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Frankenstein di Fernando Sorrentino
traduzione di Redazione di Inchiostro
Pubblicato su PB20
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È un mio collega. È magro e piccolino e si veste sempre di grigio. Di cognome fa Pellegrini, ma gli piace farsi chiamare Frankenstein. E in effetti molti dei suoi amici lo accontentano. Altri, meno disponibili ad assecondarlo, preferiscono usare Pellegrini.
È un impiegato modello. Ha la scrivania di fronte alla mia e, spesso, lo osservo mentre lavora. È instancabile, è costante, è meticoloso. Tuttavia temo che le sue facoltà mentali siano piuttosto modeste. Altrimenti come si spiega che, quando è costretto a svolgere compiti appena vagamente complessi, il suo volto esprima quella tensione che caratterizza chi deve affrontare ostacoli insuperabili? Quando vedo le mani che gli si contraggono sul vetro del tavolo lasciando un effimero alone di umidità; quando gli vedo piantare i denti nel legno della matita o roteare gli occhi; quando vedo che la fronte gli si imperla di sudore e gli si gonfia la vena del collo; quando vedo, insomma, che Frankenstein manca quasi del tutto di intelligenza, ma, purtroppo per lui, non proprio del tutto, e quindi è consapevole dei propri limiti; quando vedo, in conclusione, tanto tormento, provo pena per lui.
Ma più che altro ho paura. E mi domando: “Quali oscuri risentimenti si agiteranno nel cervello semplice di Frankenstein? Quali vaghi desideri di latente vendetta susciterà in lui un innocente documento di cui gli sfugga la completa comprensione?”.
Qualche giorno fa Frankenstein mi ha sorpreso mentre lo stavo spiando nel suo travaglio. Mi è caduta addosso un´occhiata spenta e pesante. Ma laggiù, in fondo a quello sguardo ottuso, brillava un bagliore rossastro di crudeltà. “Mio Dio”, ho pensato allora, “perché mai lo chiameranno Frankenstein?”.
«Mi dica, Pellegrini: perché la chiamano Frankenstein?».
Frankenstein ha sorriso: «Ragazzate...».
Eppure credo che mi nasconda qualcosa. Un sabato pomeriggio, per caso, l’ho visto: in calle Florida, sotto il sole, camminava in maniera legnosa, senza piegare le ginocchia. Con le braccia tese, in una posa che voleva incutere timore, a cominciare dal viso atteggiato in un´espressione sinistra fino alla punta delle dita, mimava il gesto di strangolare tutti coloro che gli capitavano a tiro. Quelli si scansavano, più sopresi che spaventati, tanto che, una volta passato il presunto pericolo, si voltavano a guardarlo con un sorriso di scherno, visto che, in realtà, il suo aspetto insignificante non potrebbe mai impressionare nessuno.
Ebbene: Frankenstein si renderà conto di quei sorrisi canzonatori, quei sorrisi che negano qualsiasi credibilità al suo fare minaccioso? E, inoltre, le persone che sorridono in quel modo avranno la più pallida idea di quale sia la vera indole di Frankenstein? Sicuramente no: è che non hanno mai visto come soffre di fronte alle difficoltà che gli si presentano in ufficio. Se lo avessero osservato, come ho fatto io tante volte, non si azzarderebbero a deriderlo così.
Come se non bastasse, nemmeno i miei colleghi sembrano aver colto queste sfumature. Sono abituati a prenderlo in giro, a dargli ironiche pacche sulle spalle e a chiamarlo Frankenstein. Lui sorride, sembra apprezzare quel cameratismo, quella confidenza. “È tutto a posto”, mi dico a questo punto.
Ma gli amici di Frankenstein parlano troppo velocemente, in modo criptico e per sottintesi, alludono maliziosamente a fatti noti a tutti, si dilettano con frivoli giochi di parole... Intanto, io, che fingo di essere assorto nelle mie carte, tremo davanti alla sconsiderata temerarietà di quella gente. Vorrei dir loro: “Parlate più lentamente; finitele, le frasi; siate espliciti nei concetti; lasciate perdere le sottigliezze: tanto, Frankenstein non le capisce!”.
So che, se questo suggerimento venisse preso sul serio, si eviterebbe una catastrofe che toccherebbe tutti. Però mi astengo dall´intervenire. Infatti che ne sarebbe di me se Frankenstein sapesse che sono a conoscenza dei suoi spaventosi limiti? “È meglio tacere”, mi convinco allora, “e non attirare solo su di me le sue ire”.
Frankenstein (Traduzione a cura della redazione di Inchiostro, revisione di Renata Lo Iacono) = 1976. “Frankenstein”. El mejor de los mundos posibles, Buenos Aires.
© Fernando Sorrentino
Traduzione a cura di Redazione di Inchiostro
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Per difendersi dagli scorpioni di Fernando Sorrentino
2013 pg. 165 - A5 (13,5X21) BROSSURATO
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Seconda antologia di Fernando sorrentino, secondo appuntamento con il mondo fantastico, ironico, sorprendente ed inconfondibile di un grande scrittore argentino.
Altre informazioni / L'autore
"(...)Non tardai molto a rendermi conto che Boitus era stravagante non solo nell'aspetto, ma pure nelle azioni e nel modo di parlare. Faceva uso d'un esclusivo vocabolario tutto suo: per nominare Juan Pérez, presidente della nazione, faceva riferimento all'amministratore Tizio dei Tali; non camminava per la strada ma per la pubblica via; non viaggiava in autobus, metropolitane o treni, bensì nel sistema di pubblico trasporto dei passeggeri. Non diceva mai: "Non so", sempre: "Ignoro" (...)"
(PROBLEMA RISOLTO, Fernando Sorrentino)
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Per colpa del dottor Moreau ed altri racconti fantastici di Fernando Sorrentino
2006 pg. 100 - A5 (13,5X21) BROSSURATO
Prezzo Amazon 5.72 euro
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Quattordici situazioni apparentemente comuni, che, lentamente, si trasformano mentre i confini tra probabile ed improbabile, possibile ed impossibile si assottigliano fino a confondersi. Quattordici racconti che mescolano realtà e fantasia in modo sottile, quasi impalpabile. Una scrittura accurata, precisa, quasi puntigliosa ma che, magicamente, scorre leggera ed invita il lettore a perdersi in questa zona d’ombra, accompagnato dall’ironia divertita ed un po’ sorniona dell’autore e sullo sfondo di un’Argentina senza tempo dove non possono mancare i riferimenti al genio universale di Borges. (Marco Roberto Capelli)
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Per difendersi dagli scorpioni di Fernando Sorrentino
2013 pg. 165 - A5 (13,5X21) COPRIGIDA
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"(...)Non tardai molto a rendermi conto che Boitus era stravagante non solo nell’aspetto, ma pure nelle azioni e nel modo di parlare. Faceva uso d’un esclusivo vocabolario tutto suo: per nominare Juan Pérez, presidente della nazione, faceva riferimento all’amministratore Tizio dei Tali; non camminava per la strada ma per la pubblica via; non viaggiava in autobus, metropolitane o treni, bensì nel sistema di pubblico trasporto dei passeggeri. Non diceva mai: "Non so", sempre: "Ignoro" (...)"
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Per colpa del dottor Moreau ed altri racconti fantastici di Fernando Sorrentino
2010 pg. 96 - A5 (13,5X21) COPRIGIDA
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Quattordici situazioni apparentemente comuni, che, lentamente, si trasformano mentre i confini tra probabile ed improbabile, possibile ed impossibile si assottigliano fino a confondersi. Quattordici racconti che mescolano realtà e fantasia in modo sottile, quasi impalpabile. Una scrittura accurata, precisa, quasi puntigliosa ma che, magicamente, scorre leggera ed invita il lettore a perdersi in questa zona d’ombra, accompagnato dall’ironia divertita ed un po’ sorniona dell’autore e sullo sfondo di un’Argentina senza tempo dove non possono mancare i riferimenti al genio universale di Borges. (Marco Roberto Capelli)
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