Fantascienza italiana tra impegno sociale e politica
Solo da poco sono finalmente riuscito a procurarmi questo libro - che in Sicilia pare non sia stato distribuito ed ho dovuto ordinare via internet - e in questo lasso di tempo ho avuto modo di leggere diverse opinioni e recensioni apparse sul web e riportate anche su un sito dedicato al libro (https://www.fantascienza.net/gfpizzo/AU.htm). La maggior parte di queste, anzi quasi tutte, pongono l'accento sull'aspetto politico della antologia, definendola "illuminista", "partigiana", "comunista", "di sinistra" e così via. Di certo, è l'antologia stessa che si qualifica come politicamente impegnata, a partire dal titolo e dal sottotitolo ("19 racconti di fantaresistenza"), ma tutto ciò mi ha fatto venire un'idea: provare a leggerla saltando l'introduzione e cercando di non considerare questo aspetto, tanto per vedere se avrebbe retto ad una lettura non di parte, se avesse caratteristiche "anche" letterarie oltre che ideologiche.
Il risultato è decisamente confortante: l'antologia è di ottimo livello, ci sono racconti più riusciti e altri meno, ma la media è buona. E testimonia come ormai la fantascienza italiana possa stare alla pari di quella americana, come stile di scrittura, costruzione delle trame, idee di base.
Ma vediamo più in dettaglio qualcuno dei racconti. Il racconto d'apertura, "Zona rossa, trame nere" di Claudio Asciuti, è sicuramente solipsistico, autoreferenziale, debordante, eccessivo: ma è anche stilisticamente valido e testimonia un fatto importante: che la fantascienza non è un genere letterario campato in aria ma anzi ben ancorato alla realtà dei fatti. Il racconto è infatti ambientato nella Genova durante i giorni del G8 del 2001, che vengono descritti da uno che li ha vissuti in prima persona e ne dà una testimonianza diretta, anche se poi con enorme bravura riesce a trasfigurare la vicenda in chiave fantascientifica. In quanto all'aspetto del trarre ispirazione dalla realtà, non gli è da meno Alessandro Vietti con "Il volo del Garbot", racconto che chiude la raccolta e che parimenti si segnala per lo stile chiaro ed evocativo. In questo caso l'ispirazione è data dall'intifada palestinese, con un robot che agisce da kamikaze, ma la vicenda si svolge nello spazio e nel futuro – e non è di secondaria importanza l'aspetto psicologico della vicenda, con la problematica del concetto di sofferenza applicato ad un automa. Sempre ispirato a situazioni reali è "Marte distruggerà la Terra", dove Valerio Evangelisti, lasciati per un momento da parte i suoi personaggi preferiti, l'Inquisitore Eymerich e Pantera, usa l'arma della satira per sbeffeggiare la politica espansionistica e guerrafondaia americana, mostrandoci come gli Stati Uniti decidano di portare una "guerra preventiva" contro Marte, prima che gli omini verdi ci invadano.
Fin qui, si potrebbe tranquillamente parlare di fantascienza sociologica stile anni Cinquanta e Sessanta (la Social Science Fiction fu una corrente nata grazie alla rivista "Galaxy"): una riflessione sul ruolo dell'individuo nella società sempre più complicata del futuro, senza valenza politica di parte: semmai, contro qualunque assolutismo. E lo stesso vale per altri racconti, dall'umoristico "La sindrome Casablanca" di Enzo Verrengia (in cui il protagonista è immerso in una realtà distorta nella quale Casablanca è interpretato da George Raft e Ida Lupino) a "Come noi li rimettiamo ai nostri debitori" di Milena Debenedetti (un thriller futuristico dell'unica donna presente in questa rassegna); da "Il paradosso Glenn Gould" di Giovanni Burgio (forse il racconto letterariamente più valido della raccolta, ma anche il meno impegnato di tutti socialmente, anche se lo è molto dal punto di vista psicologico) a "L'Area 52" di Vittorio Catani (una interpretazione del futuro ispirata dalle teorie di Serge Latouche, molto attuale come riflessione anche se di impianto più classico come trama). Da "La figurina di Bulgarelli" dell'esordiente Piero Cavallotti a "Il riflesso nero del vinile" Domenico Gallo (uno dei pochi racconti già editi in precedenza).
Altri racconti entrano nell'ambito dell'ucronia e della fantastoria: "Storia di un commissario" di Franco Ricciardiello (una realtà alternativa nel periodo della lotta partigiana), "La vita considerata come un'interferenza tra nascita e morte" di Vittorio Curtoni (l'Italia maoista invasa dagli USA, in un racconto risalente al 1972 ripescato per l'occasione), "Tradimenti" di Danilo Santoni (l'Italia contemporanea è rimasta una monarchia parlamentare, con Renato Curcio Presidente del Consiglio).
Un paio di storie potrebbero essere tratte dalle cronache contemporanee. "Un mondo migliore" di Francesco Grasso potrebbe essere una vicenda di malasanità, anche se il suo racconto è più complesso, riguarda il trapianto di organi, i cloni e soprattutto ci inquieta perché ci mostra cosa potrebbe nascondere il potere politico (è cioè una metafora per farci capire che comunque il potere politico nasconde sempre qualcosa). E questa chiave di lettura si può applicare anche a "Terra avvelenata" di Umberto Rossi, che per usare il paragone di prima potrebbe riguardare l'emergenza rifiuti e lo stoccaggio di rifiuti tossici, ma anche in questo caso ci troviamo davanti ad un racconto più complesso, in cui non è secondario l'aspetto di violenza che permea questa Italia del futuro che ha l'autore mutua dalle tragedie shakespeariane: piuttosto scopertamente, perché il protagonista è studioso di Shakespeare e lo cita spesso.
Alla fine, i racconti con un chiaro e forte significato politico non sono molti, e quanto a classificarli di sinistra bisogna fare attenzione. Se non ci sono problemi per "L'estate perfetta" di Daniele Ganapini (dove un pendolare del futuro ricorda ancora la strage fascista della stazione di Bologna nel 1980), per "Notte di ghiaccio" di Roberto Sturm (in cui un gruppo di ex brigatisti rossi non riesce a seppellire il passato di sangue e lotta) e per "Il potere logora" di Gian Filippo Pizzo (racconto dal finale fulminante, decisamente anticlericale, che denuncia il potere occulto della Chiesa), bisogna stare attenti con la "Domenica diversa" di Pierfrancesco Prosperi: la legge elettorale immaginata per il nostro prossimo futuro – peggiore persino della "porcata" di Calderoli – viene decisamente criticata, ma la critica potrebbe anche venire da destra o essere qualunquista. E lo stesso può dirsi di "Nekropol" di Walter Catalano: i Russi che attorno al 1920 vedono grazie ad una macchina del tempo la piega totalitaria che prenderà il socialismo reale rappresentano una critica che nelle intenzioni dell'autore viene dalla sinistra estrema, la sinistra pura da sempre critica verso il comunismo sovietico, ma può facilmente venire letta come una critica da destra.
Insomma, tutto sommato personalmente non darei tanta importanza alla qualifica politica di questa raccolta: si tratta in effetti di un'ottima antologia di fantascienza italiana, di fantascienza "impegnata" (nel senso che pone dei problemi di carattere sociale e/o psicologico) e non di pura azione (che pure non manca), e ciò dovrebbe bastare per il lettore. L'aspetto politico può essere semmai una sorta di valore aggiunto per un lettore di sinistra, ma non dovrebbe disturbare più di tanto quelli di destra o di centro. Resta il fatto che il libro si pone come portatore di una valenza politica, che come tale è stato concepito dai curatori Walter Catalano e Gian Filippo Pizzo, per questo motivo ha avuto la partecipazione di alcuni dei più importanti nomi della fantascienza italiana (Evangelisti, Catani, Asciuti, Curtoni, nomi che non scopriamo certo adesso): e anche questo qualcosa significa.