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Adam Smith: un problema di interpretazione
di Emanuela Ferrari
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Nel 1776 Adam Smith scrive An Inquiry into the Nature and Causes of the Wealth of Nations, un trattato economico in cui descrive l'interesse personale, come unica motivazione che muove le azioni umane, e l'uomo come "essere economico". Il contenuto dell'opera rivela inoltre che l'autore, essendo principalmente un filosofo morale, è anche un buon conoscitore della scienza economica e sostenitore del liberismo economico creando così un contrasto con quanto esposto nell'opera edita qualche anno prima, nel 1759: Theory of moral sentiments. In tale scritto la simpatia risulta essere il sentimento che rende l'individuo un "essere etico" in quanto riesce a partecipare ai sentimenti altrui. L'empatia quindi non è altro che una caratteristica umana innata. L'antitesi emersa tra i contenuti delle due opere principali ha favorito la nascita dell'Adam Smith problem. Nel Bicentenario della pubblicazione dell'opera economica, nel 1976, vari studiosi hanno sottoposto ad esame esegetico gli scritti smithiani, ponendo l'accento anche su quelli di carattere secondario, per avere una visione più completa. I saggi giovanili, anche se frammentari; Lectures on Rhetoric and Belles Lettres, Essays on Philosophical Subjects e Lectures on Jurisprudence hanno evidenziato le influenze di luoghi e di persone: come l'amico David Hume e il professore di filosofia morale Francis Hutcheson. Alcuni intellettuali hanno sostenuto la tesi della inconciliabilità dei contenuti trattati dal filosofo scozzese. Si ricordano Viner e Knies, i quali attribuiscono all'età matura delle considerazioni distanti dalla prima gioventù. Ci sono poi delle spiegazioni evidenziate da un nutrito gruppo di intellettuali, tra i quali emerge la figura di MacFie, i quali prendono le distanze dall'Adam Smith problem, anzi lo negano in quanto la vita di Smith è sempre stata orientata ad uno studio "a tutto tondo" della natura umana mettendo in risalto tutte le sue possibili sfaccettature. L'individuo è "essere etico" tramite il sentimento simpatetico che lo rende partecipe della fortuna e sfortuna altrui, ma anche quando è "essere economico" diviene comunque etico per opera della "mano invisibile" (invisible hand) che dirige le sue azioni, inizialmente volte all'interesse individuale, per ri-orientarle al benessere diffuso. I due scritti principali necessitano di una lettura congiunta, e non separata, per comprendere il vasto panorama di studio su cui interviene ed "agisce" la figura del filosofo scozzese definito un cultore della libertà in tutte le sue forme e manifestazioni; il liberalismo politico esprime l'apice congiungendosi al liberismo economico. Il filosofo-economista ha cercato di evidenziare questo legame. I recenti dibattiti considerano superate le dispute precedenti e tendono a concentrarsi su dinamiche legate al contesto storico, al territorio in cui visse, al ruolo della Chiesa presbiteriana e all'ambito accademico di cui fu parte integrante quindi si pone l'accento sull'Illuminismo e sul Rinascimento scozzese con riferimento alla Scozia dove la Kirk ha dominato sul territorio, dettandone la "politica" e sulle docenze universitarie quasi fino alla fine del secolo XVIII.
A cura di Emanuela Ferrari
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