia il colloquio come prassi costitutiva del discorso, con un’alternanza del “tu” e del "noi". «Noi siamo un colloquio» scriveva Hölderlin “a noi/ non resta/ che il cuore dischiuso- / insanguinato: / l’amore deposto/ fra i sospiri dei lamenti” (p. 40), laddove l’interlocutore appare essere una creatura amata, oppure se stesso, oppure un tu indeterminato. Le ragioni del colloquio/ragionamento nascono dal bisogno di ascolto, di invocazione e di aiuto, di comprensione e di confessione, dalla volontà di attestare la propria fede e il proprio credo metafisico e spirituale. Ciò che si avverte preponderante in questa raccolta è sopra tutto la libertà e la sincerità del poeta, che abbraccia la poesia come un dono che si schiude alla rugiada di un nuovo giorno. Una poesia nobile e pura, in tutta la sua estensione.
*
e vennero le sere
i mesi
gli anni.
i giorni gli stessi
gli attimi
le attese.
vennero –le foglie morte
le estati bianche
gli inverni bluintenso
i tanti aprile
la memoria -
quella sì
morta e sepolta.
poi prima
che le immagini si sbiadiscano
equazioni, specchi
cose incomprensibili
dietro quell’angolo di strada
color rosa.
te ne stavi a scegliere
le parole
ad una ad una
ma tutte in fondo
vivevano di vita propria
(p.82-83)
Francisco Soriano, Poesie novissime, Eretica Edizioni 2023