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Effetto albatro
di Cerretani Fabio
Pubblicato su SITO
Anno
2007-
Robin Editore
Prezzo €
14-
336pp.
ISBN
9788873712992
Una recensione di
Silvia Castelli
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79%
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I primi cinquant’anni di un uomo innamorato della letteratura, e quasi condannato a scrivere dal fatto di aver ricevuto il Dono, individuato in lui fin dal liceo da un professore di scuola che lo prediligeva per la sua inconsueta, sottile sensibilità. Quello che si rivelerà la sua condanna, la sua fonte di infelicità, il modo goffo e perdente per sfuggire ad un impatto troppo crudo con una realtà quotidiana banale e senza troppo sapore. Il lungo cammino di un ragazzino, diventato uomo e padre di famiglia, verso una forma di consapevolezza amara, che lo porta a scendere dall’azzurro del cielo, segno di libertà e dell’ “altrove” , verso la terra, luogo dell’esilio. La metafora dell’albatro, uccello marino dalle grandi ali che nella celebre poesia di Baudelaire viene catturato e ridotto in cattività dai marinai, è quella che allude al poeta, all’uomo di lettere che, quasi reso ridicolo nelle sue più intime aspirazioni, viene a forza riportato con i piedi per terra.
Su esortazione di una strana specie di terapista, cha ha il compito di ricondurre l’eterno scrittore esordiente alla concretezza, il protagonista narra la storia del suo sostanziale fallimento ad un fantomatico - ma neanche troppo - dottor Pautasso, capo-redattore della Casa editrice Philadelphia. Si comincia dall’infanzia, vissuta in una scomoda e umida casa di un paese della provincia umbra, tra le lamentele di un padre manovale delle Ferrovie che per il figlio sogna un posto da capostazione e che considera il liceo classico una scuola da finocchi, e le occhiate pietose della madre, donna di fatica del conte Angrisani, notabile del paese con addentellati mooolto in alto. Il primo oltraggio consumato alla sua condizione di predestinato albatro è l’iscrizione al liceo classico, compagno di classe niente di meno che di Clara, la viziata e provocante contessina, ignorante fino alle lacrime che però, attraverso oscure manovre, riesce a superarlo alla maturità e che poi, diventata prima hippie e poi commerciante di chincaglierie indiane, finisce addirittura a lavorare alla Presidenza del Consiglio, e poi addirittura nel catalogo dalla prestigiosa Philadelphia. L¹università si consuma a Roma tra letture vorticose e lavori utili a mantenersi (venditore e friggitore di supplì), e la laurea arriva tra l’incredulità dei genitori. Segue l’inevitabile disoccupazione vaticinata dal padre ferroviere.
La salvezza viene da un concorso, e il nostro entra come funzionario in un Ente Inutile. Da allora, le sue migliori energie si sprecano nella gestione di pratiche inconcludenti e in tediosi sopralluoghi contabili. Grazie alle parole di un centenario, titolare di una ditta di sanitari da lui ispezionata, sente tutto il ribrezzo per il lavoro che svolge, e capisce che il suo destino è quello di dare sfogo alla sua vena più profonda: scrivere.
Senza demordere inizia a partecipare a premi letterari di ogni tipo e livello, piazzandosi sempre discretamente ma senza mai spiccare il volo, ottenendo il successo pieno solo nei concorsi senza montepremi in denaro e collezionando diplomi prodotti in serie e targhe in silver plated.
La terza e ultima parte del romanzo, davvero spassosa, descrive il suo muoversi nel sottobosco dell’editoria: i contatti con lo scrittore affermato e vanaglorioso che finge di occuparsi di lui, gli editori a pagamento, i premi letterari truccati, i disperati tentativi di darsi visibilità, fino allo smacco finale, clamoroso, nel premio letterario per Inediti più importante d’Italia, e allo svelarsi della trama che regge l’intero intreccio.
Un romanzo sempre teso e credibile, una lettura gradevole ma che fa riflettere, una morale che ribadisce, ancora, l’inutilità della poesia e della letteratura nella società borghese industrializzata, uniformata e decisamente utilitarista.
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