Spesso, negli anni bui del terrorismo, quando il sangue delle vittime sporcava le vie delle città italiane, si ricodavano i nomi delle vittime "eccellenti": Moro, Chinnici, Cassarà, Falcone, Borsellino... come spesso sono risuonati nelle cronache i nomi dei loro carnefici: Gallinari, Fioravanti, Riina, Provenzano....
Perché non si rammentano invece i nomi di chi, in silenzio, obbedendo a ordini precisi, è morto "nell'adempimento del dovere, fulgido esempio per i giovani che verranno"?
"USI OBBEDIR TACENDO E TACENDO MORIR"
E' un motto che fa il paio con "Nei secoli fedele" ed entrambi sintetizzano il profondo senso del dovere che contraddistingue le nostre Forze dell'Ordine, i Carabinieri in particolare.
Ero appena adolescente quando cominciavano a verificarsi tutti i fatti che Alessandro Placidi narra nel suo libro. Fatti agghiaccianti che, per vari motivi, investivano la mia vita in modo marginale, lontano. Forse perché i problemi della politica non mi toccavano, forse perché mi era stata inculcata la convinzione che bisogna fare le cose dell'età che si sta vivendo. Pensare oggi che, quando avevo 16-17 anni c'era gente che ne aveva solo 4-5 più di me e che andava ammazzando poliziotti e carabinieri mi fa venire la pelle d'oca.
Leggere "Divise forate" mi ha fatto fare un salto indietro nel tempo, scoprendo che è terribilmente vero ciò che l'autore dice in premessa: si ricordano i nomi delle vittime illustri, quelli dei loro carnefici perché risuonati più volte nel corso della nostra storia.... ma non si rammentano più i nomi di quegli uomini in divisa.
Leggendo mi sono resa conto che, a parte alcuni uomini che facevano la scorta a Moro, di quei nomi ricordo solo Roberto Antiochia, un po' per la lunga scia di sangue che aveva cominciato a segnare la Sicilia e il destino del pool antimafia, un po' perché ho conosciuto il fratello, ho ascoltato la tragedia che ha sconvolto la vita sua e della madre, ho sentito nelle sue parole lo smarrimento di quando è andato a compiere il riconoscimento del fratello....
E ti accorgi, proseguendo in quelle pagine, quando forte fosse l'attaccamento di quei ragazzi al loro lavoro, quanto grande era il senso del dovere, quanto la fatalità, a volte, abbia giocato contro di loro.
Una parte di storia d'Italia che non è scritta nei testi di scuola e che invece meriterebbe di essere ricordata, tenuta vita insieme a tanti altri episodi su cui invece si continuano a versare fiumi di inchiostro.
Memoria che tuona ridondante per rammentare le vittime di altri orrori, ma che non ha la stessa intensità per ricordare i nostri angeli.
Un grazie davvero di cuore ad Alessandro Placidi, grazie per aver riportato a nuova vita questa parte di memoria. Per non dimenticarli mai.