Note
bio/bibliografiche:
Sono nato il 16 gennaio 1947 a Valva (Sa), un piccolo paese della valle del Sele, dove ho vissuto i primi anni dell'infanzia. Da molti anni vivo a ........ in terra di Bari.La mia famiglia di origine, per diverse ragioni, si trasferisce nel 1953 a Napoli. Sono anni difficili, si vive alla giornata. Mia madre per qualche anno va a servizio come domestica. Si ingigantisce la mancanza del suo affetto a causa del distacco e più tardi soffro per il suo quotidiano e duro lavoro. I primi anni vissuti tra i vicoli mi fanno toccare da vicino la miseria e l'abbrutimento, mi arricchisco di umanità e scopro la tristezza. Per aiutare la famiglia vado garzone in diverse botteghe, faccio quello che posso: barista, cameriere, facchino, imbianchino, contabile, precettore. Iniziano le mie ribellioni, germogliano i primi semi della pianta del "dolor di vivere".Assediato da rimuginare di pensieri cupi, incontro solitudine e malinconie, assaporo la prima volta l'amore; Condotti a termine gli studi secondari mi iscrivo alla facoltà di Economia e commercio. Il teatro e lo scenario sono cambiati, ma lo sfondo è sempre uguale. Attraverso la lettura dei grandi della letteratura (Hugo, Balzac, Leopardi, Tolstoj, Dostoevskij, per dirne alcuni) riclassifico e capitalizzo le mie esperienze, prepotente diventa il desiderio di libertà dal bisogno. L'amore adulto, ideale, esigente, romantico scalpita. Pavese, Montale, Neruda, Leopardi, sono i poeti della mia giovinezza, i sacerdoti delle mie malinconie. Abbandono gli studi quasi alla fine stanco e incapace di accettare una vita precaria, sempre costretta nei suoi bisogni naturali; sono pronto a prestare il servizio di leva per il quale ho ottenuto il rinvio. Al ritorno darò una svolta alla mia vita, magari espatriando. Ma inaspettatamente vinco un concorso e vengo assunto dal Banco di Napoli. Abbandono la città adottiva per dimenticare un amore deluso e miserie frustranti. La precarietà è sconfitta. Stordito da una vita quasi agiata, il filo dell'avvenire si dipana secondo i canoni fissi del copione borghese: mi sposo, ho dei figli, l'automobile, la casa. Indosso altri abiti ma resto me stesso. Gli anni passano ma nel fondo del cuore, addormentato, vive il mio passato, a poco a poco si riaffaccia e in un sodalizio si somma alla delusione di una vita sempre uguale che nulla capitalizza.Uno scoramento si perpetua condito da scialbi giorni. Sono costretto ad essere quello che lontanamente è la mia natura senza essere stoico! Ma bisogna pure andare avanti, aggrapparsi ad un'illusione, denudarsi e mostrare cosa siamo, cosa vorremmo, le paure,le speranze......restiamo nella caverna confusi da ombre e il loro inganno a nulla ci conduce..presagiamo così l'eterno vuoto-oscuro che già si appresta a spalancare le sue porte per dirci: 'benvenuto!' |