Se vi trovaste a Londra, negli anni trenta del secolo scorso, e nell’assoluta necessità di sapere tutto, ma proprio tutto sui vampiri, cosa potreste fare? A parte organizzare un avventuroso viaggio nei Carpazi, naturalmente, la cosa migliore sarebbe appostarsi nei pressi della sala di lettura del British Museum ed attendere l’arrivo del reverendo Alphonsus Joseph-Mary Augustus Montague Summers, più semplicemente noto, negli ambienti letterari, come Montague Summers.
Riconoscerlo non dovrebbe essere difficile, si tratterebbe solo di identificare un distinto signore sulla cinquantina, un po’ in carne, dal viso tondo e con i capelli curiosamente acconciati secondo un taglio di sua invenzione che dava a molti l’impressione che stesse indossando una parrucca. Se questo non fosse sufficiente, potremmo aggiungere che aveva l’abitudine di vestirsi come un chierico del XVIII secolo, sottana, mantello e scarpe Louis Quatorze inclusi, e che portava sempre con sé un bastone da passeggio con un’impugnatura d’argento raffigurante il rapimento di Leda da parte di Zeus. Approcciarlo non dovrebbe essere difficile, ha fama di uomo gentile ed affabile, spiritoso, anche se dotato di un suo peculiare humor macabro, a volte difficile da interpretare, che contrasta singolarmente con la voce acuta ed apparentemente frivola.
Né dovrebbe essere difficile attirare la sua attenzione, con le giuste domande, dopotutto, dopo la pubblicazione, nel 1928, della prima traduzione in inglese del Malleus Maleficarum, è universalmente riconosciuto come la massima autorità del paese nel campo dell’occulto, del soprannaturale e del mistero. Chiunque si interessi, a qualsiasi titolo – letterario, antropologico o per pura curiosità - di vampiri, streghe o demoni, finirà prima o poi con l’incontrare un suo scritto, un suo libro o una sua citazione. L’unico problema, se così vogliamo definirlo, è che Montague, oltre ad essere un uomo coltissimo e dotato di una conoscenza sterminata sul mondo del folklore e della stregoneria, crede fermamente, sinceramente e incrollabilmente in ogni parola che ha scritto nei suoi libri sull’argomento…
Ma, facciamo un passo indietro, chi è Montague Summers? Settimo ed ultimo figlio di Augustus William Summers, ricco banchiere e giudice di pace di Clifton, Bristol, Montague nacque nel 1880 e studiò prima a Bristol per poi iscriversi alla facoltà di teologia del Trinity College di Oxford, con l’intenzione di entrare a far parte della Chiesa Anglicana. Ordinato diacono nel 1908, fu subito inviato presso la diocesi di Bitton, vicino a Bristol. Sfortunatamente, coinvolto in un oscuro scandalo mai del tutto chiarito, venne ben presto processato dalle autorità ecclesiastiche. Benché pienamente assolto, l’evento (si parlò di messe nere, omosessualità o entrambe le cose) mise fine a ogni possibilità di carriera all’interno della gerarchia Anglicana.
Forse per questo, l’anno successivo, si convertì al cattolicesimo. Da quel momento iniziò a presentarsi come prete cattolico, adottando il titolo di reverendo. Senza, peraltro, essersi mai registrato presso alcuna diocesi o ordine. Almeno in Inghilterra, paese dove si astenne sempre dal celebrare la messa – cosa che, invece, faceva regolarmente quando si trovava all’estero.
Appassionato di letteratura, lettore insaziabile e dotato di una memoria prodigiosa, si trovò ben presto nella necessità di combinare questa passione con le limitate risorse finanziare di cui disponeva. Il padre, infatti, nonostante la famiglia fosse piuttosto ricca, gli aveva lasciato solo una modesta rendita. L’insegnamento fu una scelta quasi obbligata, cui adempì con disciplina e buoni risultati se è vero che, ovunque ebbe occasione di lavorare, fu apprezzato tanto dagli alunni (a parte qualche difficoltà a mantenere la disciplina) quanto dai colleghi che restavano, regolarmente, impressionati dalle sue qualità intellettuali e dalla vastità delle sue competenze, al punto che molti di loro lo ricordarono poi come “uno degli uomini più straordinari che avessero mai incontrato”, per quanto leggermente inquietante.
Eppure, in merito sua attività come insegnante, lui stesso ebbe a scrivere: “One of the most difficul and depressing of trades, and so in some measure it must have been even well-night three hundreds years ago when boys were not nearly so stupid as they are today (1)”.
Parallelamente all’insegnamento, Montague, si dedicò con grande fervore all’attività letteraria. A partire dal 1914, lavorando per la Shakespeare Head Press, editò un gran numero di testi teatrali dell’epoca della Restaurazione (1660-1688), alcuni dei quali praticamente dimenticati, accompagnandoli con introduzioni critiche ed annotazioni precise e puntigliose. Il suo lavoro fu altamente apprezzato e contribuì a recuperare dall’oblio quel periodo della letteratura inglese. Membro della Royal Society of Literature dal 1916, nel 1919 fu tra i fondatori della Phoenix Society, il cui scopo era quello di riproporre il teatro della Restaurazione sui palcoscenici londinesi. Alla fine degli anni ‘20 era ormai riconosciuto come la massima autorità vivente sull’argomento ed era regolarmente invitato nei salotti letterari, dove stupiva tutti i presenti col suo spirito e la sua erudizione.
La sua attività in campo teatrale gli permise, a partire dal 1926, di lasciare definitivamente l’insegnamento e di dedicarsi alla letteratura a tempo pieno, dandogli anche la possibilità di viaggiare – cosa che amava moltissimo – specialmente in Italia.
La sua passione per il teatro (e per i vampiri, come vedremo), costituisce un curioso parallelismo con Bram Stoker (la cui attività principale era appunto quella di segretario ed agente del noto attore Sir Henry Irving e, in seguito, di direttore del Lyceum Theatre di Londra). Certamente, Montague aveva letto Dracula, viene anche il sospetto che fosse un po’ geloso del successo avuto dal romanzo, se è vero che ebbe a dichiarare che “tale successo era probabilmente dovuto più al tema scelto che alla qualità letteraria dello scritto”. Si potrebbe perfino pensare che Summers ritenesse che, quel romanzo, avrebbe potuto tranquillamente scriverlo lui, soltanto… molto meglio.
E, in effetti, la letteratura gotica era un altro dei suoi grandi interessi: editò due collezioni di racconti gotici e tre di racconti fantastici (The supernatural omnibus, The Grimoire and other Supernatural Stories, Victorian Ghost Stories) e si dedicò a rintracciare e ricostruire il testo delle sette oscure novelle gotiche, note come Northanger Horrid Novels, menzionate da Jane Austen nella sua parodia del genere: Northanger Abbey (1818). Novelle che molti critici, all’epoca, ritenevano essere solo un’invenzione letteraria della Austen.
Più complesso è il rapporto col soprannaturale. E’ evidente come Summers ritenesse lo studio dell’occulto come parte integrante del suo ruolo di sacerdote Cattolico. Mentre il suo contemporaneo Aleister Crowley (1875-1947), che – a quanto pare - aveva incontrato varie volte, si era scelto il ruolo di moderno stregone, Montague aveva adottato per sé la parte dell’erudito cacciatore di streghe medievale. Streghe nella cui esistenza e nei cui poteri credeva (o si sforzava di credere?) oltre ogni ragionevole dubbio.
Nell’introduzione del suo primo lavoro sull’argomento, The History of Witchcraf and Demonolgy (1926), scrive: [Nelle pagine che seguono, ho tentato di mostrare la strega per ciò che realmente era – un parassita sociale, una malattia. Adoratrice di un credo osceno, membro di una potente organizzazione segreta nemica dello Stato e della Chiesa, blasfema nel credo e negli atti che spargeva terrore e superstizione nei villaggi e nelle campagne. A volte una ciarlatana, una truffatrice (…) consigliera di prostitute ed adulteri, sacerdotessa del vizio e di inimmaginabili deviazioni, promotrice di ogni sudiciume e delle più disgustose passioni della sua epoca.]
Per quanto affascinato da streghe e demoni, l’autore ne resta evidentemente, un fiero e indefesso oppositore!
Lo studio ebbe, comunque, un’ampia eco, sia per la mole dell’opera che per l’ovvia erudizione che la pervade.
E’ però curioso come lo stile di Montague, altrove così lucido, lineare e razionale, su questi temi si trasformi. La necessità di accumulare esempi a sostegno di ogni punto esposto, finisce con l’oscurarne la logica e far perdere ai lettori il filo del discorso. Per quanto gli aneddoti in sè stessi siano sempre affascinanti e sorprendenti. Inoltre, per leggere i suoi libri, è necessario essere seriamente poliglotti visto che, per interi paragrafi, può capitare di dover ricorrere ad una conoscenza non esattamente di base di francese, latino o tedesco… Ogni idea è lastricata di digressioni, note a margine, esempi, aneddoti e… virgole. Che, spesso, danno l’impressione di essere state distribuite casualmente, come sale, all’interno della frase.
Nonostante questo, la fama di Montague Summers nel campo dell’occulto si sparge per tutta l’Inghilterra e raggiunge il suo culmine nel 1928, con la prima pubblicazione dal latino, da lui annotata e curata, del Malleus Maleficarum, scritto nel 1487 dal frate domenicano (e inquisitore) Heinrich Kramer e tristemente noto per essere il più consultato manuale sulla caccia alle streghe, sia da parte degli inquisitori cattolici, sia dei giudici protestanti. Nell’introduzione, Summers insiste ancora una volta sulla realtà dell’esistenza delle streghe e sulla sostanziale correttezza dei metodi utilizzati per combatterle.
Il mondo cattolico fu scosso dalla pubblicazione di un testo che avrebbe preferito dimenticare e che la stessa Enciclopedia Cattolica aveva definito, nel 1912, sotto la voce “Stregoneria” come un disastroso episodio.
Dopo le streghe, Summers si dedica ai vampiri, cui dedica due densissimi volumi: The Vampire, His Kith and Kin (1928) e The Vampire in Europe (1929), nei quali investiga sul soggetto in tutte le sue ramificazioni scendendo fino al più minuzioso dettaglio e presentando una quantità di aneddoti, esempi e testimonianze che non ha né precedenti né rivali; ed infine ai licantropi con The Werewolf (1930).
Sebbene stia scrivendo nel XX secolo, il punto di vista di Summers sembra appartenere ad un’epoca molto precedente. Come un vero erudito medievale, l’autore è convinto che quanto sta raccontando sia una concreta, terrificante realtà, non il floklore di un’epoca lontana, e presenta immancabilmente le sue fonti (specialmente quelle ecclesiastiche) come razionali ed indubitabili relazioni di eventi realmente accaduti.
E forse proprio questo che conferisce al suo lavoro il fascino intramontabile del capolavoro. Facendone una pietra miliare, se non altro per tutti gli scrittori che vogliono affrontare il genere fantastico risalendo alle fonti ed evitando le contaminazioni più recenti, letterarie, cinematografiche o fumettistiche che siano.
Se volete saperne di più, alla sua morte, nel 1948, Montague Summers lasciò una autobiografia che fu pubblicata (assecondando le sue ultime volontà) solo nel 1980: The Galanty Show. Ma è come il suo autore, reticente, ammiccante e insinua più di quanto, alla fine, non sveli.
[In tutto il vasto, nebbioso mondo di fantasmi e demoni, non esiste una figura così terribile, così temuta e aborrita, eppure dotata di un fascino altrettanto spaventoso come il vampiro; che non è di per sé né un fantasma né un demone ma partecipa alla natura oscura di entrambi e di entrambi possiede le terribili capacità. Attorno al vampiro si sono sviluppate le più cupe superstizioni, perché è un qualcosa che non appartiene del tutto a nessun mondo. Un paria anche fra i demoni, ripugnanti sono le sue devastazioni; raccapriccianti e apparentemente barbarici sono i metodi con cui la gente è costretta a liberarsi da questo orribile parassita. Persino in questo nostro ventesimo secolo in certe zone del mondo, nei più remoti angoli dell’Europa stessa, in Transilvania, in Slavonia, tra le isole e le montagne della Grecia, i contadini prendono la legge nelle loro mani per distruggere i cadaveri che – come ancora credono fermamente – escono nella notte dalle loro tombe sconsacrate per spargere l’infezione del vampirismo nelle campagne circostanti. (…) ]
(Capitolo primo, l’origine del vampiro. The Vampire: his kith and kin (1928) Montague Summers)
Note:
1 - Uno dei mestieri più difficili e deprimenti, e così doveva essere, in certa misura, anche trecento anni fa, quando i ragazzi non erano nemmeno lontanamente stupidi come oggi.