Non tragga in errore la parola “saga”: si tratta di un romanzo compiuto, e non proprio facile. Narra le vicende di una ricca e numerosa famiglia, ma l’analogia con certi interminabili sottoprodotti moderni finisce qui. I Forsyte sono presi come esemplificazione dell’alta e prospera borghesia vittoriana, nel momento del suo massimo fulgore (1880 e anni a seguire). Sono molti, perché molteplici sono gli aspetti da analizzare. Lo stile narrativo è particolare: inizia dall’esterno, in terza persona, poi, impercettibilmente si sposta all’interno, ora dall’uno ora dall’altro dei tanti Forsyte, osservando gli eventi secondo il loro personale sentire. Questo continuo cambiamento del punto di vista consente un’analisi psicologica estremamente profonda, ed anticipa la dissoluzione della trama che avrà i suoi massimi esponenti in Joyce e Woolf. L’immedesimarsi nei diversi protagonisti, ciascuno con propri vizi e virtù, porta il lettore a partecipare in modo molto più diretto ed intimo allo svolgersi della vicenda, anzi delle vicende, poiché lo stesso evento si frammenta, in tante parti quante sono le personalità che lo vivono. I personaggi sono numerosi, perché molti sono i caratteri da analizzare; la bravura dello scrittore sta nel rendere ogni Forsyte allo stesso tempo elemento di una ben precisa tipologia, ed insieme mostrare persone vere e sofferenti, molto sofferenti dietro la maschera d’impassibilità che era quasi un dovere ostentare. E’ una sofferenza egocentrica ed abbastanza egoista, ma non esasperata: ognuno dei vecchi Forsyte sente la vita sfuggirgli, si preoccupa per il futuro dei figli, prova affetto per i propri nipoti, disprezza quelli degli altri, e cerca di mostrarsi più ricco di quanto non sia, in un conflitto tra fratelli che increspa la facciata di solenne rispettabilità da mostrare all’esterno, ai non-Forsyte.
La vicenda ha un inizio e una fine, piuttosto aleatori: si parte dal fidanzamento tra una giovane Forsyte ed un architetto, elemento estraneo alla famiglia, non bene accettato; il finale è a sorpresa, imprevedibile, e mi guarderò bene dallo svelarlo, come ormai fanno troppi introduttori.
L’universo femminile non è altrettanto ben esplorato: le signore e signorine Forsyte restano oscure, distanti, imperscutabili. La tecnica narrativa consentirebbe un maggiore approfondimento, quindi sorge spontanea una domanda: le donne non fanno parte a pieno titolo di questo universo di Forsyte tipicamente maschile, o lo scrittore non osa penetrare al pieno la complessa psiche femminile?
Decisa invece la scelta di non entrare mai nei pensieri dei due elementi dissonanti, che pure costituiscono il filo sottile che lega la storia: l’architetto, fidanzato infedele, e una infelice signora Forsyte, sposata controvoglia, altrettanto infedele. Di loro non riusciamo a sapere nulla, ogni esperienza è filtrata dalla visione che i diversi famigliari Forsyte provano nei loro confronti. Amore, infedeltà, adulterio, coerenza, lotta interiore: nulla di tutto ciò ci è manifesto, e non possiamo in effetti sapere fino a che punto si spinga la deprecata relazione. Forse, non è importante. Ciò che conta è il fatto che essa esista, almeno nello spirito: uno spirito nuovo, inconsueto, che anticipa in qualche modo la silente ribellione alla casta dei Forsyte, al loro modo di essere tanto profondamente Vittoriani ed Inglesi.
Nonostante le loro deprecabili ed esplicite mancanze, i Forsyte non risultano totalmente antipatici: fatte le debite proporzioni, chi di noi non ha sperimentato su di sé l’assillante presenza di parenti che avrebbe preferito evitare, l’amore che ci suscitano i figli piccoli, la rivalità con loro una volta cresciuti? In cento anni il mondo è profondamente mutato nei suoi aspetti esteriori, le donne hanno raggiunto traguardi importanti, le classi sociali sono mutate; ma la vita spicciola, quotidiana, famigliare, resta sempre la stessa.
A mio parere sta in questo eterno riproporsi la forza del romanzo: l’Uomo, con i suoi timori, i suoi dubbi, può ammantarsi degli orpelli che la moda imperante gli offre con dovizia, ma resta e resterà sempre lo stesso: con i propri sentimenti, contradditori e al tempo stesso semplici, bisognoso d’affetto e riluttante a chiederlo.
Un testo di tale profondità merita di spendere qualche parola anche sulle sue edizioni: io l’ho letto in una versione vecchia, che soffre di una traduzione obsoleta ed approssimativa. E’ importante trovare una versione più fluida e moderna; se possibile merita di essere letto nell’originale inglese, avendo una prosa elegante, ma priva di infiorettature.
Sebbene il testo possa ritenersi già compiuto in se stesso, fornendo al lettore numerosi motivi di riflessione, ho intenzione di proseguire la lettura dei successivi capitoli della “saga”: non per la morbosa curiosità di sapere quanto accadrà, ma piuttosto per vedere come l’autore riuscirà a mantenere, forse anche a migliorare, questo suo narrare, e soprattutto: renderà esplicita una morale, un giudizio su quei tempi, già al declino mentre lui stesso scriveva?
Spero di rispondervi presto.