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Maurizio Salabelle (1959-2003) La narrativa italiana nel segno del surreale
di Francesco Dell’Olio
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Se voleste fare la conoscenza di un autore contemporaneo italiano davvero valido o regalare un libro spiritoso, profondo e intelligente, vi consiglierei senza indugio di farlo con le opere di Maurizio Salabelle. Nato a Cagliari nel 1959 e trasferitosi in Toscana dall'età di sei anni con la famiglia, Maurizio lascia i suoi cari e i suoi lettori scomparendo prematuramente, il 14 febbraio 2003 a Pisa, e lo fa (magra consolazione) donando ai posteri cinque libri che meriterebbero di campeggiare sugli scaffali delle librerie in luogo dei vari Moccia e Melissa P. (con tutto il rispetto per due autori che hanno venduto migliaia di copie dei propri lavori).
Le vicende che narra Maurizio accadono in luoghi anonimi, i suoi personaggi vivono e lavorano in città che sono quasi delle non-città, caratterizzate da isolati e quartieri indefiniti, riconoscibili con lettere o numeri anziché con nomi; torna spesso la periferia piuttosto che il centro, le strade sono sovente deserte, ventose o sporche e i passanti che si incontrano vanno rassegnati per la propria strada. Leggendo le storie di Salabelle, nella mia mente coloro il tutto di grigio: sì, credo sia questo il colore dominante dei suoi racconti, un grigio che cambia di tonalità a seconda del momento, passando da chiaro a scuro nell'attimo di una pagina. Raramente ho pensato ad altri colori e comunque mai si è trattato di colori vivaci e squillanti. Dicendo questo però non vorrei si pensasse che i libri di Maurizio siano caratterizzati da una vena eccessivamente drammatica o introspettiva: paradossalmente leggendo Salabelle si ride, o meglio si sorride, forse in alcuni casi amaramente, è vero, ma si sorride; le vicende narrate portano nel contempo ad allargare le labbra in una lieve risata e a rimanere agghiacciati. Maurizio Salabelle ha uno stile talmente originale e particolare che è riconoscibile nell'immediatezza: credo si tratti dell'autore più innovativo tra quelli sfornati dalla nuova narrativa italiana negli ultimi vent’anni. Il suo stile, visionario e spartano, ti trascina in un teatro dell'assurdo dove le debolezze dei personaggi sono le nostre, aumentate all'ennesima potenza, dove la rassegnazione spadroneggia e i progetti portati avanti sono talmente strampalati e irreali da apparire - una volta persi nelle storie - quasi credibili: in 'Un assistente inaffidabile' per esempio - esordio narrativo di Salabelle, vincitore del premio Giuseppe Berto 1992 - il giovane protagonista aiuta uno zio in un negozio di vendita di cappelli, cambia svariati e improbabili lavori (scrittore su ordinazione, collaudatore di materassi per un negozio dell'estrema periferia e collaudatore di poltrone per autobus), si nutre unicamente di cracker e patatine (perchè questi sono i pranzi preparati da una zia assente) e trascina la propria esistenza fino agli spiazzanti eventi finali, senza essersi dato un obiettivo vero né avere sostegno alcuno (leggi guida) da parte dei parenti; in 'Lo strano caso del contabile' invece, uno dei miei preferiti, ci si immerge in un microcosmo di personaggi assurdi e pieni di tic; è difficile in questo libro trovare il vero protagonista: fa da sfondo alle vicende l’inverosimile ristorante «Alle Uova», dove si cucinano unicamente uova ma in tutte le maniere possibili; tale locale è gestito da un uomo che si ubriaca in modo devastante (per sé e per la conduzione del ristorante medesimo); qui incontriamo Manlia, una ragazza con una personalità inesistente, figlia di Glauco Camiciattoli, il quale ha l'hobby (che poi è anche un lavoro) di creare enormi e difficoltosi cruciverba; Manlia si innamorerà (ma è un amore chiaramente poco sferzante, quasi subito) del contabile della ditta dove lavora: ovvero Arnoldo Albi, uomo dall'età indefinibile, che beve ripetutamente litri e litri d'acqua al giorno, si porta dietro un passato alquanto misterioso e torbido, non molla mai una strana valigia ed è preso da continui sbalzi d'umore. L'intrico bizzarro, insensato e surreale in cui precipitano questi personaggi (cui si aggiunge il giovane pediatra del quartiere, meticoloso e severo nel compilare le schede dei malati ma alla fine cieco e impreparato di fronte alle più clamorose evidenze) ci conduce in un caleidoscopio di stralunate situazioni che, a guardare bene e a leggere tra le righe, non sono poi così diverse da quelle che ci capitano nella vita di tutti i giorni. Ne 'L'altro inquilino' la vena surreale di Salabelle esplode in tutta la sua potenza: il signor Bombesi gestisce assieme all'aiutante Strisci una insolita sartoria dove strambi personaggi fanno le più incredibili richieste: un cappotto che emani odore di tabacco o un vestito talmente orribile da tenere a distanza chiunque... La vera storia del romanzo viene però costruita attorno alla figura del vicino di casa di Bombesi, un losco soggetto che il protagonista può spiare grazie a un soffitto trasparente, e che arriverà a pedinare per le vie e i quartieri malfamati di una non meglio definita metropoli, fino a discariche di rifiuti tossici e cimiteri di automobili ai margini della città. Come si può ben vedere tutte situazioni paradossali, al limite dell'assurdo. Come capita anche ne 'Il mio unico amico', dove il protagonista è affetto da una stupefacente malattia: alcolizzato da vocabolario (non riesce a non consultare di continuo un vecchio volume dalla copertina sporca di macchie), vive perennemente in disgrazia non riuscendo a trovare un lavoro stabile, litigando con gli amici, finendo per essere arrestato dalla polizia. La famiglia di questo personaggio che non riesce a trovare un suo ruolo nella vita, abita nella solita metropoli (che più volte ritorna nei lavori di Salabelle) e più precisamente nella solita amorfa periferia. La voce narrante è quella di un bambino di dieci anni, il figlio, che passa un'estate eccessivamente calda assieme a un amico silenzioso distribuendo in giro i biglietti di una improbabile lotteria domestica. Questo 'Il mio unico amico' è un romanzo insieme umoristico e drammatico, così come 'Il maestro Atomi', considerato dalla critica il capolavoro di Salabelle, dove una girandola di accadimenti e avventure sono raccontati con scrittura secca e decisa, e i cui protagonisti sono gli alunni di una inconsueta scuola elementare. Qui il maestro Gennaro Atomi e il suo supplente porteranno i bambini a scontrarsi con un'esistenza di stampo kafkiano: tra gare di contabilità, assurde circolari ministeriali, una pentola piena d'acqua in cui immergere i più svariati oggetti, un compito "fuori classe" durante il quale bisogna guadagnare più soldi possibile, una breve gita in Giappone dove non si vede nemmeno un giapponese, il lettore macina le pagine senza nemmeno accorgersene.
Il mondo creato da Salabelle è un mondo onirico ma reale, assurdo ma vero, lontano ma più vicino di quanto si pensi. Peccato che Maurizio non abbia potuto continuare a regalarci attimi di intelligente evasione con nuove storie. E peccato (o meglio, imperdonabile) che i suoi libri si fatichino a trovare nelle librerie, che preferiscono esporre, come al solito, polpettoni best seller sovente privi di qualità. Per di più, 'Il mio unico amico' e 'Un assistente inaffidabile' sono tuttora fuori catalogo e, se il secondo è ancora acquistabile direttamente tramite il sito della casa editrice Bollati e Boringhieri, il primo risulta assolutamente introvabile. Che dire, un'altra occasione persa per la narrativa italiana.
A cura di Francesco Dell’Olio
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