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In questo articolo formuleremo alcuni riflessioni sul Barocco letterario. Dobbiamo dire che negli scrittori di questa epoca storica è sempre avvertibile il segno della loro appartenenza all’età della Controriforma. Pertanto nessuno di essi nemmeno Galilei potrebbe essere immaginato operante 50 anni prima nel clima psicologico morale culturale e stilistico del Rinascimento. La paura di incorrere nelle condanne dell’Inquisizione con una poesia impegnata, l’elaborazione conseguente della tesi secondo cui la poesia non avrebbe altro fine che il diletto condizionarono molto gli autori del Barocco letterario. Inoltre la tendenza propria di quell’età a forme nuove di pensiero e di scrittura allontanarono sempre più gli autori dalla poetica classicheggiante del primo Cinquecento. Nel Barocco si giunse a una poetica fondata sulla “meraviglia” secondo la quale come scrisse Giambattista Marino “è del poeta il fin la meraviglia”. Tale poetica fu svolta in modo organico e coerente nel senso che i suoi trattatisti studiarono con minuzia puntigliosa tutti i modi per mezzo dei quali lo scrittore doveva suscitare la meraviglia nel lettore, meraviglia che pareva fonte di diletto e unico fine dell’arte. Furono studiati dai trattatisti tuti gli artifici tecnici ai quali lo scrittore doveva attenersi per raggiungere tale scopo. Si costruì così una vera e propria retorica dotata di una terminologia nuova allo scopo di indicare suppergiù le operazioni con le quali l’artista evitava una riproduzione meccanica o diretta della “natura” considerata dai trattatisti dell’epoca la maggior nemica della “arte”. Scopo principale degli autori del Barocco letterario era abbellire arricchire completare la natura per mezzo di un intelletto educato ad ottenere da un fatto o da un’immagine le complicazioni più ardue e sottili. Di conseguenza si venne a costruire in questo periodo storico una poetica tutta intellettualistica che aveva come scopo non effondere impressioni e sentimenti immediati ma elaborare impressione e sentimenti nei modi più complessi possibili fino ad arrivare ad un’oscurità intenzionale. Strumento essenziale di questa elaborazione poetica fu la “metafora” una metafora di tipo descrittivo ed esornativo. Emanuele Tesauro il maggior trattista di poetica del tempo cercò di dimostrare come le acutezze si trovavano già in natura e poi in tutte le arti comprese quelle figurative. Tesauro espresse le sue idee sulla poetica nel “cannocchiale aristotelico”. Dobbiamo dire che una poetica di questo tipo poteva cadere facilmente in un gioco tutto intellettualistico e in una serie di metafore strane bizzarre nonché di cattivo gusto. A dire il vero già gli stessi scrittori del Seicento segnalarono spesso i pericoli di una poetica di questo genere condannandone alcune espressioni. Per dirla in atro modo questa poetica del concettismo e della meraviglia poteva condurre facilmente a ciò che oggi noi definiamo formalismo vuoto vale a dire a esercitazioni stilistiche nelle quali l’attenzione dello scrittore era tutta rivolta a inventare quelle trovate che dovevano procurare la meraviglia del lettore indipendentemente dalla carica morale e sentimentale presenti nei versi. Ma quando ciò accadeva (e accadeva assai spesso) la colpa non veniva attribuita a quella poetica ma agli scrittori e alla società nella quale essi vivevano. Dobbiamo dire che il Barocco poteva anche essere espressione di seri e importanti mondi interiori come fu in molti architetti scultori pittori e musicisti. Infatti non caddero in esagerazioni e nel cattivo gusto quegli artisti che avevano dentro di sé un ricco mondo interiore di affetti e di pensieri. Molti invece o la maggior parte degli scrittori secentisti svelarono facilmente la loro scarsa ricchezza interiore la loro inclinazione solo alle trovate o alle combinazioni stilistiche nonché lo svuotamento delle tematiche che trattavano nelle loro opere. Tali tematiche diventarono in tali scrittori soltanto lo spunto per un gioco letterario del tutto esteriore. Dobbiamo mettere in evidenza che tale evenienza si verifica sempre nell’età di decadenza quando si rompe il contatto tra lo scrittore e un pubblico vasto e vario cosicché lo scrittore scrive solamente per un’élite di potenti o di letterati. Tuttavia è vero che il Barocco pur entro questi limiti (povertà interiore svuotamento dei temi seri facili eccessi intellettualismo arido) fu la poetica che espresse meglio l’età della controriforma cosicché al Barocco occorre rifarsi per comprendere quell’età. Può essere anche indicativo di ciò il fatto che durante l’età del Barocco vi furono numerosi avversari del concettismo. Tuttavia tali avversari si mossero sempre nell’ambito di un’accettazione dei principi di fondo di quel gusto di cui combatterono alcuni aspetti o alcuni rappresentanti senza tuttavia mai contrapporre a quelle modalità artistiche altre modalità veramente alternative. Ad onore del vero dobbiamo dire che il Barocco non fu solo un fenomeno italiano ma europeo tanto che al di fuori dell’Italia espresse poeti altissimi quali ad esempio Shakespeare e Gòngora. Si aggiunga che il Barocco ebbe una sua congruenza organica cosicché tutti i suoi aspetti furono coerenti tra loro rispondendo alle stesse esigenze. Questo vale dai titoli delle opere anch’essi “arguti” alle immagini preferite tutte incentrate sul denominatore comune del lusso e della ostentazione. Inoltre il Barocco si estese non solo alla letteratura ma a tutte le arti tra le quali vi fu in quel secolo uno scambio assai più frequente del solito. L’architettura e la scultura con il loro gioco raffinato di luce e di ombre intendevano produrre effetti cromatici. Le arti figurative si ispiravano spesso a passi di opere poetiche mentre la poesia voleva gareggiare con la pittura e con la musica. Anche la lingua della letteratura barocca rispecchiava nella sua ricchezza fastosa quella fiducia in sé e nella propria supremazia sugli antichi che furono dei motivi essenziali di quel periodo storico. In definitiva possiamo dire che il Barocco appare legato strettamente alla civiltà del Seicento una società letteraria lacerata dalle contraddizioni isolata dalle grandi masse cerebralmente intellettualistica nonché compiaciuta della propria estrema bravura.
L’aspetto più caratteristico della letteratura del Barocco è che è difficile fare nomi di scrittori. Infatti ve ne furono in numero enorme ma si confondono tutti o quasi tutti in una sorta di anonimato artigiani intenti a rifare i temi della scuola nei modi della scuola senza che sia possibile al critico o allo storico delinearne ritratti individuati. Il solo scrittore che nell’ambito del Barocco italiano ebbe una sua personalità rilevata e che appunto per questo si impose come caposcuola e maestro fu Giambattista Marino (Napoli, 14 ottobre 1569 – Napoli, 25 o 26 marzo 1625) da cui un’ala del movimento letterario prese il nome di “marinismo”. La produzione letteraria del Marino fu assai copiosa ma l’opera più importante è senza dubbio l’Adone. L’Adone è un poema in 20 lunghissimi canti nei quali Marino stemperò attraverso numerosissime digressioni la tenue storia degli amori di Venere e Adone ucciso da un cinghiale lanciatogli contro dalla gelosia di Marte. Dobbiamo dire che la fama di Marino fu a suo tempo enorme. I critici pensano che Marino meritò tale fama perché per l’intensità e la congenialità con cui egli rivisse la poetica del Barocco Marino cadde difficilmente negli eccessi ridicoli di certi suoi contemporanei. Dobbiamo dire che una concettosità e arguta e dietro tutto ciò che egli scrive sebbene anche tale autore svuotò spesso i suoi temi riducendoli a sfoggio di acutezze o a soggetti da cui ottenere una trovata arguta. Anche Marino come tutti gli altri autori di quel periodo storico giocò con le parole e con le metafore ed inoltre gustò e assaporò i vocaboli. In sintesi possiamo dire che Giambattista Marino come del resto tutti gli scrittori in verso del Seicento innovò largamente per quel che riguarda la tradizione metrica. Infatti egli se utilizzò assiduamente il sonetto predilesse pure certe forme aperte che si erano già affermate nella seconda metà del Cinquecento. Marino utilizzo anche il madrigale che accoppiava la brevità epigrammatica con la grazia cerimoniosa e con la scioltezza musicale. Furono utilizzati anche da Marino le libere alternanze di endecasillabi e di settenari nonché le stanze di canzone sciolte dalla rigida struttura petrarchesca. In questo modo dal Tasso al Marino e agli altri lirici del Seicento si venne costituendo una nuova tradizione di metrica e di linguaggio poetico che prolungandosi per il Settecento giunse alle soglie del Romanticismo.
Concludiamo tale articolo evidenziando che concettismo e marinismo non esauriscono la lirica del Seicento che conobbe anche altre poetiche e altri modi di costruire lirica. Essi se in apparenza sono sostanzialmente diversi dalla poetica della “meraviglia” e dell’acutezza” sono poi legati ad essa da un atteggiamento comune dal momento che si basano tutti su un uguale ricerca del nuovo e su un uguale ripudio del tradizionale e del vecchio. Faremo un rapidissimo accenno a tale riguardo a Gabriello Chiabrera (Savona, 18 giugno 1552 – Savona, 14 ottobre 1638) il quale cercò il suo nuovo mondo poetico sia nell’imitazione di un grande lirico greco ovvero Pindaro componendo sul modello di lui liriche di tono alto celebrative sia nell’imitazione del greco Anacreonte. Per imitare tale lirico greco che Chiabrera compose delle “canzonette “di metri brevi e complessi secondo il modello costituito oltre che da Anacreonte dalle cosiddette “anacrontee” ovvero liriche greche antiche attribuite ad Anacreonte.
A cura di Giovanni Pellegrino
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