Di solito, davanti ad un volume che tratta di archeologia mi sento come un assetato nel deserto, cioè con tanta voglia di saziare la mia sete di conoscenza sul nostro passato, su chi ci ha preceduti, sul come e perché si sia sviluppata una civiltà e le cause della sua scomparsa. Ma la mia curiosità di apprendere e scoprire cose nuove troppo spesso resta delusa per le banalità e l’ovvietà dei contenuti, sempre barbosamente uguali in ogni pubblicazione.
Diversa è invece la reazione, di grande entusiasmo, quando “scopro” un saggio di archeologia alternativa, o meglio “eretica” come gli studiosi ortodossi reputano le nuove teorie che faticosamente si stanno aprendo un varco tra le tesi ufficiali universalmente condivise anche se ormai stantie e obsolete, limitate e limitanti rispetto a tali nuove ipotesi originali e non convenzionali.
Questi “illuminati” che spendono il loro tempo e le loro risorse a trarre fuori dall’oblio in cui sono stati relegati i grandi misteri del passato, gli enigmi tutt’ora irrisolti, che cercano con ostinazione di disseppellirli dallo spesso strato di… miti, leggende o diciture quali “oggetti di culto” sotto cui sono stati sepolti, non sono solo archeologi ma anche studiosi di altre discipline o semplici appassionati.
Provando grande senso di gratitudine e profonda ammirazione verso coloro che hanno il coraggio di navigare contro corrente per portare avanti i loro studi, resto sempre piacevolmente colpita dalle nuove e vivaci ipotesi proposte. Così è stato anche durante la lettura del volume L’OMBRA DI ORIONE SULLA STORIA DELL’UMANITA’. Non conoscendo gli autori, Fabio e Marco Garuti, ho acquistato il libro attratta principalmente dal titolo e dall’immagine di copertina.
Il libro è una fonte preziosa di informazioni geografiche, storiche, tecniche e scientifiche, che accompagnano la certosina indagine svolta dagli autori per arrivare “all’enunciazione di una nuova teoria archeologica: la teoria della mappatura terrestre delle piramidi” come recita la quarta di copertina.
Il merito che, a mio avviso, va attribuito al lavoro di Fabio e Marco Garuti è quello di sostenere che l’intelligenza di una civiltà fiorita millenni fa sul nostro pianeta e da tempo morta e sepolta, ma che aveva raggiunto risultati scientifico/tecnologici notevoli e di gran lunga superiori alla nostra, abbia sviluppato il progetto –di cui, al momento, rimane ignoto lo scopo- dell’edificazione di piramidi secondo uno schema matematico ben preciso.
Gli argomenti che i due ricercatori presentato a supporto della loro tesi per arrivare a “dimostrare il collegamento planetario tra siti piramidali omologhi” sono seri, ponderati e rigorosamente scientifici.
I siti presi in considerazione, come scoprirete attraverso l’avvincente lettura del volume, sono l’arcinota piana di Giza in Egitto -con le tre piramidi di Cheope, Chefren e Micerino-, la famosa città di Teotihuacan in Messico -con le tre piramidi di Quetzalcóatl, del Sole e della Luna-, il semisconosciuto paese di Xian (anticamente Sian Fu) in Cina anch’esso con le rispettive tre piramidi (la cui esistenza, nonostante la proverbiale “riservatezza” delle autorità del paese, è giunta sino a noi dalle annotazioni delle misurazioni riportate all’inizio del secolo scorso da due mercanti tedeschi che si trovarono a passare da quelle parti e da una foto scattata da un ufficiale dell’esercito statunitense in volo sulla Cina).
Ma cos’è in particolare che unisce queste località poste rispettivamente in Africa, America e Asia, in tre diversi continenti quasi ai confini del mondo, l’una dall’altra? Una virtuale linea retta di ventitremila chilometri circa!
E non solo!
Una coincidenza fortuita e casuale dunque? Assolutamente no!
“Un disegno planetario di cui le piramidi sono il cardine” e di cui gli autori ci forniranno le chiavi di lettura: “ nel testo verranno indicate le coordinate di tale disegno attraverso l’inserimento di dati verificabili con il semplice utilizzo di un computer o di una mappa terrestre” come ci spiega Marco Garuti nell’introduzione.
Tutto qui? Vi domanderete. Si, ma vi garantisco che sotto le mentite spoglie di una teoria semplice e riscontrabile con strumenti di uso comune e alla portata di tutti c’è la non facile ricostruzione a posteriori di un progetto formulato dalle intelligenze di esseri appartenuti ad un’altra epoca lontanissima sia dal punto di vista storico che sociale, tecnologico e scientifico da quella a cui appartengono gli autori, ossia quella attuale: la nostra.
E non è uno scherzo provare a mettersi nei panni di coloro di cui per secoli si è cercato di nascondere le tracce, di inquinarne le prove dell’esistenza o alterarne le testimonianze. Un depistaggio costante ma inutile in quanto i Garuti, padre e figlio, attraverso un minuzioso lavoro di speculazioni teoriche suffragate dai risultati pratici ottenuti sono riusciti a dare alla luce la loro originale e affascinante teoria della “Mappatura Terrestre delle Piramidi”.
Un colossale censimento compiuto a favore di tali particolari costruzioni di molte della quali se ne ignora l’esistenza. Esse sono presenti quasi in ogni angolo della Terra. Ne esistono in Spagna, in Grecia, in Italia, addirittura una sommersa a Yonaguni in Giappone ci informano gli autori.
L’innovativa teoria che emerge dai capitoli de L’OMBRA DI ORIONE SULLA STORIA DELL’UMANITA’ parte da un dato di fatto inoppugnabile: tre siti in tre continenti edificati in modo assai simile e congiungibili mediante una linea planetaria diritta e che implica precisi calcoli astronomici, geometrici, matematici non può non far parte di un vasto progetto di tipo scientifico/tecnologico curato e messo in pratica da menti evolute che ne hanno seguito anche la costruzione.
Un concetto “eretico”, per molti versi rivoluzionario, perchè rimette in discussione la scontata convinzione che le popolazioni preistoriche sparse sulla Terra ignorassero le loro rispettive presenze.
Sia a Giza che a Teotihuacan che a Sian Fu, infatti, i principi di costruzione dei tre sistemi di piramidi a base quadrata sono gli stessi: due edifici enormi e in linea mentre il terzo è vistosamente fuori asse e di dimensioni ridotte (circa un decimo della piramide maggiore).
Un grossolano errore di calcolo? Assolutamente no!
L’idea di un progetto “studiato a tavolino” e portato avanti con scrupolosa precisione è avvalorata anche dalla disposizione sul terreno che è la medesima in tutti e tre i luoghi e riproduce esattamente il posizionamento celeste delle tre stelle della cosiddetta Cintura di Orione: Alnitak -Zeta Orionis-, Alnilam -Epsilon Orionis- e Mintaka (che guarda caso è circa un decimo di Alnitak!) -Delta Orionis- proprio come viene percepito da un osservatore che le scruta dalla Terra.
Sconcertante vero?
Quelle a cui sono giunti gli autori sono conclusioni per nulla scontate e nonostante la rassicurazione di Marco Garuti che: “nessuno mira a screditare il grande apparato di informazioni consegnato alla storia dalla scienza archeologica ufficiale” la teorizzazione di questo disegno planetario suffragato dal posizionamento dei tre siti presi in considerazione sulla medesima retta planetaria implica una nuova rilettura della storia dell’uomo assai differente da come ci è stata presentata fino ad oggi.
Cade sotto i colpi del sottile ragionamento espresso dai due ricercatori l’attribuzione dell’edificazione delle piramidi di Giza alle prime dinastie faraoniche e di conseguenza non ha più validità nemmeno la presunta datazione circa la loro costruzione.
Questi siti sono stati, innegabilmente, tutti “edificati sulla falsariga della cintura di Orione e dei suoi tre astri” come a voler far volgere lo sguardo dei posteri verso quella direzione…
«Quod est inferius, est sicut quod est superius, et quod est superius, est sicut quod est inferius… -Tutto ciò che è in alto è come ciò che è in basso, tutto ciò che è in basso è come ciò che è in alto…- recita un concetto filosofico attribuito ad Ermete Trismegisto che mi sembra riassumere perfettamente quanto esposto nella teoria presentata nel volume di Fabio e Marco Garuti.
E chissà che il buon Ermete Trismegisto, alias Mercurio, alias Quetzalcóatl, alias Ningishzidda, alias Thot dio della sapienza, in questo antico progetto di edificazione delle piramidi non ci abbia messo lo zampino… pardon: il suo becco da ibis?